Mentre il caos e l’odio crescono, abbiamo più che mai bisogno del Pride
Riflessioni di Alfred P. Doblin*, pubblicate su NorthJersey.com (Stati Uniti) il 1 giugno 2025. Liberamente tradotte dai volontari del Progetto Gionata.
Nel 2009 stavo facendo delle ricerche sulla rivolta di Stonewall per un articolo che stavo scrivendo, in occasione del 40° anniversario, per il giornale The Record.
Volevo capire come il giornale avesse raccontato, all’epoca, quegli eventi. Lo trovai su microfilm, negli archivi del giornale: un articolo breve sulla rivolta seguita a un’irruzione della polizia allo Stonewall Inn.
Fu una notizia fuori New York City, ma non finì certo in prima pagina con un titolo a tutta larghezza. Come accade per molti eventi fondamentali, il momento — mentre lo si vive — non viene riconosciuto da tutti come significativo.
Che Stonewall sarebbe diventato la scintilla esplosiva del movimento per i diritti delle persone omosessuali non era affatto evidente il 28 giugno 1969. Non lo era per molti. E non lo era per me.
Nel giugno del ’69 avevo appena finito la prima media. I diritti delle persone omosessuali non erano in cima ai miei pensieri, anche se, a ben vedere, avrebbero dovuto esserlo. I ricordi della mia infanzia mi avrebbero fatto capire solo anni dopo che io sono sempre stato gay.
Ma da bambini, negli anni Sessanta, non si parlava di essere gay. La parola “gay” non era nemmeno comunemente usata per indicare l’attrazione tra persone dello stesso sesso.
Le parole che si usavano allora erano tutt’altro che gentili, e ancora oggi, alla soglia dei settant’anni, faccio fatica con il termine “queer”. Decenni fa non era un termine inclusivo, ma un insulto.
Le ferite si rimarginano. Ma le cicatrici restano.
Tempi inquieti per le persone gay o queer
Oggi, i giovani uomini gay chiamano quelli della mia generazione “anziani”. Eppure, pur non identificandomi con il termine “queer”, neanche “anziano” mi rappresenta del tutto. […] Non sono un anziano. Ma nemmeno sono giovane.
Sono tempi inquietanti per chi si identifica come gay o queer. Il pendolo politico sta oscillando con forza verso destra. Le persone transgender sono diventate l’obiettivo principale, ma anche i libri che parlano di persone transgender e gli spettacoli teatrali drag sono sotto attacco. Dove finirà tutto questo?
Quando ero giovane, la cantante cristiana Anita Bryant era impegnata in una crociata personale per demonizzare gli uomini gay. A quei tempi non esistevano protezioni legali come oggi, e chi veniva “scoperto” rischiava di perdere lavoro e casa — e molti li persero.
Le persone omosessuali e i loro sostenitori si mobilitarono e riuscirono a contrastare la campagna di Bryant. Ma poco dopo, con l’arrivo dell’epidemia di AIDS, l’omofobia esplose con nuova violenza.
L’odio e la paura vanno sempre a braccetto, e le loro effusioni pubbliche si vedono ovunque.
Ripensando a quegli anni, mi è sempre sembrato assurdo che gli attivisti anti-gay potessero sostenere che gli uomini omosessuali “indottrinassero” gli eterosessuali a diventare gay.
Qual era esattamente la proposta allettante? Prendere una bastonata nel West Village? Farsi urlare insulti omofobi da sconosciuti solo per il modo in cui appari? Andare a un appuntamento con il dubbio che la persona davanti a te sia malata?
Come sarà il Pride nel 2025?
Sono passati molti decenni, e io sono diventato questo presunto “anziano” — anche se senza campanello alla porta — che guarda a un altro Mese del Pride e sente risuonare, ancora una volta, gli stessi vecchi discorsi d’odio.
In alcune città degli Stati Uniti, i festeggiamenti del Pride vengono ridotti per motivi politici. Anche in grandi metropoli, come New York, si assiste a un ritiro degli sponsor dalle parate e dai festival. Se davvero fossi un “anziano suonatore di campanelli”, forse questo sarebbe il momento giusto per iniziare.
Non sempre riusciamo a riconoscere i momenti decisivi mentre stanno accadendo, e mi chiedo se ce ne siamo già lasciati sfuggire diversi. Questo pensiero non mi dà pace, ora che mi avvicino ai settant’anni.
Quando ero più giovane, credevo ingenuamente che i diritti civili seguissero una traiettoria lineare, che anno dopo anno ci avvicinassimo tutti insieme a quella vetta irraggiungibile. Ma era un’illusione.
Perché, anche se ci raccontiamo che la libertà è un diritto dato da Dio, è un dono che nella storia ci è stato tolto tanto spesso quanto è stato concesso.
Ho vissuto a Los Angeles durante i disordini per Rodney King e ricordo ancora il suo grido disperato: “Non possiamo semplicemente andare d’accordo?” Allora come oggi, la risposta è: “No, non possiamo”.
Dovremmo, ma non possiamo. Al massimo, possiamo imparare che la felicità non è un gioco a somma zero: se qualcun altro è felice, questo non significa che tu non possa esserlo a tua volta.
Stonewall, in quel momento, era una questione di rispetto. Non riguardava molte delle cose che sono venute dopo. Era qualcosa di elementare — persone che non venivano trattate con rispetto.
Nessuno può capire pienamente il cammino di vita degli altri, ma ciascuno di noi dovrebbe rispettare il diritto di ogni persona a fare il proprio percorso.
Noi ci siamo sempre stati
Nel fiorire di versetti biblici selezionati per condannare l’omosessualità, si perde spesso di vista una verità elementare: le persone omosessuali esistono da migliaia di anni. Non siamo un’invenzione di qualcuno che vive a Chelsea e ha un milione di follower su TikTok. Siamo parte dell’esperienza umana.
Vogliamo amare ed essere amati. Vogliamo costruire famiglie, far parte di comunità. Vogliamo che, alla fine del nostro percorso, qualcuno possa dire di noi: “Era una brava persona, una persona gentile”.
È scoraggiante vedere la nostra società giunta di nuovo a un bivio sui diritti LGBTQ+. Andiamo a sinistra? A destra? Ci affidiamo a uno spaventapasseri parlante per indicarci la strada?
Non dovremmo fare nessuna di queste cose.
Dovremmo andare avanti, su un sentiero che non è affatto semplice. Su quel cammino che chiede a tutti noi — eterosessuali e omosessuali — di trovare insieme la strada per quella vetta difficile da raggiungere, dove possiamo convivere senza odio e senza paura.
Io non sono un “anziano gay”. Non sono uno che suona ai campanelli. Sono semplicemente me stesso. Ed è proprio questo il significato del Pride.
*Alfred P. Doblin è stato direttore editoriale di NorthJersey.com e del quotidiano The Record. Il suo primo libro, Tales of the Lavender Twilight (Racconti del crepuscolo lavanda), una raccolta di racconti incentrati sugli uomini gay più anziani, è appena stato pubblicato dalla casa editrice Rattling Good Yarns Press.
Testo originale: “In 2025, as chaos and hate swirl, we need Pride now more than ever | Opinion”