Noi omosessuali evangelici lontani dal paradiso, ma in buona compagnia
Articolo tratto da Adista Notizie n. 1 del 9 Gennaio 2010
Dopo i gay cattolici (v. Adista nn. 126 e 129/09), anche i gay evangelici replicano indignati alle affermazioni del card. Javier Lozano Barragan, ex presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, che aveva dichiarato, e poi solo in parte rettificato, che le porte del Regno dei cieli restano ‘sbarrate’ per omosessuali e trans. Ad intervenire, è la vicepresidente della Refo (Rete Evangelica Fede e Omosessualità) Rosa Salamone, che, in una riflessione apparsa sul sito gionata.org e ripresa sul blog di don Franco Barbero, parla di Barragan, come di uno degli esponenti della gerarchia ecclesiastica più impegnati nella repressione della Teologia della Liberazione.
Una teologia che, dice la Salamone, ha sempre operato guardando più all’“ortoprassi” che all’ortodossia, cioè, in sostanza, ha cercato di “comportarsi come Gesù si comportò”, avendo a cuore la sorte dei poveri e degli ultimi della terra.
L’ex ‘ministro della salute’ vaticano, afferma la Salamone, è invece sempre stato seguace di quella “ortodossia” devota alla causa della normalizzazione della Chiesa latinoamericana, piuttosto che agli insegnamenti del Cristo. Quella stessa ortodossia che – aggiunge – ha colpito figure profetiche della teologia e della pastorale a favore degli oppressi, come Leonardo Boff o Jon Sobrino, teologo della liberazione scampato all’attentato dell’Uca del 1989 che costò la vita a 6 gesuiti del Salvador. Una figura simbolo della lotta per la legalità e la giustizia sociale, ma i cui scritti, ricorda la Salamone, sono stati recentemente condannati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede.
Per commentare le parole di Barragan a proposito dei gay e dei trans la Salamone riprende allora le parole del subcomandante Marcos, leader zapatista degli indios del Chiapas, contenute in un intervento” (pubblicato su Carta qualche anno fa) intitolato “In (auto)difesa delle giraffe”. Distratta, goffa, “con quella figura tanto lontana dalle pedanti simmetrie equilibrate assegnate ai predatori”, “porta a spasso la sua enorme irregolarità trasformando la sua ‘alterità’ in bellezza, precisamente perché si mostra”.
Le giraffe rappresentano per l’umanità tutti coloro che “proclamano la loro differenza e la loro lotta per essere quello che vogliono essere e non quello che altri vogliono che siano”; giovani e donne che non si nascondono, ma ostentano e adornano l’“asimmetria del loro corpo” in una società conformista e piatta.
Tra le “giraffe” delle nostre società ci sono, dice Marcos, anche le persone omosessuali, lesbiche, travestite e transessuali: “Non solo escono dall’armadio, ma espongono la propria differenza con la dignità che distingue gli esseri umani dai neoliberisti, pardon, dagli animali. Incuranti di essere perseguitate e derise perfino da quelli che dicono di volere cambiare il mondo”.
E allora, chiosa la Salamone, “se il Regno dei Cieli è precluso per me lesbica, secondo le dottrine della Chiesa cattolica, sempre secondo le stesse dottrine resterò esclusa in compagnia di coloro che difendono i poveri e gli indios di un intero Continente. E mi va bene”. (g. p.)