L’omofobia nei gesti quotidiani. Una ricerca cerca di fare chiarezza
Articolo tratto dal quotidiano Il Firenze del 27 Ottobre 2007
Derisi fra i banchi di scuola, non compresi da familiari e amici, mal difesi dall’autorità perchè omosessuali. In cinquemila hanno risposto a un questionario confessando i loro traumi. Si torna a parlare dell’omofobia, questa sì, una «malattia» dura a morire.
Presi in giro o isolati a scuola, nella difficoltà degli insegnanti di intervenire. In molti casi aggrediti verbalmente o fisicamente, senza che all’aggressione sia seguita poi una denuncia, per il timore di dichiarare il proprio orientamento sessuale.
E' un profondo disagio quello che emerge dalla ricerca “Omofobia e servizi pubblici: scuola sanità sicurezza”, realizzata dalla Regione Toscana, con il patrocinio del ministro per i diritti e le pari opportunità Barbara Pollastrini, assieme alla testata giornalistica Gaynet e a ricercatrici dell’Università del Piemonte Orientale, e presentata ieri (ndr. 26 ottobre 2007) al meeting di Ready (la rete degli enti locali contro le discriminazioni sessuali), nell’ambito del Festival della Creatività (Ndr. Firenze, 25-28 ottobre 2007).
Secondo i dati quattro omosessuali su dieci sono stati oggetto di scherno o isolati a scuola, nella quasi totalità dei casi, l’insegnante che ha assistito è stato indifferente o ha fatto finta di niente e quasi l’80 per cento delle vittime di episodi di scherno non ne ha parlato con nessuno, il 60 neppure con i genitori.
La ricerca è stata condotta su un campione di circa 5.000 persone, in prevalenza di sesso maschile, attraverso questionari somministrati sui principali siti internet gay italiani. Quattro i gruppi di età considerati: fino a 25 anni; da 26 a 30; da 31 a 40; più di 41 anni.
Il 27 per cento del campione è stato oggetti di aggressioni fisiche o verbali perché omosessuale, ma nella quasi totalità di questi casi, la vittima non ha fatto denuncia a polizia o carabinieri, principalmente perché ha avuto paura di dichiarare il suo orientamento sessuale. Quando questo è accaduto, secondo lo studio, non sono mancate reazioni ostili.
Il 48 per cento del campione si sente meno sicuro delle altre persone, a causa del suo orientamento sessuale.
Difficoltà vengono incontrate anche nella relazione con il sistema sanitario: l’80 per cento non dice al proprio medico di essere gay, che così ignora un aspetto non secondario del suo paziente, il 7 per cento di coloro che hanno dichiarato in ospedale il proprio orientamento sessuale ha avuto reazioni non positive, ritenendo di aver subito in alcuni casi un trattamento peggiore e il 90 per cento non ha mai percepito come “gay friendly” (amici dei gay) i servizi sanitari cui doveva accedere.