Lettera aperta ai genitori cristiani omofobi
Riflessioni di Olivia Rouseeau pubblicate sul sito Whatsoever” (USA), libera traduzione di Adriano C.
Io non sono vostra figlia o vostro figlio. Ma se siete dei Cristiani con una figlia lesbica o con un figlio gay, e se vi siete permessi di nutrire la tipica, tradizionale, retorica condanna all’omosessualità, posso probabilmente parlare in loro vece.
Lui o lei stanno probabilmente provando lo stesso dolore che è in me.
Ci avete educati a credere che Dio ci ama. Ci avete detto che Gesù è morto per emendare tutti i nostri peccati (credo che sia io che voi intendiamo “peccati” nella stessa maniera). Una delle prime canzoni che ci avete insegnato, nelle scuole domenicali, è stata “Gesù mi ama. La Bibbia dice così”. E ci avete anche detto che il nostro posto in Paradiso è garantito, a patto che avessimo Fede.
Poi, da qualche parte lungo la strada, ci siamo resi conto che eravamo lesbiche o gay. Ad un certo punto abbiamo trovato il coraggio di dirvelo, o avete iniziato a sospettarlo, o comunque lo avete saputo; e a quel punto avete fatto un bel giro di 180 gradi, e ora ci dite che siamo un abominio, e che il posto che ci viene garantito è quello all’Inferno.
Su cosa basate queste dichiarazioni? Forse su sei scritture che citano la tendenza omosessuale in modo negativo, proibendola. Avete mai letto quelle scritture con criticità, nel contesto completo, intendo? Sapevate, per esempio, che uno di questi è parte di un codice di condotta specificatamente indirizzato ai rabbini israeliani di quel tempo? Lo sapevate che c’è tutta una serie di divieti lì, oltre a quella sul sesso gay? Come quello che dice che è proibito indossare un vestito fatto con più di un tipo di tessuto. Quanti di voi, santi e devoti Cristiani, indossano il poliestere in chiesa?
Vi siete mai chiesti il motivo per cui la proibizione di un versetto dovrebbe essere interpretata come un obbligo assoluto, per tutte le genti, di tutte le epoche, mentre, senza alcuno scrupolo di coscienza, voi stessi violate ogni giorno un obbligo riportato immediatamente prima o dopo di quello?
Poi c’è il vostro favorito da sempre: la storia di Sodoma e Gomorra. E’ solo lontanamente possibile pensare, che il grande peccato per cui furono distrutte queste città fosse il completo disprezzo dei loro abitanti nei confronti di Dio e degli esseri umani, come dimostra la loro intenzione a commettere uno stupro? Avete mai aperto un libro che spiegasse la cultura di quell’epoca? Lo sapevate che l’inospitalità era considerata una dei peccati peggiori?
Quindi non è possible che fosse l’orrendo trattamento riservato a stranieri in mezzo a loro, quello che Dio trovò così offensivo, e non l’omosessualità? (Per non parlare del fatto che questi particolari stranieri erano angeli inviati direttamente da Dio).
Il fatto che Lot offrì le proprie figlie vergini alla folla di violentatori, e che viene descritto come una persona giusta, non vi suggerisce che, forse, sarebbe opportuno leggere con una certa consapevolezza il testo e dovrebbe essere visto come appartenente ad un altro tempo ed un altro luogo?
Avete mai letto le scritture che si riferiscono allo stesso soggetto, confrontandole l’una con l’altra per capire meglio il contenuto? Sapevate, per esempio, che in Ezechiele 16, 49 il “peccato di Sodoma” viene identificato come “l’orgoglio, la pigrizia e il troppo cibo, mentre i poveri e i bisognosi stavano soffrendo”? (No, non una parola sull’omosessualità). Lo sapevate che le scritture fanno inoltre riferimento a questi peccati, peccati di mancanza d’amore e di cura degli altri, come “peggiori del peccato di Sodoma”?
I più fondamentalisti tra di voi sono orgogliosi di prendere l’intera Bibbia alla lettera. Quanti di voi sono donne? Quante di voi partecipano ai sevizi ecclesiastici? Quanti di voi sono uomini che frequentano le chiese in cui le donne partecipano attivamente? Dovreste essere a conoscenza, presumo, che Paolo (uno dei vostri preferiti bastona-omosessuali) disse: “Fate in modo che le vostre donne facciano silenzio in chiesa”. Come la mettiamo?
Io la vedo in una sola maniera. Non dovete prenderla in modo letterale. La dovete interpretare nel suo contesto. Dovete essere disposti a guardare chi l’ha scritto, per chi è stato scritto, quando e perché. Apparentemente, questo è l’unico modo di concludere che, sebbene il suo significato sia inequivocabilmente chiaro, tale affermazione non si può realmente applicare a voi, oggi.
E ora, probabilmente mi sono persa un sacco di voi, quindi lasciatemi passare in fretta ad un soggetto che tutti i Cristiani amano: Cristo. Gesù Cristo. Questo è il “C-r-i-s-t-o” a cui si riferiscono i “C-r-i-s-t-iani”, giusto? Ed essere Cristiano significa imitare Gesù, seguire i Suoi insegnamenti ed esempi, giusto? Questo è ciò che rende così tanto ironici i vostri atteggiamenti. Siete talmente presi a leggere in isolamento i vostri sei testi bastona-omosessuali da non poter leggere i Vangeli?
