Noi giovani cristiani LGBT+ e il nostro incontro con Papa Francesco
Testimonianza di Lorenzo Michele e Riccardo del gruppo Kairós Giovani di Firenze
“AVANTI COSI’!!! Il Signore vi vuole bene”. Queste le parole del Santo Padre che il 9 Ottobre 2024 ha voluto rivolgere, al termine dell’Udienza Generale, a noi giovani LGBTQIA+ cristiani, Riccardo e Lorenzo Michele, del gruppo Kairos di Firenze. Ad accompagnarci ci sono stati suor Genevieve e Don Andrea.
Suor Genevieve Jeanningros è una suora di 81 anni, una piccola sorella di Gesù, che ha dedicato 56 anni della sua vita a vivere in una roulotte in mezzo alla comunità LGBTQIA+ e ai giostrai con le loro famiglia ad Ostia Lido insieme ad un’altra sorella. Con loro ha condiviso il meraviglioso cammino di fede nel Signore accompagnando e donando sé stessa al servizio dei bisogni di queste persone.
Questa opera missionaria che ha compiuto l’ha portata protempore a seguire ciò che poi Papa Francesco, con il suo pontificato, ha deciso di rendere concreto per tutta la Chiesa: guardare alle periferie della chiesa, costruendo la Pastorale degli ultimi; la pastorale dell’inclusione, come è stata chiamata a Firenze dal Cardinale Betori.
Ma torniamo a suor Genevieve: lei quasi ogni mercoledì, insieme a Don Andrea, accompagna le persone LGBTQIA+, e più in particolare le persone Transessuali, ma anche gli operatori pastorali che come lei e il don vivono la vocazione missionaria di accompagnare queste persone, all’Udienza Generale e, alla fine di quest’ultima, al breve incontro personale in cui ognuno può salutare il Santo Padre e scambiare qualche parola. “L’enfant terrible”, così Papa Francesco in modo amicale la chiama.
E poi c’è Don Andrea Canocchia, parroco di una cittadina sul mare nella provincia di Roma, Torvaianica. Egli ci ha raccontato come il Signore gli ha affidato questa missione di accompagnamento delle persone Transessuali. Tutto è iniziato durante la pandemia, poiché erano rimaste senza lavoro, e quindi avevano bisogno di viveri alimentari. Ma ben presto Don Andrea ha compreso e si è occupato anche dei loro bisogni spirituali.
Racconta molto bene quest’esperienza nella prefazione che ha scritto per il libro “Figli di un Dio Minore?” di Luciano Moia. E poi, anche lui, insieme a Suor Genevieve, ha iniziato questa missione di far incontrare alle LGBTQIA+ il Papa. Infatti, a quelle donne che venivano nella sua parrocchia, prima le convinse a scrivere delle lettere al Papa e poi le accompagnò da lui il mercoledì.
Ieri è toccato a noi, Riccardo e Lorenzo Michele, del gruppo Kairos Giovani, questa esperienza di grazia. Anzi direi di grazie, poiché esse sono almeno due.
La Prima Grazia è stata quella di conoscere ed essere accompagnati da Don Andrea e Suor Genevieve. È una grazia perché attraverso di loro abbiamo potuto vedere come lo Spirito del Signore agisce nelle loro vite e li rende veicolo di misericordia e salvezza per persone che spesso sono abbandonate dalla comunità cattolica.
In essi è vivo il compimento del Disegno ineffabile d’amore che Cristo ha su ognuno di noi. Loro portano delle persone con le loro testimonianze, le loro vite, di rifiuti, di emarginazione, di odio e di discriminazione ma anche, talvolta, di riscatto, per la loro condizione di diversità a causa dell’orientamento affettivo-sessuale o per l’identità di genere e per la quale sono stati scartati. Ma come Cristo ci ha insegnato attraverso la citazione delle Scritture “La pietra scartata dai costruttori è diventata pietra d’angolo; dal Signore avvenne questo ed è mirabile ai nostri occhi” [Matteo 21, 42].
È dalla periferia della Chiesa che essa stessa deve ripartire per ricostruire un nuovo e rinnovato cammino autentico evangelico verso il Regno annunciato da Cristo. E noi grazie alla loro testimonianza di vocazione missionaria abbiamo potuto sperimentare quella gioia di essere chiamati figli, cosa che spesso nel nostro essere ai margini ci fa un po’ dimenticare.
La seconda Grazia è stata quella di poter incontrare il Santo Padre e poterci parlare, anche se per un breve momento, dirgli chi eravamo e quale fosse la nostra testimonianza di vita.
Ma partiamo con ordine.
Sono le 4.50 del mattino e suona la sveglia per noi che, nel buio e nel silenzio, iniziamo a prepararci per la giornata pieni di domande su quello che ci aspetta. Ci troviamo vicino ad Ostia nella casa di Don Conocchia che gentilmente ci ha ospitato per la breve notte passata; una notte tanto breve quanto lunga perché non siamo riusciti a prendere sonno facilmente.
