Norbert Reck. Un teologo cattolico gay
Una chiacchierata di Silvia Lanzi con il teologo tedesco Norbert Reck
Norbert Reck è un teologo ben noto ai lettori di Gionata, che gli ha dedicato parecchi articoli. È un teologo assolutamente “non convenzionale” e, leggendo l’intervista che mi ha concesso, capirete perché.
Ciò che mi ha colpito è che, accettando di buon grado di rispondere alle mie domande, mi abbia scritto di essere un teologo cattolico, gay e “indipendente”. Data la mia curiosità ho voluto approfondire.
Lei si è autodedefinito un “teologo gay”. Come può un teologo lavorare fuori dalla Chiesa? Oppure, per lei “Chiesa” significa solo “gerarchia”?
Come può un teologo lavorare senza la Chiesa? Potrei anche fare la domanda inversa: come può un teologo lavorare nella Chiesa? Ho sentito da molti colleghi che ricoprono posizioni nelle istituzioni ecclesiastiche o nelle facoltà cattoliche che trovano crescenti difficoltà a parlare apertamente delle loro ideeo a pubblicare i loro lavori accademici, in pratica: a dire la verità.
Chiedetelo a Jon Sobrino, Elizabeth A. Johnson, Roger Haight o a Ivone Gebara: non appena si toccano dei punti critici, si hanno dei problemi con il proprio vescovo, o con la Congregazione della Fede a Roma. Così tanti brillanti teologi oggi devono fare i conti con la possibilità di perdere il lavoro, essere censurati o ricattati.
Certamente molti di questi fanno comunque un lavoro eccellente, e li ammiro per la loro energia e i loro nervi saldi. Ma, di tanto in tanto, un teologo “allineato” mi dice: “Non posso scrivere su questo argomento – forse potresti farlo tu?”
Così ovviamente c’è bisogno di teologi “non allineati”, non solo per quel che riguarda gli argomenti inerenti a gay e lesbiche. E ovviamente, la teologia, non è mai stata prettamente un affare della Chiesa.
Ci sono molti ottimi teologi ebrei i cui lavori hanno avuto importanza per comprendere il primo cristianesimo, e ovviamente lavorano molto bene senza la Chiesa! E non bisogna dimenticarsi la teologia biblica! Dipendiamo tutti dalla teologia biblica, ma non uno degli autori biblici era membro della Chiesa – nemmeno l’apostolo Paolo – semplicemente perché, a quel tempo, la Chiesa non esisteva.
Quindi non sono pro o contro la Chiesa cattolica: lotto per la libertà mentale che è necessaria a noi tutti. Alla fine non sarà la Chiesa che giudicherà le nostre vite – sarà Dio. O, come Gesù stesso ha detto: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”. (Mt 7,21)
Penso che ciò che fà sia estremamente importante. Crede che il suo lavoro, insieme a quello di altri come lei (forse anche al mio) potrà cambiare il punto di vista sull’omosessualità?
Un paio d’anni fa Shimon Peres, il presidente israeliano, venne intervistato in merito alla situazione nel Medio Oriente. Sembrava che l’intervistatore avesse la convinzione che il nucleo del problema stesse nella natura violenta degli esseri umani. E se gli esseri umani fossero violenti per loro stessa natura, non ci sarebbe alcuna speranza di pace.
Così chiese a Peres: “Gli esseri umani cambieranno?” e Peres rispose: “Gli esseri umani non cambiano. Ma cambia il loro modo di pensare.”
Questo è il punto fondamentale, questa è la mia speranza. Siamo stati tutti testimoni di questo cambiamento del pensiero. Rispetto a molti argomenti oggi la pensiamo diversamente di vent’anni fa.
I cambiamenti sono possibili. E non è un grande movimento sociale o una grande campagna che causa questi cambiamenti. È l’interazione di molti articoli, buoni libri, conferenze, dibattiti e così via.
Sono uno scrittore. Credo nel potere delle parole, della ragione. Voglio far parte di questi sforzi per il cambiamento. E questo è il motivo per cui sostengo il progetto Gionata: perché contiene elementi di un pensiero nuovo, disponibile per tutti quanti usano il computer.
