Nella Chiesa cattolica le donne mancano ancora di riconoscimento
Articolo di Claire Lesegretain pubblicato sul sito La Croix (Francia) l’8 marzo 2017, traduzione di finesettimana.org
Sempre più numerose come dipendenti di parrocchie, cappellanie e servizi diocesani, le donne sono ancora troppo poco presenti lì dove si prendono decisioni importanti.
“Vergini o madri?”. Era questo il titolo provocatore di un saggio pubblicato nel 2007 e firmato da Camille de Villeneuve, giovane normalista (1). Un titolo che riassume bene il paradosso contro cui si scontrano i lettori dei documenti e dei discorsi del Magistero cattolico e gli osservatori della vita ecclesiale. Infatti, tra la donna “temuta” e la donna “idealizzata”, i gesti e discorsi ecclesiali lasciano poco spazio alla donna “reale”. Le donne reali, sposate o nubili, laiche o consacrate, sono quelle che fanno vivere la Chiesa nel quotidiano e che non si ritrovano nel discorso magisteriale su “la” donna.
Un’uguaglianza in dignità ma non nella funzione
Certo, la lettera apostolica di Giovanni Paolo II, Mulierisi dignitatem (1988), ha confermato che le donne hanno pari dignità degli uomini. Ma il ragionamento del papa polacco, fedele in questo alla tradizione cattolica, si basava sull’affermazione che la differenza tra i due sessi non li rendeva uguali nella funzione.
Tale linea di pensiero non è più concepibile oggi, tanto è evidente, almeno nelle società occidentali, che uomini e donne possono assumere gli stessi ruoli. Così è facile rilevare situazioni nella Chiesa che sembrano contraddire il suo pensiero sulle donne. Queste ultime sono maggioritarie tra i cattolici praticanti e tra i volontari e dipendenti della Chiesa, tanto nelle parrocchie e nelle diverse cappellanie (ospedali, scuole, prigioni…) che nei servizi diocesani (soprattutto per la comunicazione, la catechesi e il catecumenato, la pastorale familiare, mentre gli incarichi di direttore diocesano per l’insegnamento cattolico e di economo diocesano restano per l’85% maschili…).
In Francia, le donne rappresentano circa l’80% dei laici in missione (LEM) inviati dai vescovi, e svolgono la maggior parte del lavoro pastorale (inchiesta di La Croix nel 2012). Più di un terzo delle diocesi francesi comprende donne nel consiglio episcopale (inchiesta di La Croix nel 2015). Sono anche sempre più numerose le donne laureate in teologia, e quelle che insegnano nei seminari (oggi fra gli insegnanti di teologia di cinque istituti cattolici francesi, un terzo sono donne) o a ricevere riconoscimenti dai loro pari – si pensi ad Anne-Marie Pelletier che ha ricevuto nel novembre 2014, dalle mani di papa Francesco, il premio Ratzinger, il “Nobel della teologia”, per i suoi studi sulle donne nel cristianesimo.
Valorizzare le donne responsabili
Peraltro, la questione del posto della donna nella Chiesa torna come rivendicazione ricorrente, soprattutto tra i cattolici occidentali. Perché i malintesi restano profondi e non è stato fatto nulla per riconoscere e valorizzare le responsabilità delle donne. Basta considerare le grandi manifestazioni cattoliche – esequie di Giovanni Paolo II, sinodi romani, assemblee di vescovi… – per constatare che il “secondo sesso” resta totalmente assente.
Le donne con un grado di formazione elevato sono sempre più numerose nei consigli diocesani, ma non sono sempre tenute presenti nei momenti decisionali, dato che il governo dell’istituzione rimane prioritariamente assegnato ai ministri ordinati. “C’è ancora molto da fare, a cominciare col dare più ampiamente la parola alle donne, ritiene Anne-Marie Pelletier. Infatti uomini e donne non vivono la fede allo stesso modo”.
A suo avviso, anche se unica è la vocazione, e cioè vivere pienamente la fedeltà a Cristo, tale vocazione potrebbe benissimo avere “accenti diversi se pensata al maschile o al femminile”. Secondo la teologa laica Marie-Jo Thiel, professoressa all’università Marc-Bloch di Strasburgo, direttrice del Centro europeo di insegnamento e ricerca di etica, certi uomini di Chiesa hanno sempre “forti resistenze a prendere in considerazione le donne con un grado di formazione elevato. Preferiscono relegare le donne in ruoli tradizionali”.
La teologa ricorda appunto che non dovrebbe essere così, sia nella Chiesa che nel mondo, dato che “il battesimo è ciò su cui si fonda l’uguaglianza tra l’uomo e la donna con ruoli differenziati”.
(1) “Vierges ou mères. Quelles femmes veut l’Église?”, ed. Philippe Rey, 2007.
Testo originale: Dans l’Église, les femmes en manque de reconnaissance