Noi insegnanti e l’omofobia tra i banchi di scuola
Riflessioni di Giancarlo Visitilli tratte da bari.repubblica.it del 16 gennaio 2008
Di fronte a tanti epidosi di bullismo omofobico che avvengono nelle scuole un mio alunno ha commentato "Professò, mica possiamo parlare anche dei ricchioni a scuola!". Invece "c´è bisogno che i nostri alunni capiscano che anche nella loro scuola possono esserci quelli che Angelo, mio alunno, chiama ancora in senso dispregiativo, "ricchioni". Certamente, non saranno pochi i genitori che, per aver parlato di omosessualità in classe, verranno da me scandalizzati. Magari solo allora avrò il piacere di conoscere qualche papà dei miei alunni.
Abbiamo cominciato l´anno solare a scuola "con le notizie brutte", come dice Nicola, prima C dell´Ipsia di Bitetto (N.d.r. comune di 11.205 abitanti della provincia di Bari).
Del resto come si può fare a meno di parlare ai ragazzi dei brutti fatti di cronaca, quelli dei bulli che imperversano dentro e fuori delle classi? Come, per esempio, quello accaduto sul finire dell´anno passato, che interpella direttamente la scuola? Matteo, un giovane studente, italo-filippino di Finale Ligure, ucciso e marchiato con una svastica e la scritta "gay" sul petto
A seguito di questo avvenimento, alcuni esponenti del Partito Democratico hanno scritto a Fioroni, Ministro della Pubblica Istruzione, una lettera aperta, con la quale, anch´io nella mia classe, ho voluto ben augurare un nuovo anno agli alunni, leggendola, ma soprattutto volendo cominciare un percorso didattico che rientra appieno nei programmi ministeriali, trattandosi della "diversità".
"Caro Ministro – recita la lettera – un giovane omosessuale il più delle volte è solo, e senza alcun supporto sociale: a volte evita di parlare anche con se stesso. Un vero cortocircuito esistenziale che avviene proprio nel momento più delicato della propria formazione: l´adolescenza…".
Qualcuno degli alunni ha cominciato a sorridere. Altri, invece, erano assolutamente impietriti, perché ho proseguito nella lettura in cui si fa cenno alle tante diversità: l´ebreo, il mussulmano, l´handicappato, il sovrappeso, ecc.
Se i miei atteggiamenti, più o meno mascolini o effeminati si discostano dai modelli di virilità o di femminilità attesi, avrò difficoltà a scuola anche essendo eterosessuale. Nella maggior parte dei casi la famiglia è consapevole, ma l´argomento non viene mai toccato. La situazione tipica è il silenzio dentro "una cappa di vergogna". Ho proseguito fino alla fine.
Qualcuno degli alunni ha cominciato a dirmi: "Prof, io ho un amico che…", ma ha provato vergogna a proseguire il racconto perché c´erano già gli occhi, le orecchie e 'gli artigli´ dei compagni malpensanti, puntati su di lui.
Tuttavia, non mi sono scandalizzato, visto che ho dovuto anche raccontare agli alunni che la risposta del Ministro alla lettera è stata quella di non poter mandare un´associazione gay nelle scuole per non essere accusato di fare propaganda di orientamento sessuale. "Ha ragione, professò, mica possiamo parlare anche dei ricchioni a scuola!", ha ribadito Angelo.
Ho ribaltato la frittata, chiedendo agli stessi alunni del perché, fra qualche giorno, nelle scuole ci si darà tanto da fare per cercare testimoni che ci ricordino l´olocausto degli ebrei, del perché si parli troppo di differenze di cui conosciamo tutto ed in ogni salsa e non si deve poter parlare anche della diversità sessuale?
Tutto ciò è oggetto di studio anche secondo i benedetti programmi ministeriali: perché allora privare i ragazzi di tali possibilità? Chi, se non la scuola, deve poter garantire quello che Gandhi insegnava: "Non è la verità che vi farà liberi, ma è il raggiungimento della libertà (di pensiero prima ndr) che vi farà conoscere la verità".
Quindi, in occasione della preparazione alla Giornata della Memoria (27 gennaio) ho detto agli alunni che quest´anno avremmo riflettuto molto anche su fatti storici legati ad episodi di bullismo omofobico.
A partire dalla triste storia di Matteo, che ci coinvolge tutti. E siccome di preparazione concreta si tratta, ho cominciato ad indicare loro qualche libro di narrativa sull´argomento.
Per esempio, un libro come quello della giornalista e scrittrice Delia Vaccarello, "L´amore secondo noi: ragazzi e ragazze alla ricerca dell´identità" (Milano, Oscar Mondadori). È un libro che racconta dell´identità sessuale, compresa quella degli omosessuali e non solo. Oggi nella scuola italiana sembra si legga solo "Io non ho paura" di Ammaniti, che pur essendo un ottimo libro, non può essere l´unico libro consigliabile.
C´è bisogno che i nostri alunni capiscano che anche nella loro scuola possono esserci quelli che Angelo, mio alunno, chiama ancora in senso dispregiativo, "ricchioni".
Certamente, non saranno pochi i genitori che, a seguito della lettura di un libro di narrativa come quello che ho dato da leggere, verranno da me scandalizzati. Magari solo allora avrò il piacere di conoscere qualche papà dei miei alunni.