Non c’è posto per l’omofobia nella chiesa, in nessuna parte del mondo
Riflessioni del vescovo anglicano Tim Stevens* pubblicate sul sito del The Guardian (Regno Unito) il 29 ottobre 2012. Liberamente tradotte dai volontari del Progetto Gionata.
Nel 1967 fu l’allora arcivescovo di Canterbury, Michael Ramsey, a prendere la parola a Londra alla Camera dei Lord del Parlamento del Regno Unito. Intervenne per sostenere la depenalizzazione dell’omosessualità in Inghilterra e Galles. Con il suo discorso contribuì a segnare un punto fermo nella storia giuridica britannica: a stabilire una netta distinzione tra ciò che appartiene alla sfera morale (le convinzioni etiche e religiose) e ciò che deve invece rientrare nella sfera penale (i reati previsti dalla legge).
Questa distinzione – fondamentale per garantire la libertà delle persone – purtroppo non esiste ancora oggi in molte altre parti del mondo. E il risultato è drammatico: uomini e donne subiscono violenze gravissime e, in alcuni casi, persino la condanna a morte, semplicemente per essere ciò che sono e per amare chi amano.
Molti di noi, nel corso del tempo, hanno incontrato persone che hanno raccontato esperienze personali sconvolgenti. Alcune di loro, pochissime in realtà, sono riuscite a ottenere asilo politico nel Regno Unito, proprio perché perseguitate nei loro Paesi d’origine a causa del loro orientamento sessuale.
Altri, in questo stesso dibattito, hanno già ricordato come il diritto internazionale abbia più volte stabilito che le leggi che criminalizzano le relazioni tra adulti consenzienti dello stesso sesso violano i diritti umani fondamentali. Questo dibattito, quindi, mette in luce anche il modo in cui la criminalizzazione alimenta la persecuzione.
Vorrei però concentrarmi su un punto specifico: l’ingerenza discriminatoria nella vita privata di adulti consenzienti è un affronto diretto ai valori cristiani fondamentali – dignità umana, tolleranza, uguaglianza.
Non è un segreto che le chiese – e noi vescovi anglicani in particolare – siamo profondamente divisi sull’etica delle relazioni omosessuali. Ma questa divisione non può e non deve diventare una scusa per vacillare sulla questione centrale: la piena uguaglianza davanti alla legge di ogni essere umano, sia esso eterosessuale o omosessuale.
Noi vescovi inglesi teniamo molto ai legami con le diocesi di tutto il mondo anglicano. Rispettiamo le diverse sensibilità teologiche, anche quando sono molto divise. Ma, come chiarì la Conferenza di Lambeth del 1998, non c’è posto – e non ci potrà mai essere – per l’omofobia nella chiesa. Tutti devono essere accolti, indipendentemente dal loro orientamento sessuale.
Poche voci sono state tanto chiare quanto quella dell’arcivescovo Desmond Tutu, che nel 2010, davanti alle Nazioni Unite, ebbe il coraggio di dire:
“In tutto il mondo, le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender sono perseguitate. Subiscono violenze, torture e sanzioni penali per come vivono e per chi amano. Le facciamo dubitare di essere anch’esse figlie di Dio – e questo dev’essere quasi la bestemmia suprema.”
Anche altre denominazioni cristiane occidentali si sono espresse con forza. I Quaccheri, ad esempio, hanno dichiarato:
“Affermiamo l’amore di Dio per tutte le persone, qualunque sia il loro orientamento sessuale, e la nostra convinzione che la sessualità sia parte integrante degli esseri umani così come sono stati creati da Dio. Rifiutare qualcuno a causa del suo comportamento sessuale significa negare la creazione stessa di Dio.”
Sempre più persone in tutto il mondo chiedono alle chiese di parlare chiaro e senza equivoci, affermando che la criminalizzazione è sbagliata. Voglio farlo anch’io, con la massima chiarezza:
- se la criminalizzazione costringe le persone LGBT a nascondere la propria identità, è sbagliato;
- se le condanna a vivere nella paura, è sbagliato;
- se apre la strada a persecuzioni, arresti, detenzioni e persino alla morte, è sbagliato;
- se impedisce a una persona LGBT di rivolgersi allo Stato quando subisce un crimine d’odio, è sbagliato.
Nella vita adulta di molti di noi qui presenti la legge è cambiata, in Gran Bretagna, con la depenalizzazione degli atti omosessuali. Per i nostri figli, quell’epoca appartiene ormai al passato remoto, tanto distante da sembrare l’equivalente moderno della caccia alle streghe.
Ma non possiamo fermarci alla memoria delle nostre conquiste. È urgente proseguire questo cammino, per creare un nuovo clima culturale e giuridico in quei Paesi dove le relazioni tra persone dello stesso sesso sono ancora oggi un reato.
La storia ci ha già dato ragione. Ora sta a noi fare in modo che la giustizia e la dignità diventino davvero universali.
*Tim Stevens (nato nel 1946) è stato vescovo anglicano di Leicester dal 1999 al 2015. Come membro della Camera dei Lord del Parlamento britannico, ha ricoperto il ruolo di “Convenor of the Lords Spiritual”, cioè coordinatore dei vescovi presenti in Parlamento. In questo intervento è una versione rivista di lui discorso pronunciato alla Camera dei Lord del Parlamento britannico durante un dibattito sull’omosessualità nei Paesi in via di sviluppo., in cui ha richiamato la tradizione della Chiesa d’Inghilterra nel difendere la dignità e l’uguaglianza di tutte le persone, ricordando che non può esserci spazio per l’omofobia nella chiesa, né nella società.
Testo originale: There is no place for homophobia in the church, anywhere in the world

