Non sono un “abominio”, sono solo un gay cristiano
Testimonianza di Jay Harrison* pubblicata sul sito Living (Gran Bretagna), liberamente tradotta da Arianna Picchio
Avevo 17 anni, e niente fino ad ora nella mia vita mi aveva scioccato così tanto come questa lenta e graduale consapevolezza: ero gay. Mi erano sempre piaciuti i ragazzi, ma non avevo mai saputo che esistessero una parola o una categoria per le mie specifiche esperienze.
Sono cresciuto in un ambiente cristiano, dove le persone gay venivano private dell’umanità e chiamate “zombi”. I cristiani mi hanno inculcato l’idea che fosse impossibile lottare con l’omosessualità e allo stesso tempo amare Cristo.
Mi è stato insegnato a temere le persone che non erano eterosessuali, e quindi il mio senso di autostima è crollato quando ho compreso che il ritratto dell’omosessualità che avevano dipinto era in realtà lo specchio in cui mi stavo guardando.
Mi sentivo così disgustato da me stesso, così isolato dalle altre persone, così solo nella mia battaglia, e così colpevole di fronte a Dio, più colpevole di chiunque altro. Se i cristiani affermano che desiderare il mio stesso sesso è il peggior peccato del mondo, perché non dovrei semplicemente cavarmi gli occhi e accecarmi? Non finirebbe il desiderio? Ho pensato: Dio non ha forse obbligato tutti i suoi figli sulla sua buona terra a essere etero per essere amati? Mi svegliavo ogni mattina in difficoltà; sembrava che farla finita con l’omosessualità e andare in paradiso sarebbe stato molto più facile.
Poi ho incontrato altri gay cristiani. Per la prima volta nella mia vita ho visto che non ero solo. Continuavo ad ascoltare le loro storie più e più volte. Storie di persone proprio come me, che erano attratte dallo stesso sesso. Ma qualcosa era diverso in queste persone: sapevano che Cristo li amava senza condizioni.
Mi sono reso conto che non avevo qualche tipo di malattia rara; ero solamente umano. Non dovevo provare ad essere etero per seguire la volontà di Dio nella mia vita. Sapevo che la mia sessualità diceva molto di me, ma ho scoperto che non mi definiva. Da cristiano, ciò che mi definiva era Gesù, che mi guardava con amore.
Ho capito che era con l’amore che Dio poteva dire no alle relazioni con persone dello stesso sesso, e sono arrivato a capire che le sue intenzioni erano il meglio per me. Ho anche compreso che Dio ha detto si ad una vita piena di gioia e profonde amicizie. L’obbedienza all’etica sessuale di Dio non si limita a dire no ai piaceri che mi tentano, ma dice si ad una relazioni più intima con Dio, che include umile sottomissione e totale vulnerabilità di fronte a lui.
Essendo cresciuto in una famiglia dove l’essere single era visto come una cosa brutta, non avevo mai capito quanto il celibato potesse essere bello. Le storie raccontate dagli altri gay cristiani hanno mostrato al mio cuore impaurito che non sarei stato più solo per il resto della mia vita, e che la comunità di fede è una famiglia che sa amarmi come un figlio di Dio. Attraverso le lezioni che ho imparato, ho acquisito sicurezza nella mia identità in Cristo, e da allora sono cresciuto nella sincerità con i miei amici cristiani.
Ho 20 anni, sono single, e provo tanta gioia dalla mia comunità cristiana, piena di persone che amano veramente me, le mie lotte e tutto il resto. Ho scoperto che la “mia” realtà è che non sono perfetto e giusto: sono un peccatore. Ma ho anche scoperto che non sono disgustoso e orribile. Io sono redento. Sono coperto dalla giustizia di Cristo, ed è lì che posso trovare la vera sicurezza.
* Jay Harrison è attualmente uno studente universitario.
Testo originale: I am not disgusting. I am not alone. I am redeemed