L’insegnamento della Chiesa è usato come un’arma con le persone LGBT?
Articolo di Francis DeBernardo pubblicato su Bondings 2.0, blog dell’associazione cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti), il 13 luglio 2016, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Qualche settimana dopo il massacro di Orlando e la richiesta di perdono del Papa alle persone omosessuali sto ancora girando tra gli articoli e i commenti su questi due fatti. Nessuna meraviglia. Anche se per ragioni completamente differenti, entrambi gli eventi hanno toccato corde profonde in molte persone. Dal momento che sto leggendo contemporaneamente sui due fatti, vorrei riportare una piccola stranezza linguistica che ho trovato, sebbene non sia proprio sicuro di cosa significhi.
Il 22 giugno scorso il padre gesuita Russell Pollitt, direttore dell’Istituto Gesuita del Sudafrica, ha riflettuto su Orlando notando come la religione organizzata, e il cattolicesimo in particolare, debba prendersi qualche responsabilità per aver propagato l’odio che causa violenza. Pollitt termina la sua riflessione con quello che considero l’osservazione più franca e potente che abbia mai letto: “La cattiva religione, che include un cattivo linguaggio religioso, è un fucile d’assalto ed è usata spesso. Alcuni pulpiti sono fucili d’assalto. Abbiamo bisogno di una discussione urgente nella nostra Chiesa sul modo di parlare e di trattare le persone omosessuali. Abbiamo bisogno di una conversione della mente, del cuore e del linguaggio”.
Il 26 giugno, proprio qualche giorno dopo, papa Francesco ha pronunciato il suo famoso appello alla Chiesa per chiedere scusa alle persone omosessuali. Sono state riportate, probabilmente nell’interesse della brevità giornalistica, solo le frasi più importanti di quest’intervista: “Penso che la Chiesa debba non solo chiedere perdono al gay offeso, ma deve chiedere scusa anche al povero, alle donne sfruttate e ai bambini usati per il lavoro minorile”. Ma altri resoconti prendono nota della frase che ha seguito immediatamente queste parole: “[La Chiesa] deve chiedere perdono per aver benedetto così tante armi”.
Fucili d’assalto? Molte armi? Coincidenze? Onestamente non ne sono del tutto convinto. Ammetto che la prima volta che ho letto l’intera citazione del Papa prima di leggere l’articolo di Pollitt credevo che Francesco si riferisse al fatto che la Chiesa, storicamente, abbia letteralmente praticato rituali di benedizione per le armi da guerra. Dopo aver letto la riflessione di Pollitt ho iniziato a pensare se ci fosse un modo diverso di interpretare la sottolineatura del Papa; ha detto davvero che alcune affermazioni e alcuni messaggi sui gay, i poveri, le donne e i bambini sfruttati si possono paragonare a delle armi?
Riconosco che posso averlo stiracchiato un po’. Dopo tutto sono stato un sindaco inglese e noi sindaci inglesi siamo conosciuti per trovare significati dove non ve ne sono. Ma papa Francesco è un gesuita. È un po’ troppo stiracchiato pensare che, proprio alcuni giorni prima il suo appello al perdono, abbia letto online la riflessione di Pollitt, anche lui un gesuita, a capo di un’influente istituzione gesuita? Anche se Pollitt non ha nulla a che spartire con il linguaggio del Papa, rimane la domanda se abbia inteso quelle “armi” letteralmente o metaforicamente.
Potrebbe essere impossibile discernere le intenzioni di Francesco a partire dall’evidenza linguistica e non voglio stiracchiare la cosa oltre il limite della credibilità. Quel che so, comunque, è che molte persone LGBT – e donne – hanno fatto esperienza del linguaggio e del messaggio della Chiesa proprio come se fossero delle armi. Per alcuni l’esperienza ha mostrato che quest’arma non è solo una metafora. Pollitt descrive un avvenimento: “Quando stavo lavorando in una comunità parrocchiale ricordo di essere stato chiamato al pronto soccorso una notte. Era stato portato lì un giovane uomo, che si riconosceva a fatica perché era stato picchiato violentemente. Prima, durante la serata, aveva fatto coming out con la sua famiglia. Suo padre, per giustificare il pestaggio, disse che era contro la sua religione avere una “checca” in famiglia, una famiglia che era molto coinvolta con la Chiesa cattolica.
Mentre la religione e il linguaggio religioso non possono essere gli unici fattori scatenanti per questa violenza, mi sembra giusto che i credenti si interroghino sulle parole che usano e sulle posizioni che prendono. Tali parole e tali posizioni contribuiscono ad un cocktail nel quale l’omofobia si incuba e cresce. Il tipo di linguaggio che è usato nei testi ufficiali della Chiesa modella in modo potente le percezioni, le attitudini e le azioni. Dopo tutto, non è quello che l’insegnamento religioso cerca di fare, modellare le percezioni, le attitudini e i comportamenti, si spera per il meglio? Frasi come ‘intrinsecamente disordinati’ non sono d’aiuto”.
Mi piacerebbe pensare che la metafora di Pollitt per il cattivo linguaggio religioso come un fucile d’assalto sia un’esagerazione ma, negli anni, ho sentito troppe storie di violenza fisica, emotiva e spirituale, per convincermi di questa posizione. Ugualmente vorrei pensare che le parole di papa Francesco sulla Chiesa che ha “benedetto troppe armi” indicassero che il Pontefice stesse facendo un’altra dichiarazione forte sulle ferite che la Chiesa ha inferto alle persone, ma non ne sono troppo sicuro.
Comunque, quello di cui posso essere sicuro è che qualunque cosa papa Francesco avesse voluto dire con quelle parole, ha comunque esortato la Chiesa a chiedere perdono e ora i nostri leader hanno l’obbligo di iniziare questo processo prima che altra gente venga ferita senza necessità.
Testo originale: Is Church Teaching a Weapon Used Against LGBT People?