L’omosessualità e i ruoli alternativi di genere non sono affatto estranei alle culture africane
Articolo di Colin Stewart pubblicato sul sito Erasing 76 Crimes (Stati Uniti) il 30 gennaio 2014, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Almeno ventuno varietà culturali di relazioni omosessuali hanno fatto a lungo parte della vita tradizionale africana, come dimostra un recente studio che vuole dissipare la confusione e le bugie che circondano il disegno di legge anti-omosessualità ugandese.
Il lavoro degli antropologi Stephen Murray e Will Roscoe corrobora con ampie dimostrazioni il fatto che in tutta la storia africana l’omosessualità è stata “una caratteristica costante e logica delle società e delle credenze africane”. Thabo Msibi dell’Università del Kwazulu‐Natal documenta diversi esempi di spazio concesso al desiderio omosessuale nell’Africa precoloniale. Deborah P. Amory parla di “una lunga storia di numerosi popoli africani che praticano rapporti omosessuali”.
Con l’aiuto degli studi antropologici sulle varie epoche della storia africana è possibile documentare una vasta gamma di pratiche omoerotiche e concezioni di genere diversificate in tutto il continente. Ecco alcuni esempi:
1. Una pittura boscimana, notevolmente “esplicita”, che raffigura degli uomini africani impegnati in un rapporto omoerotico.
2. Verso la metà del XVII secolo un addetto militare olandese testimoniò di Nzinga, una donna guerriera del regno di Ndongo, del popolo Mbundu, che regnava come “re” piuttosto che come “regina”, vestita da uomo e circondata da un harem di giovani uomini vestiti da donna, che erano le sue “mogli”.
3. L’antropologo del diciottesimo secolo padre Jean-Baptiste Labat testimoniò del Ganga-Ya-Chibanda, gran sacerdote degli Jaga, un gruppo stanziato nel regno del Congo, che si vestiva regolarmente da donna e a cui ci si riferiva come alla “nonna”.
4. Nella cultura Zande, tradizionale e monarchica, le descrizioni degli antropologi descrivono come normale l’omosessualità. Gli Azande del Congo settentrionale “sposavano abitualmente” uomini più giovani che ricoprivano il ruolo di mogli temporanee, una prassi talmente istituzionalizzata che i guerrieri pagavano una “dote” ai genitori dei giovani.
5. Tra i contadini Pouhain di lingua Bantu (Bene, Bulu, Fang, Jaunde, Mokuk, Mwele, Ntum e Pangwe) degli odierni Gabon e Camerun il rapporto omoerotico era conosciuto come “bian nku’ma”, ovvero un farmaco per diventare ricchi trasmesso attraverso l’atto sessuale tra uomini.
6. Allo stesso modo in Uganda, tra il popolo Lango, gli uomini che assumevano un “ruolo di genere alternativo” erano conosciuti come “mukodo dako”. Venivano trattati come donne e veniva loro permesso di sposare altri uomini.
7. Relazioni omoerotiche sono documentate tra altri gruppi in Uganda, inclusi i Bahima…
8. i Banyoro e…
9. i Baganda. È ampiamente documentato il fatto che re Mwanga II, il monarca Baganda, abbia avuto rapporti sessuali con i suoi sudditi maschi.
10. Un gesuita che operava nell’Africa meridionale nel 1606 scrisse di aver trovato “dei Chibadi, che sono uomini vestiti come donne, che si comportano in maniera femminile e si vergognano di essere chiamati uomini”.
11. Nell’odierna Angola dell’inizio del XVI secolo i sacerdoti portoghesi Gaspar Azevereduc e Antonius Sequerius incontrarono degli uomini che parlavano, stavano seduti e si vestivano come donne e celebravano matrimoni con uomini. Tali matrimoni venivano “onorati e rispettati”.
12. Nelle comunità Iteso del nordovest del Kenya e dell’Uganda esistevano rapporti omoerotici tra uomini che si comportavano ed erano socialmente accettati come donne.
13. Pratiche omosessuali sono state documentate anche tra i Banyoro e…
14. i Lango.
15. Nel Benin precoloniale l’omosessualità era vista come una fase attraverso la quale dovevano passare i ragazzi e che si lasciavano alle spalle crescendo.
16. Esistevano matrimoni tra donne tra i Nandi e…
17. i Kisii del Kenya…
18. gli Igbo della Nigeria…
19. i Nuer del Sudan e
20. i Kuria della Tanzania.
21. Tra i Bantu del Capo il lesbismo era prerogativa delle donne che volevano diventare stregone, conosciute come “isanuse”.
Questa lista non è affatto esaustiva. Date le schiaccianti prove di comportamenti omosessuali nel periodo precoloniale, continuati poi nel periodo coloniale e in quello postcoloniale, e date le prove storiche delle varie identità di genere, è chiaro che l’omosessualità non è più “aliena” in Africa di quanto lo sia in altre parti del mondo. Come sostengono Murray e Roscoe, numerose ricerche indicano che nelle società africane, in cui vigeva un forte segregazionismo tra i sessi, il comportamento e le relazioni omosessuali erano tutt’altro che sconosciute tra i coetanei, maschi e femmine, soprattutto nel periodo precedente il matrimonio eterosessuale. Questo tipo di relazioni venivano identificate con termini specifici ed erano più o meno istituzionalizzate. I colonizzatori imposero all’Africa non l’omosessualità bensì “l’intolleranza e i sistemi di sorveglianza e di regolamentazione atti a sopprimerla”.
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Testo originale: 21 varieties of traditional African homosexuality