Poche volte ci è capitato di vivere un’attesa tanto forte, indossiamo qualcosa di un po’ più elegante del solito, ci mettiamo in macchina e, nella notte, viaggiamo per le strade di Roma. Don Conocchia ci apre la strada e ci fa parcheggiare in cima ad una salita dove all’improvviso scorgiamo meravigliosa la nostra meta, è là, la Cupola di San Pietro. Qualche giorno fa, infatti, abbiamo ricevuto un inaspettato e grande regalo, la possibilità di poter incontrare personalmente il Santo Padre all’udienza generale.
Non abbiamo potuto che dire di sì e organizzarci velocemente per scendere a Roma grazie all’aiuto di Suor Genevieve e Don Conocchia. Non è facile far parte della Chiesa delle periferie e men che meno aver a che fare con i ruoli istituzionali (alla luce anche di certe dichiarazioni) ma non possiamo negare il grande sentimento di gratitudine per questa occasione unica.
Manca ancora qualche ora al nostro incontro e il prete continua a chiederci cosa avremmo detto quando sarebbe stato il nostro turno ma nella nostra testa c’è solo il vuoto e non riusciamo a focalizzarmi su nulla. Il tempo scorre e ci dobbiamo mettere in fila, passiamo i controlli e Suor Genevieve ci consegna i biglietti per entrare. Non ci possiamo credere, siamo seduti sul sagrato a pochissimi metri da dove Papa Francesco avrebbe tenuto la sua udienza. Notiamo anche che molte file dietro a noi sono sedute le coppie di giovani sposi e pensiamo “come è possibile che un omosessuale preceda tutte quelle coppie eterosessuali?”.
La cosa che ci colpisce in particolare è che saremmo state 500/600 persone e il Papa, come fa tutti i Mercoledì, sarebbe passato da tutti singolarmente per una stretta di mano o per una parola. È un Papa che vive veramente in mezzo alla gente.
Ed ecco che arriva, lo vediamo, Papa Francesco, fa il giro della piazza sulla Papa mobile e prende posto per iniziare a parlare. Non ricordiamo molto di quello che è stato detto perché fremevamo al pensiero che avremmo potuto semplicemente stringergli la mano. Finita l’udienza, iniziano i saluti, siamo tantissimi e tutti pieni di gioia e stupore. Vengono scambiati doni, saluti e alcune volte anche dei baci. Restiamo commossi dalla sua disponibilità e volontà a volerci salutare tutti, nonostante la grande fatica, senza però perdere mai il sorriso e senza fare pause.
Un altro pensiero inizia a ronzarci nella testa, “e se fossimo solo due dei tanti? un semplice saluto e via con il prossimo”. Quando capiamo che da lì a poco sarebbe toccato a noi l’emozione è alle stelle e prima che ce ne accorgessimo il Papa sta parlando con Lorenzo. Il tempo si ferma, Lorenzo gli ricorda e lo ringrazia per lo scambio di lettere che hanno avuto. Ci ha colpito tantissimo come il Papa si ricordasse di lui e gli abbia chiesto per due volte il suo nome, quando inaspettatamente ci chiede “ma siete amici suoi?” ed indica Suor Genevieve.
Poche parole e lo sguardo del Papa per capire l’enorme stima e amicizia che prova per quella donna, come se per un attimo fossero entrambi svestiti dei loro ruoli e, come amici di vecchia data, si incontrassero ad un bar per la consueta partita a carte. Rimaniamo proprio stupiti da tutto ciò quand’ ecco che sta a Riccardo.
Papa Francesco gli prende la mano, non la lascia e non sappiamo bene come ma inizia a parlare, anche un po’ troppo velocemente, e senza pensarci gli dice chi è, da dove veniamo, del gruppo Kairos e della Pastorale dell’inclusione di Firenze che ci ha reso tanto grati. Non appena ha pronunciato le parole “cristiani lgbt” sente che la sua stretta di mano cambia, si fa più forte, calorosa, paterna e gli trasmette una enorme forza. Un gesto che diceva già tutto ma che Papa Francesco ha voluto accompagnare con queste parole:
“Avanti così. Il Signore vi vuole bene.”
Ci siamo sentiti investiti dall’Amore. Non abbiamo parole per commentare quanto detto ma l’unico desiderio che abbiamo provato in quel momento è stato quello di condividere con le altre persone bisognose la grandezza di quanto abbiamo sperimentato.
Troppe volte e troppo spesso abbiamo sentito di persone abbandonate da amici o parenti per via della loro vocazione, in particolare pensiamo alle persone “queer”. Vorremmo che arrivasse potente a tutti loro quanto abbiamo provato noi in quel momento. “Il Signore vi vuole bene” è tutto ciò che conta e “Avanti così” continuiamo a essere una comunità inclusiva, là dove siamo chiamati ad esserlo, e a portare a chi ne ha bisogno questo grande Amore che ci è stato donato. Amore che ci è stato donato.