Marocco. Una voce per gli omosessuali
Articolo di Dorian Ferron e Frédéric Tallaires pubblicato sul mensile TETU (Francia) del gennaio 2014, pp 41-43, libera traduzione di Marco Galvagno
In Marocco l’omosessualità è passibile di prigione. L’anno scorso alcune voci si sono levate per dimostrare che l’amore non conosce i limiti che la legge vuole imporgli, per cercare di fare avanzare i diritti e sconfiggere l’ignoranza. Tétu ha incontrato i giovani marocchini divisi tra speranza e rassegnazione.
E’ una mostra che poche persone hanno avuto la possibilità di vedere. Ma in Marocco, è una prima, militanti delle associazioni, intellettuali, giornalisti e studenti, sono un piccolo gruppetto che ha deciso di venire a vederla per sostenere o scoprire una battaglia che laggiù è l’ultima sulle lista delle priorità del paese. Sui muri dell’ambasciata dei Paesi Bassi a Rabat coppie di ragazze o ragazzi, mano nella mano, guardano nella stessa direzione.
La serie di fotografie di Serge Le Loup è stata voluta dal movimento alternativo per la libertà individuale (m.a.l.i), creato nel 2009 con un’operazione shock che voleva denunciare l’obbligo imposto a tutti i marocchini di rispettare il digiuno durante il ramadan.
Altri paesi musulmani come la Turchia tollerano che ciascuno agisca nella sua anima secondo la sua coscienza pur rispettando coloro che osservano il digiuno. In Marocco non c’è possibilità di scelta. Alcuni manifestanti avevano rotto il digiuno in pubblico, questo era costato loro gli arresti domiciliari.
Eredità del protettorato francese
La nostra azione per il riconoscimento dell’omosessualità è soft, ma facciamo disobbedienza civile. Sono foto di coppie dello stesso sesso e sono condannabili per legge, racconta Ibtissame, una militante dei diritti dell’uomo che ha coordinato l’operazione.
L’articolo 489 del codice marocchino tutti i gay lo conoscono, può valere dai sei mesi ai tre anni di prigione per atti impudici o contro natura con una persona dello stesso sesso. La legge raramente viene applicata nonostante qualche eccezione, e non impedisce ai gay e alle lesbiche di vivere i propri amori, a condizione di rispettare l’adagio del favolista Florian “Per vivere felici, viviamo nascosti”
Younes, 24 anni, originario di una delle principali città industriali del paese trova che i singoli individui siano più pericolosi della legge. Secondo lui se la gente pensa che tu abbia fatto un crimine allora chiederà che la legge venga applicata, ma se al contrario ritiene che tu sia stato condannato a torto allora non mancherà di far sentire la propria voce.
Adil, 24 anni, di Casablanca, dipendente di una impresa di telecomunicazioni, a volte è inquieto. Se un giorno fossi condannato tutta la mia vita sarebbe sprecata sia professionalmente che come persona: sarei la vergogna della mia famiglia e fonte di scherno per i miei colleghi. Modera tuttavia le sue inquietudini precisando che non è in pericolo, se non nel caso in cui scelga di ostentare la propria omosessualità in pubblico. Se dovessero arrestare tutti i gay dovrebbero costruire un bel po di prigioni.
Soprattutto Tacere
E’ per evitare di arrivare a questo che i più militanti cercano, nonostante il peso della religione e del codice penale di informare e sensibilizzare i loro concittadini.
L’anno scorso ricorda Abatissame avevamo scattato delle foto da soli e chiesto alle persone di fare la stessa cosa e di mandarcele. Abbiamo fatto un fotomontaggio che è circolato su internet. Ma volevamo colpire di più, questa volta bisognava fare attenzione che non ci fossero fughe di notizie altrimenti avremmo dovuto annullare tutto o avremmo anche potuto essere aggrediti.
Quindi è in clandestinità che queste coppie, per altro ben poco provocanti, sono state fotografate. Varie ambasciate sono state contattate per esporre le foto e i testi degli intellettuali che le accompagnano, ma è quella dei Paesi bassi che ha deciso di sostenere l’iniziativa e mettere in luce queste coppie, alcune delle quali anche fittizie, che il Marocco non vuol vedere.
Più liberi dei loro genitori
Essere gay in Marocco, più che nascondersi significa tacere. Esistono a Rabat, Marrachesh o a Tangeri un club, un caffè da cui non si faranno buttare fuori se restano discreti, ma questi bar vengono chiusi non appena la voce si diffonde o i padroni non sono abbastanza vigilanti.
Ogni contatto troppo ravvicinato è vietato. La maggioranza delle volte è nelle serate private che le relazioni gay nascono. Personalmente gli unici momenti in cui potevo vivere la mia omosessualità era a casa mia ricevendo amici gay racconta Ryan che ha lasciato il paese per proseguire gli studi in Germania dove vive in coppia con un giovane israeliano.
Era difficile mostrarsi mostrarsi e ancor di più incontrare qualcuno che potesse impegnarsi in una relazione ed accettarla. In Marocco ho baciato un sacco di ragazzi, ma mai una storia seria.
