L’ossessione africana per l’omosessualità

Condannare gli omosessuali alla pena di morte. Questa la proposta del deputato ugandese David Bahatí poche settimane fa, durante un dibattito parlamentare a proposito della futura legge che renderà più dure le pene contro gli omosessuali.
La sua proposta ebbe un gran eco nella Camera e, anche se non si trasformerà in legge, la nuova normativa stabilirà, molto probabilmente, pene molto severe.
Questa è la situazione di molti Paesi africani in merito a tale tema. Ricordo che due anni fa l’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu, noto per il suo parlare senza peli sulla lingua, si domandava perché le società africane, e in particolare le Chiese, provavano una tale ossessione per l’omosessualità.
Date le leggi e il disonore attribuito all’omosessualità (il recente matrimonio tra due uomini originari del Kenia nel Regno Unito ha dato luogo ad una copertura mediatica poco favorevole e a minacce ai familiari), è poco probabile che i risultati dello studio siano davvero precisi; pare infatti improbabile che un omosessuale si presti a dichiarare pubblicamente la propria inclinazione sessuale sapendo tutto quello che gli potrebbe succedere.
Dopo essere denunciate dalle autorità locali furono giudicate colpevoli e incarcerate. Di fronte a casi come questo, gli omosessuali ugandesi cercano di mascherarsi perché sanno cosa potrebbe cadergli addosso se qualcuno li denunciasse.
Ciò nonostante, esiste un gruppo che si presenta come “Minoranze sessuali” che in alcune occasioni ha organizzato atti pubblici e conferenze stampa per rivendicare i propri diritti, con poste in gioco anche molto alte.
Ricordo che quello stesso anno un giornale ugandese pubblicò per giorni una lista di persone accusate di omosessualità, dando dettagli sui luoghi in cui vivevano e lavoravano, e in molti casi anche la macchina che usavano.
In Uganda non esiste legge sul salario minimo che difenda i lavoratori dallo sfruttamento lavorativo di cui sono spesso vittime.
Nessuno si è inoltre mai disturbato per rendere più severe le pene contro la corruzione, vero cancro della società africana che priva molte migliaia di persone dei servizi primari per la propria sopravvivenza.
Quando una persona di potere è accusata di corruzione, egli possiede comunque i mezzi (avvocati e denaro) per poter uscir libero per strada mentre il suo caso giudiziario si protrae all’infinito e si risolve in una nuvola di fumo.
A causa di queste e di altre piaghe sociali non vengono emanate leggi nuove, ma l’omosessualità risveglia sentimenti di aggressività che fanno sospettare che i legislatori africani siano in cerca di capri espiatori da trattare come gli esseri più depravati addirittura da eliminare.
Indipendentemente dal giudizio morale che attribuiamo agli atti omosessuali, nel contesto africano ho ben chiare due cose: la prima è che non è certo che nelle culture africane l’omosessualità non esista.
Questa tendenza è stata presente in tutte le culture umane e l’Africa non può essere un’eccezione. Sicuramente qui viene repressa più che altrove e per questo chi ha un orientamento sessuale del genere fa il possibile per occultarlo così da non essere additato.
Definirla una depravazione introdotta da influenze straniere significherebbe cadere nel semplicismo di molti africani che si affrettano ad affermare che tutto ciò che è nocivo o perverso viene da fuori.
La seconda cosa che posso dire su questo argomento è che molte società africane non sono ancora arrivate a compiere una differenza tra peccato e delitto.
Un’azione può essere considerata moralmente riprovevole per persone che professano un determinato codice etico (religioso o non) ma questo non significa che debba essere punita dalla legge.
Inoltre, ciò che più colpisce la mia attenzione è l’ipocrisia di chi condanna con durezza l’orientamento sessuale diverso dal proprio e che poi si impigrisce quando tocca a lui stesso rispettare le regole morali più elementari.
Nell’Uganda che ho conosciuto per 20 anni e con tutti i suoi grandi valori, non ha mai smesso di stupirmi la facilità della gente nel tradire il partner, rubare il lavoro, guidare in modo irresponsabile, sperperare il poco o il molto denaro della famiglia in alcol o nel mettere a rischio la vita dei più piccoli per mancate attenzioni.
Questo però non giustifica il fatto che debba rendere la vita impossibile a chi compie azioni che, dopotutto, restano nell’ambito della privacy di due adulti consenzienti, e che dunque non costituiscono un delitto.
Il documento che il Sinodo africano ha approvato poche settimane fa è molto positivo e dice chiaramente di difendere i più deboli, ma in fondo pare che di tutto ciò restino soltanto le buone intenzioni dato che quando si presenta un caso come questo la Chiesa preferisce il silenzio.
Testo originale: La obsesión africana por la homosexualidad