Noi, la fantastica farfalla LGBT. Pensieri in libertà sulla nostra comunità
Pensieri pubblicati sul sito Pride Matters (Gran Bretagna) il 3 ottobre 2016, liberamente tradotti da Silvia Lanzi
La settimana scorsa stavo pensando ai possibili effetti del matrimonio gay nei Paesi che non l’hanno ancora legalizzato. Mi sono ricordato di quando molti Paesi erano avanti rispetto alla Gran Bretagna nel riconoscere l’uguaglianza tra i legami etero e quelli omosessuali, molto prima che noi introducessimo la “Civil Partnership”, predecessore del matrimonio gay.
Ricordavo i commenti dei miei amici: “Come sarebbe bello se un giorno succedesse anche qui!”. Naturalmente erano coinvolti molti interessi politici, ma mi chiedevo quante delle nostre azioni fossero influenzate dall’Europa e quanto anche noi avessimo influenzato gli altri.
Dobbiamo solo guardare ai moti di Stonewall a New York nel 1969 per capire quanto il movimento di Stonewall abbia influenzato globalmente il mondo. Vediamo questo tragico evento come il catalizzatore della nostra battaglia per l’uguaglianza. In Gran Bretagna ha portato a marce che sono iniziate nel 1972 e che hanno preparato il campo per le attuali manifestazioni del Pride. Non c’è dubbio che questi eventi abbiano avuto un grande effetto sul modo con cui la gente guarda al movimento gay. Col tempo, sempre più persone sono state coinvolte nei vari progetti. Qualcosa che è iniziata come una tragica storia in una città americana ha avuto un’influenza globale sui diritti delle persone omosessuali.
Un altro esempio più recente è stato quello di un attore che ha mandato una lettera aperta, postata su un sito LGBT, rifiutandosi di partecipare ad un festival cinematografico russo, dichiarando che non avrebbe partecipato perché era gay e non poteva accettare la recente politica russa riguardo ai diritti degli omosessuali. L’ondata di shock provocata in tutto il mondo dalla lettera ha ricordato a molte persone delle comunità LGBTQIA che non sono sole.
Come comunità globale, a partire dalla fine degli anni ’90 siamo stati pesantemente influenzati da Internet. Adesso abbiamo creato nuovi legami e possiamo influenzarci, aiutarci e proteggerci a vicenda senza il peso della distanza. È strano pensare che, se mandi un messaggio, questo può raggiungere centinaia di Paesi in pochi secondi. Un po’ di tempo fa ho twittato su un programma televisivo inglese che parlava di transgender e, nel giro di pochi istanti, da ogni parte le persone stavano parlando di qualcosa che c’era sulla TV britannica.
Non c’è bisogno che il contenuto riguardi sempre argomenti LGBT. Ma se si vedendo persone LGBT online o in un pub che parlano di cose che li riguardano, si toglie di mezzo il falso mito, che esiste nel mondo che non conosce l’omosessualità, che noi parliamo solo di… sesso! Non importa il tuo tipo di sessualità, il sesso è un argomento che può saltar fuori, ma si parla anche d’altro.
A chi combatte con la propria sessualità “la Rete” dà qualcuno da seguire come modello e conferma, fortificandola, la loro volontà di capire che non sono né malati né criminali o anormali, ma sono unici e diversi esattamente come chiunque altro. “La Rete” può essere un veicolo di speranza, qualcosa che solo vent’anni fa non avrebbe potuto esserci.
Ci sono circa settantacinque Paesi dove essere omosessuali è illegale. Per quanto possiamo, dobbiamo fare la nostra parte per spazzare via l’omofobia e influire sul cambiamento di queste leggi. Dobbiamo farlo con le nostre parole e le nostre azioni, perché il silenzio non è un opzione, visto che equivale ad un consenso.
Ricordando i giorni di Stonewall e gli effetti che il 1969 ha avuto in tutto il mondo per i diritti delle persone omosessuali, ci sono persone là fuori che ascoltano la nostra voce e le nostre parole. Può darsi che queste persone non si trovino in Paesi dove l’omosessualità è illegale, ma in Paesi dove bisogna rafforzare le leggi pro-uguaglianza; i comportamenti seguiranno. Parlare con gli altri e diffondere i nostri punti di vista potrebbe influenzare poco a poco sia i legislatori che le persone comuni ad ampliare i propri.
Recentemente ho parlato online con un attivista gay che aveva appena fatto un discorso e le persone avevano detto quanto fosse meraviglioso, anche se lui non si sentiva a suo agio a parlare pubblicamente. Il mio commento nei suoi riguardi era semplice: quello che diceva, i suoi documentari e la sua vita personale così aperta erano un’ispirazione per tutti noi e ci incoraggiavano ad andare avanti e a fare quel poco che potevamo. Questo ci dice che a volte possiamo essere personalmente inconsapevoli dell’ispirazione che diamo e di quanto siamo efficaci.
Tutti sanno che la teoria del caos è un fenomeno dove un infinitesimale cambiamento localizzato in un sistema complesso può avere effetti su larga scala in qualsiasi altra parte. Chiedetevi: è quello che è capitato alla comunità LGBTQIA? Non stiamo forse sbattendo le nostre meravigliose ali colorate in una parte del mondo e mietendo nell’altra dei cambiamenti, anche se lenti? Come ho detto al mio eroe, tutti noi abbiamo bisogno di trovare la nostra strada ed essere dei modelli, proprio come lo sono i gay famosi, perché le persone ci vedano come una eterogenea e bellissima famiglia LGBTQIA.
Testo originale: The Rainbow Butterfly.