L’omofobia. Un fiume carsico che scorre nel profondo
Riflessioni di Alberto Signori, Riforma – settimanale delle chiese battiste, metodiste e valdesi, 20 maggio 2011, p.1
È successo ancora una volta. Stavolta a essere stuprata è stata una tredicenne di Pretoria, in Sud Africa: solo l’ultimo di una serie di stupri «correttivi» a danno di donne (e bambine) considerate come omosessuali e perciò violentate, spesso uccise, con l’intento di farle guarire.
Di riportarle sulla via dell’eterosessualità, attraverso la più tremenda delle violenze. Perpetrata da maschi taumaturghi.
Prima era toccato all’attivista Noxolo, uccisa a colpi di bottiglie, e tre anni fa a Eudy, gloria del calcio femminile, anche lei lesbica, stuprata dal branco e poi finita da 25 coltellate.
Il giorno stesso dell’annuncio del governo a Pretoria, è stata però comunicata anche la creazione di un’unità speciale solo per questi reati. Vedremo che cosa succederà. Fino al prossimo omicidio. A danno di una donna. A danno di una lesbica.
Certo è che tutto il continente africano vive una folle ondata di violenza omofoba, come testimoniano le liste di aggressioni evidenziate sia da Human Rights Watch sia dal sito www.change.org.
Nei giorni scorsi ha suscitato indignazione nel mondo la notizia della possibile approvazione della famigerata «Kill the gays» Bill in Uganda (il disegno di legge che prevede la pena di morte per gli omosessuali): l’approvazione è stata rinviata per un soffio.
Il disegno era stato depositato nel 2009 e sostenuto dagli evangelical locali, a loro volta ispiratisi a quelli americani (passando dalla potente organizzazione The Family).
Nel frattempo che succede da noi? A migliaia di chilometri di distanza, alcune chiese discutono di un atto che, dopo un lungo dibattito, è stato approvato a larga maggioranza dal Sinodo valdesemetodista del 2010.
Si potrà procedere alla benedizione delle coppie omoaffettive, seppur solo nel caso in cui nella comunità vi sia un consenso «maturo e rispettoso delle diverse posizioni».
E se non vi fosse? E se le chiese fossero scisse? Escluderebbero quelle coppie da un semplice, inoffensivo gesto di benedizione? Quelle unioni sarebbero benedette solo se la maggioranza è d’accordo. La maggioranza, già.
L’omofobia, come ogni razzismo, è un fiume carsico che con impeto scorre sotto terra e muove correnti profonde, per poi riemergere agli antipodi di questo poroso mondo, quando improvvisi canali glielo permettono.
L’acqua assorbe i minerali della rocce locali, di volta in volta. Così, i pregiudizi prendono in Africa le apparenze dello stupro correttivo e delle leggi che sanciscono il crimine di omosessualità.
In Occidente, invece, mentre le associazioni scientifiche (Ama, Apa e, da noi, l’Ordine degli Psicologi) cercano di contenere il dilagare delle terapie riparative, in Italia si continua a non legiferare contro l’omofobia e alle persone con un orientamento sessuale diverso da quello che si crede più diffuso (o maggioritario, appunto), in alcune delle nostre chiese, forse, si chiede di entrare in punta dei piedi.
In Africa e altrove, poiché è l’opinione dei più che conta, si chiede anche di non disturbare. Di lasciarsi travolgere dalle piene dei fiumi.