Nell’Amoris Laetitia una speranza escatologica per le famiglie delle persone LGBTQ
Riflessioni di Adam Beyt pubblicate sul sito dell’associazione LGBT cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 18 agosto 2021, liberamente tradotte da Silvia Lanzi
A marzo 2021, il Vaticano ha iniziato un anno di riflessione sull’esortazione apostolica di papa Francesco “Amoris Laetitia” (La Gioia dell’Amore) sulla famiglia. Per assicurarci che la prospettiva e la dimensione di vita delle persone LGBTQ sia inserita nella discussione che la nostra Chiesa farà su questo documento, il sito Bondings 2.0 ha deciso di pubblicare, durante l’anno, una serie di riflessioni teologiche sul tema.
La riflessione di oggi è di Adam Beyt, recentemente laureatosi in alla Fordham University (Stati Uniti) dove insegna come professore aggiunto. Adam è un ricercatore che si occupa di teologia, politica e teorie queer, e sta lavorando ad un libro intitolato provvisoriamente “Violence and the Mystery of Humanity”.
Per molti cattolici LGBTQ+, l’Amoris Laetitia (AL) rappresenta un’altra delusione da parte di una Chiesa cattolica che insegna, a vanvera, su come amarli (come persone LGBTQ+). Il documento, come molti altri che lo hanno preceduto, reitera una visione limitata di come potrebbero essere le famiglie.
Amoris Laetitia descrive la famiglia nucleare, vale a dire, formata da una coppia eterosessuale composta da un uomo e una donna – cisgender uniti in un matrimonio monogamo – che si prendono cura dei loro figli biologici, come l’ideale a cui tutte le relazioni romantiche e sessuali devono tendere.
All’inizio del documento, Francesco sottolinea questa idealizzazione tratteggiando un legame tra il dinamismo della parentela biologica e la vita della Santa Trinità. Scrive, “il Dio trino è comunione d’amore, e la famiglia ne è il riflesso vivente” (AL 10).
In questo modello è ricapitolato l’essenzialismo di genere e la logica della complementarità diventata famosa con la “teologia del corpo” di Giovanni Paolo II. L’essenzialismo di genere predetermina l’identità di genere di ciascuno in base alle categorie biologiche assegnate alla nascita, risultando in una logica della complementarità in cui i membri di una coppia eterosessuale sposata devono “completare” l’altro e “promettersi reciprocamente totale abnegazione, fedeltà e apertura alla nuova vita” (AL 73).
Francesco offre alcune concessioni pastorali per i diversi modelli di parentela, come l’inclusione dei figli adottivi e la famiglia allargata (AL 178-181, 192-193). Ma molti cattolici LGBTQ+ e alcuni teologi combattono ancora le tante limitazioni sul tipo di relazioni e di famiglie che è concesso avere.
Con queste norme predeterminate, molte persone LGBTQ+ potrebbero sentirsi sfiduciate e potrebbero desiderare un linguaggio teologico più immaginifico che convalidi la presenza sacra di Dio in relazioni che non riproducono la parentela biologica. Invece di arrendersi alla disperazione, invito i lettori a riflettere sulla speranza escatologica.
L’escatologia si rifà allo studio delle “cose ultime” e cerca di immaginare come la creazione, alla fine dei tempi, sarà riconciliata con Cristo. L’escatologia, a cui nel Nuovo Testamento ci si riferisce con termini come il “Regno di Dio” o il “Regno dei Cieli”, può ispirare una radicale conversione e cambiare i nostri comportamenti donandoci nuovi modi di pensare e abitare il mondo. Il Regno di Dio orienta la nostra speranza ‘anticipando’ l’arrivo della sacra presenza di Dio nella creazione.
In AL, Francesco descrive le famiglie nel percorso pieno di speranza verso il compimento escatologico. Nel capitolo finale, il papa ci sprona verso queste relazioni, che diventano molto più grandi di come le concepiamo attualmente. Francesco si rifà a Mt 22:30, che dice, “Alla risurrezione infatti non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo.” Gesù lo dice dopo che i sadducei gli chiedono cosa succederà alla resurrezione ad una donna che si è risposata più volte una volta diventata vedova.
Egli rifiuta la domanda perché irrilevante, mostrando che il Regno di Dio sfida le convenzionali norme delle relazioni. Riflettendo su ciò, Francesco scrive:
“Tutti noi siamo chiamati alla continua ricerca di qualcosa più grande di noi stessi e delle nostre famiglie, ed ogni famiglia deve sentire questo costante impulso. Facciamo questo viaggio come famiglie, camminiamo insieme. Ciò che ci è stato promesso e più grande di quel che possiamo immaginare” (AL 325).
Il pontefice ricorda alle famiglie di considerare in tale viaggio che “questo mondo, così com’è, non durerà più a lungo” (1 Cor 7: 31). Mentre impariamo ad amarci e a tessere relazioni, ricordiamoci che il Regno di Dio che viene è più grande di ciò che i cattolici possano mai immaginare.
Il rapporto di Francesco con tale linguaggio escatologico è funzionale nel suggerire una potenziale rivisitazione delle norme relazionali all’interno del Regno di Dio che viene. Le relazioni che sperimentiamo prima del secondo avvento di Cristo sono, in definitiva, provvisorie. Attraverso le lenti della speranza, i cattolici LGBTQ+ possono trovare una base teologica per convalidare i diversi tipi di intimità in cui vivono. Intimità, piuttosto che “famiglia”, è un termine che descrive le relazioni significative, siano romantiche o meno.
L’intimità, espressa specialmente nel Regno di Dio che viene, mostra la vulnerabilità emozionale e fisica insieme ad una mutua responsabilità condivisa — un modello per una nuovo tipo di cura interpersonale non riducibile all’affinità biologica.
Molte persone LGBTQ+ hanno formato “famiglie d’elezione” come i latini e i neri con le “Black” e le “Latinx” “houses” nella ballroom scene (sottoinsieme della cultura LGBT statunitense caratterizzato dalla partecipazione a competizioni dette ball, cioè “balli”), per sopravvivere ad un mondo di violenta omofobia e transfobia. Tale intimità queer è un’anticipazione della presenza di Dio nel creato alla fine del mondo.
Alcuni lettori penseranno che sto facendo dire troppo ad un’esortazione pastorale altrimenti tradizionale sulle famiglie umane. Ma, l’atto di immaginare come potrebbe essere la Chiesa, invece di come è, non è basato sulla speranza del rinnovamento salvifico di Dio?
Credo che la gerarchia ecclesiastica abbia bisogno di un teologia orientata escatologicame per riformulare come i cattolici LGBTQ+ possano anticipare il Regno di Dio con la loro sequela – come esseri incarnati e relazionali che vivono, e amano, in questo tipo di intimità.
Parte di tale progetto consiste in un attento ripensamento di cosa siano state le “famiglie” e, più importante, di cosa possano diventare. Insieme alla nostra speranza per la conversione di altri cattolici, l’avvento del Regno di Dio ci ricorda di non arrenderci. Lo sconforto, come scrive padre Jim Martin in un recente articolo su America, “non viene da Dio.”
Auguriamoci di puntare sempre, come dice Francesco, alla “pienezza dell’amore e della comunione che Dio ci offre” (AL 325).
Testo originale: In Amoris Laetitia, An Eschatological Hope for LGBTQ Families