“Abitati dalla Grazia di Dio”. Dalla clausura in dialogo con i cristiani LGBT
Riflessioni di Letizia del gruppo Kairos di Firenze
Un incontro curioso e illuminante è stato quello di domenica scorsa (18 novembre 2018) presso il convento delle suore carmelitane di Lucca. Quali sono le cose in comune che si possono trovare tra un gruppo di omosessuali e lesbiche cristiani e una comunità di suore di clausura? non poi così tante, anche se delle affinità ci sono! Ad esempio la marginalità nella Chiesa che loro vivono come una scelta libera e liberante e che noi subiamo spesso come imposizione che è anche stigma umiliante; un’altra è la comunità che è per entrambi sostegno, amicizia, scambio, scuola di vita, ma che loro vivono in una dimensione di convivenza con un limitato numero di consorelle entro i confini del convento, mentre noi la viviamo come qualcosa di aperto, sconfinato dove ognuno partecipa liberamente con vari gradi di intensità.
L’ultima cosa che ci accomuna è che sia noi che loro non facciamo notizia. L’ho elencata per ultima perchè ormai oggi non è più tanto vera. Che le suore non siano tanto notiziabili è ok, ma inutile dire che se ciò ci ha accumunato, per diversi decenni, le ragioni sono solo culturali e politiche.
Ok, basta arrampicarmi sugli specchi. Dicevo che l’incontro è stato anche illuminante perchè ho potuto constatare come il loro “farsi da parte” non sia una punizione autoinflitta, ne una pena da espiare, ma una posizione scelta con cura, dalla quale si può godere una vista profondamente diversa sul mondo e sulla Chiesa di oggi.
Quando l’amico Saverio ha fatto la domanda sul periodo di crisi che sta attraversando la Chiesa, mi ha molto colpito la risposta di suor Francesca: il tempo che stiamo vivendo per lei “è il segno di un seme che muore“, è un tempo che ci offre l’occasione di tornare al Vangelo e quindi un tempo di profonda trasformazione in cui molti appaiono smarriti, perchè stanno crollando tutti i piccoli orpelli esteriori a cui umanamente ci attacchiamo, ma non sono Cristo. Cita Bohnoffer poi, incalzata un po’ dalle domande di Giusi, afferma che “quando tutte le impalcature inutili crolleranno ci riscopriremo tutti come dei poveri amati da Dio. Tutti. Dal Papa, i Vescovi fino all’ultimo dei fedeli”.
Aperto inciso. Fantasia romantica? non lo so ma voglio credere con tutte le mie forze a questa profezia! non sto scherzando! se la vedrò compiersi tornerò al convento (se c’è ancora e con le suorine dentro) per fare una preghiera di ringraziamento con tutti i crismi! Chiuso l’inciso.
In fondo l’essenza dell’essere cristiani non è proprio questa? “riconoscere e accettare di essere poveri… o fragili o fallibili… ma abitati comunque dalla Grazia di Dio”. Questo è quello che mi hanno comunicato suor Elisabetta, Chiara e Francesca con i loro volti luminosi: la consapevolezza dei propri limiti, non ci rende deboli ma più forti, più sereni e forse anche più sani di mente, se guardata con serenità alla luce di Cristo. Egli non abita in noi nonostante i nostri fallimenti, ci ama anche le nostre fragilità e gli aspetti di noi che non ci piacciono, di cui ci vergogniamo o che non piacciono a chi ci circonda.
In quelle due ore che siamo stati a colloquio ho avuto l’impressione che esse riescano davvero a vivere questa dimensione di vicinanza con Dio, forse molto più intensamente di chi sta fuori. Se lo dico è perchè non deve essere facile convivere per anni chiusa in un luogo, con altre donne (quasi sempre le stesse) senza dare di matto! Eppure loro mi sono sembrate lucidissime, molto tranquille e serene.
Qua fuori in un tempo che cambia velocemente fedeli e religiosi forse danno troppa importanza agli orpelli di un’educazione cattolica, che è più moralismo che una vera ricchezza spirituale, e vanno in crisi. Forse sia noi che la comunità cristiana ha bisogno di tornare veramente al Vangelo, all’essenziale scarno, per riconoscersi veramente fratelli e sorelle al di la dei pregiudizi e delle reciproche condanne. Spesso nelle parrocchie ci viene dato proprio il minimo sindacale, il bignami di cosa fare e non fare per essere un buon cattolico.
Ma una vera spiritualità cristiana temo stia da un’altra parte.