Non possiamo scegliere. La nostra vita di persone trans e cattoliche
Articolo di Eloise Blondiau* pubblicato sul sito Vox (Stati Uniti) l’11 marzo 2019, seconda parte, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
La mancanza di linee guida cogenti sulle persone trans lascia spazio a molte interpretazioni. La settantaquattrenne Colleen Fay, cresciuta in una famiglia cattolica, ha smesso di nascondersi all’età di 63 anni. Nel 2007 si è rivelata al suo parroco e al direttore musicale della sua parrocchia di Washington; poco tempo dopo il direttore musicale l’ha rimossa dalla sua posizione nel coro: “Non sanno cosa fare con noi. Non ci sono direttive. Non ci sono punti dottrinali, e così buttano il bambino con l’acqua sporca e a posto così, questo è il loro atteggiamento”. Il direttore musicale non ha potuto essere contattato per un commento.
Dopo questo episodio Colleen si è trasferita a Mount Rainier, nel Maryland, e ha cambiato parrocchia. Durante i primi tre anni di frequentazione ha provato tre volte a farsi registrare ufficialmente come parrocchiana, ma senza nessun risultato. Ogni volta che andava nell’ufficio della parrocchia per vedere se fosse stata registrata, gli veniva detto che non figurava nei documenti. Colleen pensa di non essere mai stata registrata perché trans, e ha maturato la sensazione che la Chiesa le stia chiedendo di scegliere: o essere transgender, o essere cattolica. “È una scelta impossibile. È come se dicessero di scegliere tra il braccio destro e quello sinistro, perché non posso avere entrambi” dice tra le lacrime.
La sessantaquattrenne di Boston Rachel Burkhardt, esperta di musica liturgica, invece, non è mai stata posta di fronte a questa alternativa. Quando ha detto al direttore musicale della sua parrocchia, Richard Clark, di essere transgender, questi in tutta tranquillità ha preso la musica che Rachel aveva composto e l’ha ristampata con il suo nuovo nome, buttando via le vecchie copie. Il parroco di Santa Cecilia, la sua parrocchia, ha sostenuto molto lei e sua moglie. Rachel da molti decenni è sposata nella Chiesa Cattolica con sua moglie, da molto prima della transizione; se si fossero incontrati dopo, non avrebbero potuto avere un matrimonio cattolico.
Padre John Unni della parrocchia di Santa Cecilia si ispira alla “cultura dell’incontro” diffusa da papa Francesco, la quale chiede ai cattolici di essere impegnati nell’ascolto delle persone emarginate, compresa la comunità LGBTQ. Secondo padre Unni, per un sacerdote è importante “non emettere giudizi affrettati” e pensare “Be’ cavoli, forse posso imparare qualcosa dalle lotte degli altri. È una cosa che ti allarga il cuore”. Padre Unni non ha mai ricevuto rimproveri dal vescovo per aver accolto nella sua parrocchia le persone LGBTQ: “Non stiamo facendo nulla di antitetico al messaggio evangelico. Gesù era disponibile con gli emarginati e accoglieva chiunque volesse ascoltarlo”.
“La mia vocazione non mi permette di mollare”. Rachel Burkhardt, come molte altre persone cattoliche con cui ho parlato, dice che sarebbe più facile per lei aderire alla Chiesa Episcopale, una denominazione cristiana più inclusiva verso le persone LGBTQ, ma come tutti, dice anche che Dio vuole che resti cattolica. Manca una dottrina precisa sulle persone transgender, e il trattamento a loro riservato varia da parrocchia a parrocchia. Le persone come Thomas sono abbandonate indefinitamente in un limbo, per quanto siano impegnate nella Chiesa.
I vari direttori spirituali che Thomas ha avuto nel corso degli anni (tutti sapevano che è transgender, e alcuni avevano il compito di valutare i candidati al sacerdozio) hanno approvato in privato il suo desiderio di essere un religioso: “È chiaro che hai la vocazione. Devi essere un religioso. È quello che sei” uno di essi gli ha detto, ma diversi responsabili vocazionali e vescovi non hanno voluto incontrarlo perché transgender. Ma Thomas non perde la speranza: “La mia vocazione non mi permette di mollare. Forse tutto questo lottare potrà aiutare qualcun altro, semplificargli la vita”.
* Eloise Blondiau è produttrice per l’editore gesuita America Media e si è laureata in teologia alla Harvard Divinity School.
Testo originale: The Catholic Church is still silent on gender identity issues. It’s left trans Catholics in limbo.