Gesù costantemente allungò la mano alle persone più ingiuriate con cui entrò in contatto. Non vi ricordate? L’esattore delle tasse. La prostituta. La donna al pozzo. Tutti questi ed altri ancora. Tutte quelle persone che erano viste, in quell’epoca, come oggi voi considerate le lesbiche e i gay di oggi (senza dio, abominevoli, indegni). E non ricordate qualcos’altro? Ogni volta che Gesù venne criticato per l’abbraccio con cui avvolgeva queste pesone nel Suo amore, ha sempre rimproverato coloro che lo criticavano come moraliste, ipocritamente auto-virtuose (se non potete dire “Amen,” dite “Accipicchia!”).
Se mi avete seguito fino a questo punto, lasciatemi dire il motivo per il quale vi sto dicendo tutto questo. Sono una lesbica. Ho 44 anni, e ho speso gran parte della mia vita adulta da sola, così, senza un partner, crescendo i miei due figli.
Circa un anno e mezzo fa ho conosciuto la donna che avevo chiesto a Dio di farmi incontrare. (Si, ho pregato che Dio me la facesse incontrare). Sono innamorata. E sono grata a Dio. Lei è proprio quella che avevo chiesto a Dio, una donna Cristiana matura che ha realizzato ciò che la gente come voi trova impossibile da realizzare, ossia il trovare la pace sia con Dio che con il nostro lesbismo.
Siamo giunte al punto dove la nostra sessualità e la nostra spiritualità possono co-esistere pacificamente tra di noi e nelle nostre vite. Tra le tante cose più o meno prezione che condividiamo, condividiamo il nostro amore per Dio. Siamo Cristiane. E siamo compagne per la vita. Se non riuscite a comprendere ciò che intendo dire, pensate ad una moglie e un marito. Noi siamo, una per l’altra, tutto ciò che queste parole rappresentano per voi. (Chiariamoci, credo che il 50% di voi siano sposati).
Lo scorso Natale è stato il primo che abbiamo trascorso insieme. Alla mia compagna non era permesso venire a celebrarlo con mia madre, le mie sorelle, nipoti e pronipoti nella casa della mia infanzia. E sapete una cosa? Mi ha dato fastidio, ma avrei potuto gestirlo, probabilmente senza dover continuamente andare al mio computer per cercare di esorcizzare il dolore.
Avevo pianificato di starmene qui, nella nostra casa, e trascorrerlo con la mia compagna e i nostri figli (le sue due figlie adulte e i miei due figli adolescenti). Ad essere completamente onesta, avrei senz’altro sentito un po’ di tristezza. Lo so perchè l’ho provata il Giorno del Ringraziamento, quando non ho potuto raggiungere i miei familiari perché, anche allora, la mia compagna non sarebbe potuta essere con me. Ma l’ho gestita, e probabilmente succederà ancora.
Poi ho ricevuto una telefonata da mia madre. Voleva che io ed i miei figli andassimo a casa sua per Natale. Tutte le mie sorelle sarebbero state lì. Tutti i loro ragazzi sarebbero stati lì. E semplicemente non sarebbe stato lo stesso senza di me ed i miei figli. Mia mamma ha 76 anni, e nonstante tutto la amo, ha cominciato a coccolarmi e a piangere e mi accusava di aver messo la mia compagna al di sopra di lei e della famiglia, perché mi rifiutavo di stare con loro, senza di lei. Così ho cercato disperatamente di trovare un compromesso.
Mi sono offerta di portare i ragazzi a trovarla la settimana prima di Natale. Ma non andava bene. Le ho chiesto se la mia compagna avesse potuto trascorrere con noi solo il pranzo di Natale, e dormire altrove, mentre io e i miei figli saremmo stati a casa di mia mamma. Mmmh. Questo suonava come un “tacito consenso” al nostro rapporto, e questo non avrebbe potuto farlo, specialmente con i bambini della famiglia in casa.
Lei è genuinmente convinta di dover prendere “una posizione” sulla mia vita e sulla mia relazione, e non potermi permettere sconti soddisfacendo ogni mio capriccio. Dovevo scegliere. E la scelta “sbagliata” le avrebbe spezzato il cuore. E sapete cosa? Se non fosse stato per la mia compagna, credo che in questo momento starebbe raccogliendo i cocci del suo cuore. Perché la mia decisione era ancora quella di non andare da lei.
Ecco quello che mia mamma non comprende: io amo la mia compagna. Vivo con lei. Ci alziamo insieme, facciamo commissioni insieme, acquistiamo generi alimentari e paghiamo insieme le bollette, cuciniamo l’una per l’altra, laviamo i nostri vestiti e quelli degli altri insieme, adoriamo Dio insieme in Chiesa, amiamo i rispettivi figli come se fossero nostri, ci prendiamo cura l’una dell’altra quando una è ammalata, ci stringiamo l’un l’altra quando una di noi piange (e spesso piangiamo insieme), risparmiamo i nostri soldi insieme per assicurarci che ognuno di noi viva meglio e bene, esploriamo e godiamo insieme della gioia trascendente del sesso, ci addormentiamo una nelle braccia dell’altra, e ci svegliamo insieme il giorno successivo.