Nonostante tutto i giovani si sentono più liberi dei genitori, grazie ad internet che svolge un ruolo chiave. E’ la sola scelta se si vuole essere prudenti e conferma Adil che lamenta che questi incontri siano delle vere e proprie partite a poker, si rischia d’imbattersi in ladri.
Younes assicura che non avrebbe mai il coraggio d’abbordare qualcuno per strada e si chiede come facessero le generazioni precedenti. I marocchini, sempre più connessi, rappresentano la maggiore comunità africana su gay romeo.
Una campagna su facebook
Le rivendicazioni che il MALI ha cercato di mettere sulla scena non datano da ieri. Dal 2004 l’associazione Kif Kif nata dopo l’arresto di 43 persone sospettate di omosessualità cerca un po di fare cambiare le cose dalla Spagna dove i suoi militanti si sono trasferiti. Nel 2010 hanno lanciato Mitly una fanzine, alcune pagine fotocopiate distribuite di nascosto che ci si passava tra amici o che ci mandava via internet. Tuttavia la portata delle loro azioni è ristretta anche per il fatto stesso che la sede del movimento sia all’estero.
Adil deplora che “gli avvenimenti che organizzano si limitano alle città spagnole nel Nord del Marocco: Ceuta e Melilla. Nessun interesse da parte mia”. Younes sembra condividere questa opinione: “per carità non voglio parlarne male, ma non saprei citare nulla di buono fatto da questa associazione”.
Nell’aprile 2012 sono stati seguiti da Aswat un nuovo movimento gay, che pubblica una rivista online. Ho un enorme rispetto per loro. A 19, 20 anni sono le vere avanguardie testimonia Abdellah Taia, scrittore, una delle poche personalità pubbliche ad aver fatto coming out.
Vogliono parlare a tutto il mondo arabo ed il loro modo di rivolgersi ai giovani è molto positivo. Non sono estremisti, si dedicano all’educazione ed alla prevenzione.
Contrariamente a Mitly la rivista Aswat non vuole parlare solo ai marocchini, ma vuole parlare ai marocchini di tutto il mondo. Sessuologi e star della canzone vengono intervistati nei diciotto numeri pubblicati in cui si parla di prevenzione, amore e rischi.
Nello stesso periodo in cui il Mali inaugurava la sua mostra Aswat lanciava la sua campagna di stampa su facebook. Migliaia di marocchini hanno condiviso le loro foto, mentre portavano davanti alla faccia un messaggio che denunciava l’omofobia, un primo passo che se non ha liberato le coscienze, almeno ha iniziato il dibattito.
Non si poteva più fingere che i gay non esistessero. Vogliamo giustamente creare una discussione sulle minoranze sessuali e cercare di correggere i cliché sbagliati sull’omosessualità, spiega Ishaq Nouri, uno dei fondatori di Aswat.
Anche se non sono certo stupidi, però nessun uomo politico marocchino vuole cambiare la legge e legalizzare l’omosessualità e l’arrivo del partito degli islamisti del Pjd (partito giustizia e sviluppo) al potere due anni non ha fatto che rafforzare il clima omofobo.
Mentre una minoranza dei marocchini si libera, la maggioranza si islamizza conferma Adil che ricorda le spiagge del Nord della sua infanzia: “Era bello, misto, alcune donne prendevano il sole in topless, ora le spiagge pubbliche sono occupate solo da uomini e poche donne velate”.
Nessun sostegno dall’Associazione Marocchina per i Diritti dell’Uomo (AMDH)
Quando due ragazzi di venti e trent’anni sono stati condannati per omosessualità a quattro mesi di prigione, dopo essere stati visti nella loro macchina da dei poliziotti, nella città costiera di Temara nel maggio scorso, nessun militante dell’AMDH (l’associazione marocchina per i diritti dell’uomo) era presente a sostenerli.
Anche se alcuni militanti hanno detto di volere fare qualcosa per difendere la libertà sessuale, l’AMDH non ha mai portato la battaglia nei suoi meeting o nelle sue azioni. E quando il pubblico ministero ha fatto appello al giudice di Temara, chiedendo un inasprimento della pena, una sola voce si è alzata in difesa dei ragazzi quella di Ronald Gerard Strikker che la ha definita un anacronismo.
Dopo vari tentativi l’ambasciata francese ha sempre rifiutato le interviste. E niente altro, silenzio stampa.
La Francia non ci sostiene mai rimpiange del resto la militante Ibtissame, su questi problemi non vogliono interferire. Allora questo Marocco che sta avendo una straordinaria crescita economica starebbe facendo marcia indietro sul piano delle libertà individuali?
I gay e le lesbiche possono vivere felici nel loro paese?
E’ una sfida, dice Abdil; che del resto tiene a precisare di non essere triste, pur rimpiangendo la libertà dei giovani europei. Vorrei avere la coscienza tranquilla quando cammino per strada con il mio moroso, fregarmene di quel che la gente pensa delle nostre andature, andare da lui senza aver paura che la portinaia chiami gli sbirri.
Younes, dal canto suo, ha scelto di continuare gli studi in Francia e spera di non dovere tornare a vivere in Marocco. E i due intervistati che non si conoscono e sono stati intervistati separatamente concludono con la stessa frase “Non si può avere tutto, dobbiamo accontentarci di ciò che abbiamo”.
Testo originale: Maroc: une voix pour les homos