Maria: la più brillante idea di Dio
Riflessioni di Massimo Battaglio
Oggi voglio parlare di Maria: la più brillante idea di Dio, il suo progetto più luminoso, la più bella delle creature concepite, l’Immacolata Concezione. Vorrei dire la sua grandezza e la sua dolcezza, la sua infinita maestà ma anche il suo essere così vicino da consolare ogni cuore.
Mi piacerebbe spiegare la sua presenza con parole giuste, come hanno fatto mille e mille volte i cristiani tributandole titoli che non bastano mai, per trovarsi alla fine con un mistero e un sorriso.
Maria è così seducente che continua a ispirare chiunque le creda e anche no. E come ogni realtà affascinante, si è prestata purtroppo anche a mille fraintendimenti. E’ stato comodo, nei secoli, tra i tanti affreschi a lei dedicati, inserire tinte a uso e consumo di qualunque pittore, anche quelli in malafede.
Si sono così viste madonne miracolose, parlanti, o minacciose, combattenti. Si sono cantate Vergini obbedienti, castissime oltre i limiti della sessuofobia. La madre del Salvatore è stata usata a giustificazione di qualunque ingiustizia, riducendola a strumento di controllo delle coscienze.
Sfortunatamente, nessuno di noi può cambiare la storia e nemmeno io me ne sento particolarmente responsabile. Resta il mio desiderio di parlare di Maria: per quel che è, partendo dalle uniche fonti che su di lei possediamo, i vangeli di Luca e di Giovanni. Saranno riflessioni di parte anche le mie; pazienza: entreranno nel numero.
Nel racconto lucano, Maria compare quasi all’inizio:
“L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”. (Lc 1, 26-28)
Dio padre ha deciso di dare compimento al suo disegno e, per questo, intende incarnarsi in forma umana.
“Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14)
Sceglie di nascere come qualunque bambino, dal grembo di una ragazza. Non vuole privarsi della tenerezza di una mamma. La coinvolge nel suo progetto e, senza nemmeno chiederle il permesso, le comunica le sue stravolgenti intenzioni.
Mi stupisce sempre che manchi qualunque cenno di corteggiamento. L’annuncio di Gabriele non sembra nemmeno una proposta ma una semplice e cruda comunicazione. C’è molta meno poesia di quando vorremmo. Ma attenzione: Luca scrive nel primo secolo, quando le donne venivano cedute da un marito all’altro, prestate, usate per avere un erede e poi licenziate.
Il consenso della sposa era un concetto del tutto inafferrabile, del quale si comincerà a parlare secoli dopo, con il “dolce stil novo”. Ciò nonostante, l’angelo ha parole di grande rispetto: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”. E aggiunge, delicatamente: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio”.
Certo, Maria poteva rifiutare. Le sarebbe bastato ricorrere a un aborto. Altrimenti, doveva correre il rischio di essere ripudiata ai sensi della legge in quanto ragazza madre. Sceglie la seconda opzione. E’ grande perché, alla faccia di tutte le leggi e consuetudini, decide di tenere quel figlio, darlo alla luce e crescerlo a costo di restare da sola (cosa che non succederà perché un altro temerario, il suo fidanzato, mette l’amore prima delle norme e la sposa nonostante tutto). Maria è un modello di emancipazione dalle regole patriarcali.
Poco dopo, la giovane parte da sola per andare a trovare Elisabetta. Tra donne, si intendono, e cantano la gloria di Dio:
“ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha spodestato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili” (Lc 1, 51-52).
C’è tutta l’umanità sofferente, nel cuore delle due donne. Ed è una consolazione. Se anche il mondo continuasse ad andare nella direzione opposta, non importa: loro la vedono così. Potrà anche manifestarsi ogni tipo di odio, di prepotenza, di razzismo e di omofobia. Potrà addirittura verificarsi che i propugnatori di queste logiche si spaccino per religiosi.
Ma Maria resta dalla parte di un Dio che vincerà, anzi, ha già vinto su questi orrori. Sta con chi è odiato, con chi soffre, non con chi comanda. E, per loro e nostra fortuna, è lei, non qualche politico o qualche cardinale, a presiedere la Chiesa.
Poi c’è il Natale, il parto in periferia tra un manipolo di pezzenti, e poi la vita quotidiana fatta di lavoro, cure amorevoli e anche qualche angoscia (“Chi è mia madre? Chi sono i miei fratelli?”). Maria e Giuseppe confermano che famiglia è dove c’è amore. Non conta molto se il DNA dei figli coincide o meno con quello dei genitori. L’importante è amarli. E non importa se le loro inclinazioni sono diverse dalle nostre, se il loro destino è diverso da come avevamo immaginato: l’essenziale è accoglierli per quello che sono.
Potremmo andare avanti raccontando gli altri passi in cui compare Maria: come madrina di una festa di nozze (Gv 2, 1-11), come convinta attivista nel primo numero di discepoli (Gv 2,12). Poi come madre disperata ma sempre accogliente (Gv 19, 25-27) e infine come organizzatrice della prima Chiesa clandestina: un gruppo di sediziosi, ben pochi dei quali moriranno nel loro letto (At 1, 12-14).
Maria è buona, pia, misericordiosa. Maria è bella per questo, perché il suo sguardo e il suo sorriso non possono che conferirle una bellezza anche esteriore.
Ma a me piace vederla soprattutto come donna libera, come è libero chi ama. “Ancella”, sì, ma solo di Dio. Massimo esempio di emancipazione.