Non c’è più né maschio né femmina, né etero né gay (Galati 3:23-29)
Riflessioni bibliche di Mona West, Irene Monroe e David Wynn tratte dal progetto Out in Scripture (Stati Uniti), del gennaio 2007, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Il testo tratto dalla lettera di Paolo alle chiese di Galazia è stato uno dei più utilizzati nelle discussioni sull’inclusività nella vita della Chiesa cristiana. Molti studiosi ritengono che Galati 3:23-29 faccia parte di un rituale battesimale della chiesa primitiva, che Paolo cita. Ci sono diverse interpretazioni di questo rituale.
Per alcuni esso descrive l’eguaglianza raggiunta attraverso la dissoluzione delle divisioni della razza umana, che verrà realizzata nel futuro remoto di Dio; per altri descrive un obiettivo per cui tutti i cristiani battezzati devono operare nel presente.
La promessa dall’uguaglianza radicale in questo passo di Galati è in sintonia con i molti gruppi sociali emarginati a causa dell’etnia, della posizione sociale o dell’identità di genere. Le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender hanno accolto pienamente questo passo, affermando che la dissoluzione del concetto binario di “maschio” e “femmina” conferma l’amore rivolto a tutti, a prescindere dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere. La partecipazione al regno di Dio non si basa su nessuna di queste cose.
Anche se questo passo ha infuso coraggio a molti, per le ragioni sopra esposte, è importante anche leggerlo e interpretarlo secondo l’”ermeneutica del sospetto”, ovvero ponendo domande difficili al testo. L’inclusività radicale non deve sfociare nell’invisibilità radicale.
Come cristiani battezzati che lottano per l’eguaglianza di tutti in risposta all’Evangelo di Gesù Cristo, dobbiamo riconoscere le “identità particolari” di tutti i figli di Dio. Essere battezzati ed entrare nel corpo di Cristo non vuol dire essere un gruppo omogeneo. Nel nostro lavoro per l’eguaglianza dobbiamo vedere il volto di Dio declinato in molte persone e in molti modi.
– In che modo la vostra congregazione incarna la diversità? In che modo il vostro punto d’incontro incoraggia la cultura dell’unità? In che modo coltivate, all’interno della vostra congregazione, l’esperienza dei molti volti, delle molte voci ed esperienze di Dio?
Tutti i salmi di questa settimana – 41 (42), 42 (43), 21 (22):20-29 – hanno a che fare con la questione della vicinanza e della presenza di Dio. I primi due salmi chiedono “Dov’è il tuo Dio?” mentre il Salmo 21 (22):20 chiede “Ma tu, Signore, non stare lontano”. I testi da 1 Re 19:1-4, (5-7), 8-15a e Isaia 65:1-9 rispondono a queste domande nella stessa maniera. Non sempre troviamo Dio in un grande sfoggio di potenza (vedi anche Isaia 64:1-5, del quale 65:1-9 è una risposta). Dio non si mostra nel modo che ci aspettiamo o che pretendiamo, ma è pronto a farsi scovare da chi farà la semplice domanda “Dove sei?” e rimane aperto ai modi in cui Dio risponderà a questa domanda.
Il racconto dell’indemoniato di Gerasa in Luca 8:26-39 conferma che Dio si mostra negli atti di guarigione. La risposta dei concittadini alla guarigione dell’uomo indica che talvolta la presenza trasformatrice di Dio può metterci a disagio. In tutti questi testi siamo invitati a cercare e vivere la presenza di Dio non nella somiglianza ma nella diversità; non nelle grandi dimostrazioni di potenza ma nell’onesta ricerca; non in azioni per noi comode ma in atti di trasformazione.
– Come potrebbe rispondere la vostra congregazione alla domanda “Dov’è Dio?” In che modo la vostra congregazione dichiara le sue esperienze di Dio? Qual è la più radicale esperienza di Dio che la vostra congregazione abbia avuto?
La nostra preghiera
Grande Spirito
fa’ che ti conosciamo come sei realmente
in tutta la tua meraviglia e il tuo mistero.
Vogliamo essere trasformati dalla tua immensità.
Amen
Testo originale: Ordinary Time through Reign of Christ Sunday Year C