Vivo con lei, nel vero senso della parola, vivo più pienamente e completamente perché c’è lei. Questa è la mia realtà. Questà è la verità. Così dopo la condivisione, dopo il dare e il ricevere, ed essere tutto ciò che siamo per 364 giorni all’anno, il giorno più significativo dell’anno da trascorrere insieme per molte famiglie Cristiane, mi vieni a chiedere di prendere i miei figli e lasciarla qui a passare il giorno di Natale perché non è ben accetta? Per la prima volta nei miei 44 anni, ho detto a mia mamma: “No.”
Ma ecco l’altra grande ironia di tutto questo: la mia compagna, la stessa persona che mia madre ha rifiutato di ospitare a sedersi e spezzare il pane al suo tavolo il giorno di Natale, ha insistito che andassi a casa di mia madre per Natale. La mia compagna mi ha detto che è la sola ed unica madre che possiedo. Mi ha ricordato che, alla sua età, non si sa mai quale potrebbe essere il suo ultimo Natale (un fatto che entrambe ci siamo rese conto essere valido per tutti noi, ma che è ancor più valido quando si tratta di genitori anziani).
Mi ha consigliato che sarebbe stato meglio andare per questa volta, ed avvisare mia madre che non sarei ritornata per il Natale dell’anno successivo senza la mia compagna, piuttosto che stare lontano e farla stare così male come si sarebbe sentita.
Ha detto che non voleva che mia madre avesse il cuore così pesante il giorno di Natale a causa della mia assenza. E ha sottolineato che dargliela vinta in questo momento sarebbe potuta essere l’occasione buona per (speriamo) ottenere che un altr’anno mia madre possa cambiare opinione prima di Natale. Così la mia compagna ha chiamato sua sorella e si è messa d’accordo per passare il Natale con lei, nella stessa città dove sarei stata io. Ma non nella stessa casa.
Quindi riassumo quello che è successo: alcuni mesi fa, la mia compagna ha speso i suoi soldi per acquistare delle cibarie speciali e si è spezzata la schiena per sistemare la casa ed intrattenere mia madre, come una regina, quando è venuta per il diploma scolastico di mio figlio. Mamma invece non ha permesso alla mia compagna di sedersi alla sua tavola e pranzare insieme nel giorno di Natale, ha voluto solo le sue figlie e i suoi nipoti. Chi è stato più simile a Cristo?
Mamma, la matriarca della mia famiglia d’origine, ritiene la mia compagna indegna di essere abbracciata e di far parte della famiglia a causa della “natura” della nostra relazione; implicitamente, tra l’altro, mi giudica indegna altrettanto, dal momento che ogni fatto sul quale essa basa il suo giudizio è vero anche per me. A quanto pare, è pronta a mettere da parte ogni giudizio verso di me perchè mi è capitato di nascere da lei.
Ma questa dispensa non è a disposizione della mia compagna. Al contrario la mia compagna, pienamente consapevole della posizione di mia madre verso di lei, mi ha convinto ad andare a casa sua per Natale, con i miei figli e senza di lei, così il cuore di mia madre non sarebbe stato rattristato dalla mia assenza. Chi è stato più simile a Cristo?
Anche se presumessimo, solo per un istante, che voi avete ragione e che l’omosessualità è un peccato, per cortesia, datevi una riguardata alle vostre Bibbie e controllate come Gesù ha trattato persino i peggiori “peccatori” che ha incontrato. E ditemi, onestamente, chi era più simile a Cristo?
Continuo a chiedermi: “Se Gesù fosse il capo della nostra famiglia, seduto a capotavola nel giorno di Natale dell’anno scorso, come avrebbe gestito questa faccenda”? Basandomi su tutto quello che ho letto di Lui, su ogni incontro che ha avuto con gli “indesiderabili” della Sua società, su ogni parola che ho letto Egli abbia pronunciato, e su quanto non ha detto-per-niente (non una parola sull’omosessualità), io credo che quando la mia compagna mi ha lasciata coi miei ragazzi davanti al portone di mia madre, Egli avrebbe detto alla mia compagna: “Ehi, entra, mangiamo qualcosa insieme”.
Questo è quello che vorrei che mia madre fosse disposta a fare. Questo è ciò che vostro figlio o vostra figlia vorrebbero faceste. Non c’è niente che dovete comprendere. Non c’è niente che dovete approvare. Non c’è niente che dovete “acconsentire”. Basta amare il proprio figlio, ed essere aperti alla possibilità di crescere e di amare qualcun altro che ama il vostro bambino. E, il prossimo Natale, date a vostro figlio o figlia ciò che Gesù dona a lui o a lei per Natale (e ogni altro giorno): amore incondizionato.
Basta essere come Gesù. Egli, dopo tutto è l’Unico del quale celebriamo la nascita.
Testo originale: An Open Letter to Homophobic Christian Parents