Credo che queste informazioni siano più importanti di petizioni o dimostrazioni. Le dimostrazioni a volte possono essere necessarie, ma un pensiero chiaro e positivo alla lunga può essere molto più potente e utile.
Gay e lesbiche hanno visto parecchi cambiamenti negli ultimi vent’anni. Più di tutto sono diventati più visibili in società. È importante. Ma la maggior parte della gente, in occidente, pensa ancora che lesbiche e gay siano “omosessuali” – il che suggerisce che siano un gruppo di persone geneticamente o ormonalmente devianti, un “tipo” diverso di essere umani.
Questa idea ha origine nei discorsi razzisti e biologisti del XIX secolo (Leggasi “Desideri pericolosi” in Concilium 1/2008 e “Da Sodoma alla sodomia all’omosessualità“), e penso sia molto pericolosa, a due livelli: sociale e personale. Per una società, che permettere che un gruppo di cittadini venga definito “diverso” o “altro”– a causa della razza, della classe, del sesso o delle preferenze sessuali – apre le porte all’emarginazione e alle sclusione.
In tempi liberali e prosperi, non sembra molto importante essere “inquadrati” dallo stato o dai media, ma, quando c’è crisi queste categorie serviranno come strumento per canalizzare l’aggressività delle persone contro le minoranze, e il cosiddetto “progresso” di ieri sarà dimenticato.
Ad un livello personale: costruire la propria identità sull’essere geneticamente differenti può portare dall’essere una persona autodeterminata all’essere vittima die propri ormoni.
La differenza è importante. Se si crede che questo sia qualcosa di nel profondo e che rende libidinoso nei riguardi delle persone del proprio sesso, allora si è una specie di fenomeno da baraccone che può chiedere solo pietà e comprensione.
Ciò allontanerà dal cercare qualsiasi forma di emancipazione (oltre tutto, questa è proprio una malsana idea del XIX secolo). Invece, se si crede di preferire persone dello stesso sesso solo a causa del proprio gusto personale, dato dall’esperienza, allora tale preferenza non è qualcosa di alieno dentro, ma è ognuno di noi come persona a volerlo (e questo è in accordo con la moderna psicanalisi che vede le origini delle preferenze sessuali nelle esperienze della prima infanzia).
Ma, in questo caso, è necessario rendersi consapevoli die propri desideri e combattere per i propri diritti. Non si potrà più dire “Sono dispiaciuto, non posso farne a meno, per piacere sopportate me e la mia colpa”. Si potrà dire solo: “Cavolo, si tratta di un mio dannato diritto! Accettatelo o andate al diavolo!”. Solo quest’attitudine sarà l’inizio della propria emancipazione.
Credo che sarà un importante compito per il futuro lavorare per aggiornare le idee da quelle del XIX secolo a quelle del XXI. Non è tanto una questione di propaganda, quanto di cambiare, rinnovandolo, l’immaginario della gente. Sarò parte di questi sforzi. Questo mi da la speranza che specialmente i giovani omosessuali (gay e lesbiche) stiano diventando sempre più allergici alla categoria dell’”omosessualità”.
Come lei sa, papa Benedetto XVI è tedesco ed è estremamente conservatore. Secondo lui gli omosessuali non sarebbero buoni preti. Cosa ne pensa?
Benedetto non capisce molto della sessualità umana. E non capisce molto nemmeno di Dio. La sua teologia mostra un’ampiezza estremamente ridotta. Non vale la pena perder tempo con le sue idee. È meglio impiegare il tempo imparando ad amare le altre persone (che a volte è già abbastanza complicato).
Lei è molto conosciuto come teologo, collabora a Concilium, fa interventi e tiene conferenze. Ma la sua azione si estrinseca in un ambito piuttosto limitato. Cosa pensa che possa fare il gay-della-porta-accanto per cambiare il cliché dell’omosessualità?
