L’omofobia si paga. L’importante è denunciarla
Riflessioni inviateci da Massimo Battaglio
Ancora una condanna “contro l’omofobia” arriva oggi, giustamente, anche in assenza di una specifica legge. Si tratta del secondo provvedimento a carico di Silvana De Mari, la famigerata dottoressa gastroenterologa specializzata in offese alle persone lgbt.
Secondo, perché era già stata condannata a dicembre dal tribunale di Torino, per aver diffamato il Coordinamento Torino Pride e la Rete Lenfort. Questa volta, la parte lesa è il Circolo Mario Mieli di Roma, che lei aveva definito come un gruppo di “simpatizzanti di pedofilia, necrofilia e coprofagia“.
La pena è stata fissata in “1000 euro di multa, oltre a un risarcimento dei danni da liquidare in separato giudizio civile e a una provvisionale immediatamente esecutiva pari a 5000 euro, oltre alle spese legali liquidate in € 3420, oltre accessori di legge.” Ne dà notizia il giornale gay.it.
Tre settimane fa, avevamo dato, di passaggio, l’analoga notizia della condanna a Massimo Gandolfini, portavoce del comitato “Difendiamo i nostri figli” e organizzatore del Family Day. Aveva diffamato Arcigay in una delle sue famose conferenze, affermando che la maggior associazione lgbt italiana propagandasse appunto la pedofilia.
Per lui, la pena è stata più grave: “quattro mesi di reclusione, convertiti in una sanzione pecuniaria di 30mila euro, e a una provvisionale di 7 mila euro per l’associazione e 3 mila euro per l’allora presidente, Flavio Romani, più il pagamento delle spese processuali e al risarcimento del danno”
Nel frattempo, ad Asti, si è aperto il processo a carico del vicino di casa di due donne di Baldichieri che le aveva aggredite perché non gradiva la loro presenza. Sempre ad Asti, un altro pesante caso di omofobia ha ottenuto giustizia pochi giorni fa. Si era trattato di uno “stupro punitivo” ai danni di una giovane trans, avvenuto il 13 aprile 2017. Quattro mesi dopo, la vittima, mai ripresasi dallo shock, si era tolta la vita.
Insomma: anche se lentamente, si afferma il principio per cui l’omofobia si paga. Si condanna quando si manifesta in atti brutali e anche quando si palesa in discorsi offensivi. Non si condona nè quando si presenta per quello che è, cioè odio e violenza, nè quando si ammanta di “opinione” o di scienza o addirittura di religione.
E’ singolare notare alcune coincidenze. La condanna di Gandolfini è arrivata contemporaneamente all’uscita del documento dei vescovi sul “gender”. Quella alla De Mari, nel 50° anniversario dei moti di Stonevall. La sentenza di Asti arriva invece a una settimana dalla celebrazione del primo Pride monferrino.
Sono pure combinazioni, rispetto alle quali sarebbe grottesco parlare di chissà quale complotto. Si verificano semplicemente perché l’omofobia è un fenomeno quotidiano. Andiamo verso tempi in cui ci sarà una condanna per omofobia quasi tutti i giorni, tanti sono i processi che, giustamente, si stanno aprendo. E speriamo che siano sempre più, per diventare poi sempre meno.
“Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: «Stupido», dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: «Pazzo», sarà destinato al fuoco della Geènna”. (Mt 5,21-22)