“Making Room” la mia vita tra i giovani LGBT+ senza fissa dimora
Articolo di Maxwell Kuzma* pubblicato sul sito del National Catholic Report (USA) il 15 giugno 2024, liberamente tradotto da Luigi e Valeria de La Tenda di Gionata
Il libro “Making Room” (Fare spazio) di Carl Siciliano prende per mano e ci porta via dai quartieri residenziali dove si trovano le nostre confortevoli case borghesi, lontano dal nostro lavoro sicuro e dalle nostre reti di supporto, in un luogo in cui non ci sono né dispense né frigoriferi belli pieni. Ci porta in un sottopassaggio lurido o su una esile panchina del parco, dove un giovane LGBTQ – un minorenne – si rannicchia da solo, senza alcun sostegno, facendo i conti con la realtà dell’indifferenza (nel migliore dei casi) e della crudeltà (nel peggiore) del mondo.
E questi giovani adolescenti non passano indenni attraverso il buio di questa esperienza. Molti sono stati indotti alla dipendenza da cocaina e a volte riescono ad avere un letto per la notte solo vendendo il proprio corpo.
A New York, negli anni ’80 e ’90, molti di questi ragazzi frequentavano il SafeSpace, dove capitava spesso di incontrare Carl, un muscoloso ragazzo gay italiano, che aveva sviluppato una profonda esperienza nel servizio dell’ospitalità per i senzatetto lavorando per un certo tempo con l’associazione Catholic Workers di Dorothy Day (giornalista e attivista sociale, famosa per le sue campagne di giustizia sociale in difesa dei poveri e dei senza casa, N.d.T.).
Carl era profondamente convinto che essere omosessuale fosse un talento spirituale da non nascondere sotto il moggio – e aveva messo in pratica questa intuizione teologica queer, concentrando i suoi sforzi professionali nell’aiutare la popolazione LGBTQ più vulnerabile: i giovani.
È davvero straziante conoscere, attraverso l’esperienza di Carl, i racconti di prima mano di ciò che è accaduto quando questi giovani hanno fatto coming out con le loro famiglie. I lettori LGBTQ come me avvertiranno in profondità l’impatto di queste storie nel loro intimo, con le risonanze e i ricordi suscitati da queste storie. Anche senza la violenza fisica, la violenza psicologica, emotiva e spirituale può infliggere molti danni – peggio ancora se proviene da coloro che dovrebbero amarti più di qualsiasi altro.
Ma la colpa non è solo delle famiglie. Making Room illustra in maniera molto efficace il confronto tra Times Square prima e dopo una ristrutturazione che era stata presentata come un riqualificazione – un’iniziativa che ha colpito in modo sproporzionato (e ha, di fatto, sfrattato) la comunità LGBTQ.
Il fatto che noi americani abbiamo permesso che questo accadesse, storicamente e oggi (si veda la storia di Nex Benedict – una persona non binaria di 16 anni trovata morta a casa sua, in Oklahoma, forse per suicidio indotto da ripetuti episodi di bullismo a scuola – N.d.T.), è davvero scandaloso, eppure spesso scegliamo di non guardare in faccia l’infamia che noi stessi permettiamo. Ci voltiamo dall’altra parte, come fanno le famiglie che hanno abbandonato questi ragazzini.
Carl Siciliano è un ispiratore, ma questo libro non è una favola in cui il cavaliere dall’armatura scintillante arriva sul suo cavallo bianco per sconfiggere il mostro che minaccia il villaggio. Come Carl ha scoperto nella sua esperienza, l’eroe di questa storia è la comunità, e noi diventiamo eroi quando prendiamo posizione, tendiamo una mano o abbiamo il coraggio di prendere la parola in supporto di qualcuno che non può farlo.
L’esistenza delle persone queer (e di altre persone marginalizzate) sarà sempre uno sconvolgimento dello status quo, anche quando le celebriamo.
Durante il periodo trascorso al SafeSpace, Carl ha speso tantissime energie per la ricerca – apparentemente senza fine – di fondi per finanziare la sua attività, e ha dovuto lottare persino per ricevere i fondi stanziati ufficialmente dall’amministrazione cittadina per l’assistenza ai giovani queer senza fissa dimora – ma mai effettivamente inviati alle associazioni che realmente si occupano di loro.
Nel libro ci sono anche brani bellissimi: i talent show in cui i giovani LGBTQ esprimono l’intero spettro delle loro vibranti personalità su una passerella fatta in casa, agghindati con la loro parrucca preferita e sopracciglia truccate con linee sottili come rasoi; la resilienza che non avrebbe dovuto essere necessaria; la volontà di sopravvivere che non avrebbe mai dovuto essere minacciata da così tanti pericoli.
Ci sono pasti in stile familiare organizzati al centro di accoglienza per le feste natalizie, in cui i bambini dicono a Carl che è «il primo Natale che mi sono goduto», anche se questi momenti di calore e senso di sicurezza sono interrotti dallo schiaffo dell’aria ghiacciata quando si deve tornare in strada alla fine del pasto.
Sebbene non sia un cavaliere delle favole, Carl deve affrontare molti mostri solo per conservare le scarse risorse che gli sono state date: l’amministrazione comunale che non vuole dargli i finanziamenti, un nuovo prete che vuole riqualificare l’edificio, potenziali donatori che si rivelano essere speculatori e molti demoni interiori suoi personali, e si trova spesso a chiedersi come possa sopportare l’immensità di queste storie senza speranza – soprattutto sapendo che alla fine della giornata lui ha una casa e un letto dove tornare, ma i ragazzini no.
A volte accade il peggio. Un ragazzo muore. E ogni volta questo fa quasi crollare Carl. Lui va avanti con la ferma volontà di prevenire il maggior numero di morti possibile, confortato dal fatto di far parte della comunione dei santi, sapendo che ciò richiede che ognuno faccia la propria parte con dignità e coraggio, senza temere le fiamme che dovrà attraversare.
In sintesi, questo è il messaggio che ho tratto con più forza dal libro. È necessario il contributo dell’intera comunità dei santi, sia quelli che sono tra noi sia quelli che hanno lasciato questa terra. Non si tratta di un problema finito con una soluzione finita, ma il nostro Dio non è un Dio finito.
Quando si tratta di sostenere con la preghiera, di affiancare le comunità fragili ed emarginate e di sostenerle finanziariamente, uniamo le nostre forze con l’energia dello Spirito Santo per avere la forza e il coraggio di agire al di fuori della nostra zona di comfort e di fare ciò che è nostro dovere fare, per il bene di tutte le anime.
*Maxwell Kuzma è un uomo transgender cattolico che si batte per l’inclusione delle persone LGBTQ nella Chiesa e scrive sui doni unici che le persone queer possono offrire alla Chiesa e sulla bellezza della diversità nella creazione di Dio. Max è stato citato dal New York Times e dall’Associated Press in risposta alle notizie del Vaticano relative alle persone transgender.
Testo originale: Carl Siciliano tells his story of ‘Making Room’ for homeless LGBTQ youth