L’omofobia nello sport. Una discriminazione ordinaria
Articolo di Pedro Picn tratto da www.cafebabel.com del 7 agosto 2008, tradotto da Domenico Afiero
A Pechino i Giochi Olimpici 2008 stanno per terminare dopo il solito strascico di polemiche varie. Al di là di tutto le olimpiadi sono servite alla comunità gay cinese e europea per stringere dei rapporti di conoscenza e collaborazione.
Così è emerso che ovunque si viva, in Cina o in Europa, nel mondo dello sport l’omofobia regna sovrana perciò le difficoltà non mancano per quei rari atleti che dichiarano pubblicamente di essere gay e lesbiche. Ascoltiamo cosa hanno da dire in proposito due attivisti gay di Barcellona e di Hong Kong.
Una competizione sportiva europea e gay ha avuto luogo in Europa. Questa competizione si chiama Eurogames: 5300 sportivi delle comunità gay, lesbica, bisessuale e transessuale si sono incontrati a Barcellona, dal 24 al 27 luglio 2008 , per la 12 edizione. Si è trattato di una competizione in cui gli atleti si sono affrontati in 28 discipline diverse.
Ma mentre lo sport domina sulla scena grazie ai Giochi Olimpici di Pechino, gli organizzatori hanno auspicato di porre l’accento sui diritti omosessuali, poco rispettati nel Paese accogliente, cioè la Cina.
Pepe García Vázquez, co-presidente della federazione sportiva gay e lesbica, sostiene: «Gli Eurogames sono una sorta di forum», l’obiettivo, per lui, è di «migliorare la visibilità e la cooperazione dei membri della comunità gay che condividono gli stessi interessi».
Questa federazione, con oltre 1600 membri arrivati da 110 associazioni di 21 paesi dell’Unione europea, cerca di lottare contro la discriminazione , incoraggiando l’integrazione e l’emancipazione dei gay e delle lesbiche nello sport.
Ma Pepe García Vázquez fa una sua considerazione : «mi si chiede spesso se vogliamo creare una specie di ghetto riservato esclusivamente ai gay. Ma i ghetti non sono che il prodotto della società : esistono solo perché la gente rifiuta la diversità». Gli Eurogames di Barcellona, d’altronde, non erano riservati solo agli omosessuali, ma erano aperti piuttosto a tutti, infatti, «Ricerchiamo costantemente l’eccellenza nello sport».
Dodici omosessuali ai Giochi Olimpici di Atene 2004
Secondo il copresidente della federazione sportiva gay e lesbica, le Olimpiadi sono il simbolo di un’omofobia onnipresente nel mondo dello sport. E spiega: «Spesso il primo insulto che si sente su un campo di calcio è diretto contro i gay».
Ai Giochi Olimpici e in ogni competizione sportiva di alto livello, ricorda Pepe García Vázquez, che il numero di sportivi che si dichiara gay pubblicamente è molto basso.
«Qualcuno rivela la sua omosessualità quando va in pensione», continua sempre Vázquez, facendo l’esempio di stars come John Amaechi, il giocatore di basket inglese impegnato nella NBA (Associazione Nazionale di Basket).
«Si tratta di una discriminazione ordinaria. Gli sportivi non si dichiarano ,perché temono di essere rifiutati dai colleghi oppure di perdere i contratti pubblicitari. Bisogna capire il giro di danaro che il tutto rappresenta! La tennista ceca Martina Navratilova, per esempio, vale 12 milioni di dollari nei contratti pubblicitari».
Un altro esempio, nell’edizione dei Giochi Olimpici di Atene 2004: «Su 11 000 sportivi , solo due uomini e una decina di donne erano apertamente gay», continua ancora García, precisando , d’altronde, che i giocatori delle minoranze sessuali sono più numerosi negli sport individuali, come è il caso della corsa equestre o il lancio del disco, disciplina in cui la sportiva australiana Lisa-Marie Vizaniari , lesbica, eccelle.
Cina, una comunità gay soffocata
Sebbene il rapporto della China BBS ( organismo di ricerca sociale, finanziato dalla fondazione Volkswagen) ritiene che esistano trenta milioni di uomini e donne gay in Cina, in nessuno sport sono presenti atleti gay dichiarati nella Repubblica Popolare Cinesi.
Reggie Ho, delegato onorario dell’associazione Horizon , che ha sede a Hong Kong, concorda: «In tutte le regioni, l’omosessualità non è riconosciuta legalmente come un problema sociale (sebbene sia stata decriminalizzata nel 1997, dopo essere stata severamente repressa durante la rivoluzione culturale). Ma le minoranze sessuali sono perseguitate attraverso altre leggi non contrarie ai gay in maniera esplicita. Basti pensare alle leggi sull’ordine pubblico e sulla sicurezza! ».
Secondo Ho, nella regione amministrativa di Hong Kong, Macao e Taiwan, alcuni casi legati all’omosessualità, hanno spinto i giudici, sotto la propria responsabilità, a rilasciare delle dichiarazioni individualmente in proposito. «E il più delle volte, si tratta di opinioni che vanno contro le minoranze sessuali ».
In Cina i gay non sono una priorità
I Giochi Olimpici cambieranno qualcosa a questa situazione difficile ? Reggie Ho non ne è convinto: «Pechino o Hong Kong sono preoccupate da altri problemi sociali e l’orientamento sessuale non è neanche nella lista delle priorità del futuro.
Il governo di Pechino non prende a cuore questi problemi, ma auspica comunque di ignorare o di sopprimere l’esistenza del problema delle minoranze sessuali. La polizia fa i suoi blitz regolarmente nei bar gay. C’è una grande paura dell’ignoto e le autorità pensano che un’immagine pubblica dei gay o delle lesbiche in Cina faccia una cattiva pubblicità al Paese».
Certo, negli ultimi anni, delle personalità gay hanno «organizzato dei servizi per la minoranza gay e hanno ottenuto dei fondi dal governo, specie per quanto concerne la prevenzione contro l’AIDS».
Sempre per Ho, «la parola gay è sempre sinonimo di AIDS per le autorità». Il più delle volte, poi, i gay rimangono nascosti. «Altri attivisti, termina Ho, hanno fatto molto lavoro online. In realtà, le minoranze sessuali, in tutta la Cina, si strutturano, grazie ad Internet, per aver un luogo in cui ogni persona possa sentirsi se stessa».
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