L’incontro dell’Arcivescovo Nosiglia con i gay credenti. “La Chiesa cambia”
Articolo di Gabriele Guccione pubblicato su La Repubblica – edizione di Torino il 31 gennaio 2017, pag.IV
«Sono venuto qui per sentire la vostra voce e guardarvi negli occhi» esordisce l’arcivescovo Cesare Nosiglia davanti ai venticinque gay credenti riuniti nel convento francescano di Sant’Antonio da Padova. Saluta, stringe la mano a ciascuno, si dimostra interessato alle storie che raccontano. Osa addirittura prefigurare un cambio di passo dalla Chiesa sugli omosessuali. «Ecclesia semper reformanda“, sottolinea prendendo a prestito un motto latino caro ai riformatori protestanti del Cinquecento, ma anche a papa Francesco. Per restare fedele al Vangelo la Chiesa deve sempre riformare le proprie posizioni. Magari nei confronti dell’omosessualità.
Dai resoconti del primo ritiro dedicato ai “cristiani Lgbt“ dalla diocesi di Torino, lo scorso 7 gennaio (2017), emerge un monsignor Nosiglia capace di pronunciare parole di apertura e di dialogo nel solco tracciato da Bergoglio. Diversamente, ieri mattina, davanti ai cronisti che chiedevano un commento sulle affermazioni di don Gian Luca Carrega, lo stesso che ha organizzato il ritiro gay dell’Epifania, l’arcivescovo ha preferito trincerarsi nel silenzio: “Non dico niente“.
Le esternazioni del delegato dell’arcivescovo per la pastorale delle persone omosessuali, che sabato al funerale di Franco Perrello, l’ottantatreenne protagonista della prima unione civile a Torino, ha detto al vedovo Gianni Reinetti che la Chiesa avrebbe dovuto chiedere scusa alle coppie come la loro (“Per la disattenzione, la freddezza e le dimenticanze“), sembrano essere andate di traverso ai vertici della diocesi torinese. L’eco nazionale che le affermazioni di don Carrega hanno avuto, comprese le critiche al Sinodo dei vescovi e alle sue asserzioni sul fatto che da un’unione omosessuale «non possa scaturire nulla di buono», hanno rotto l’abituale prudenza con cui la Chiesa torinese ha cercato di muoversi sul tema, sin dal Pride 2006, non senza aperture al mondo gay e avviando un percorso di riflessione.
Di certo l’arcivescovo non è intenzionato a sottrarsi al confronto. Ma prima di tutto sembra voler rassicurare il proprio gregge e promette che aprirà un dibattito pubblico, ma interno al mondo cattolico, per affrontare le questioni sollevate da don Carrega. «Sul tema – ha detto il numero uno della diocesi – stanno arrivando molte lettere a cui sarà data risposta sul prossimo numero del settimanale La Voce e il Tempo».
Nosiglia dimostra di voler seguire la linea di papa Francesco: «Nella sua esortazione, “Amoris Laetitia” – ha ricordato ieri mattina – il Papa invita la Chiesa ad accogliere le famiglie ». Sottolineando: «Tutte le famiglie». E nell’incontro che ha avuto con il gruppo di gay credenti, sabato 7 gennaio, ha anche sottolineato di voler «ascoltare per capire meglio, sempre di più», tanto da aver affidato a don Carrega l’incarico di accompagnare i gay a nome della diocesi torinese.
«Questo gruppo di credenti omosessuali – si sono sentiti dire da monsignor Nosiglia i partecipanti – non è un gruppo di psicoterapia, o una specie di “alcolisti anonimi”, ma un lievito e una risorsa preziosa per la Chiesa ». Affermazioni che hanno colpito positivamente gli interessati: «Molti di noi – racconta Sergio C., uno dei presenti – sono rimasti piacevolmente stupiti dalle parole dell’arcivescovo ». Arcivescovo che ha concluso l’incontro con un auspicio: «Che il vostro gruppo diventi un ponte tra il mondo omosessuale e la Chiesa». E l’invito: «A non peccare contro la speranza».