La prima cosa da fare è partire da se stessi. Imparare a sentirsi bene con se stessi. Imparare a dirsi: “Io sono così. E va bene. Rispettatemi.” Questo modo di fare cambierà il mondo più delle lamentele vittimistiche che ho trovato in certi gruppi di gay credenti: “Per piacere cercate di capirci, non è colpa nostra, sono i nostri geni.”
Ma, come si può andare da A a B? non ho nessuna formula magica; i gruppi di auto-aiuto possono essere d’aiuto a molti, la psicoterapia può anche essere utili se ci si sente sporchi o colpevoli. Per me, un grosso aiuto è stata la meditazione quotidiana. Un giorno, mentre stavo meditando, ho scoperto di aver sempre associato una buona vita cristiana con l’astinenza sessuale o con l’autocontrollo. Così ho iniziato a meditare sul quel dono di Dio che è la sessualità. E ho imparato che Dio non è un sadico.
Dio non ha creato il sesso per tormentare le persone. La sessualità è un dono di gioia di Dio. È un modo per comunicare con le altre persone e un modo per condividere l’amore.
Esiste per essere usato, non per essere rifiutato. Quando si prega o si medita su questo aspetto, ciò cambia la posizione di ognuno nel mondo. E alla fine cambierà il cliché della gente sugli “omosessuali”.
Recentemente, come lei certamente saprà, il cardinale Rainer Maria Woelki, arcivescovo di Berlino ha detto “Credo che noi dovremmo essere d’accordo e di fatto siamo d’accordo che nel giudizio su una tale relazione (quella omosessuale) o un tale rapporto c’è una grande differenza di giudizio quando le persone si assumono la responsabilità l’uno per l’altro, quando vivono e si relazionano in un rapporto omosessuale durevole, come similmente avviene in un rapporto eterosessuale” Pensa che queste parole possano avere eco nella “Chiesa della gerarchia”?
Per me, questa questione è fin troppo ossessiva, per le autorità. Può essere seducente per misurare il proprio grado di libertà rispetto alla dottrina ufficiale della Chiesa. È pericoloso perché si potrebbe finire col pensare molto di più a persone come Woelki o Ratzinger invece di pensare a Dio. La vita è troppo breve per farlo.
Jacques Gaillot, l’ex vescovo di Évreux e adesso vescovo di Partenia, ha detto ad un convegno un paio di anni fa che come cristiani noi dovremmo mettere la nostra energia nella vita, secondo ciò che dice il Vangelo e non nella riforma della Chiesa. Non ne vale la pena.
La fissazione con le autorità della Chiesa – Cosa fanno? Cosa dicono? – può solamente rubare quel tempo di cui abbiamo bisogno per il nostro sviluppo spirituale, per la nostra comunione con l’umanità.
Se si sente che è importante se la Chiesa dice sì o no alla propria vita omosessuale, allora si è ancora nella posizione di un bambino che chieda l’approvazione di una qualche autorità. Crescere significa liberarsi dai giudizi dei genitori (o delle autorità parentali).
Come adulti, si deve decidere per se stessi. Ognuno deve attraversare questo conflitto almeno una volta nella sua vita. Fino a che si spera in un riconoscimento ecclesiastico della propria sessualità, non si è in pace con se stessi. Certamente si può diventare dei “critici della Chiesa” e sentirsi molto “critici” commentando Woelki o Bertone o qualcun altro, ma sarebbe invece meglio lavorare sui propri conflitti interiori.
La Germania è un Paese a maggioranza protestante, e il protestantesimo ha aperto le porte a gay e lesbiche. Pensa che questa vicinanza con la Chiesa cattolica possa aiutare ad ampliare le vedute di qualche personaggio importante?
Di nuovo: quale è la mente importante? Per Dio, conta solo ciò che TU credi, non ciò che crede il tuo vescovo. Perché è così importante ciò che accade con la Chiesa? La Chiesa cambierà oppure no. Nel frattempo TU devi vivere la tua vita.
In Germania, ci sono il 29,3% di protestanti e il 29,2% di cattolici (e, comunque, il 37,2% senza una specifica affiliazione politica). L’attitudine più liberale della maggior parte delle chiese protestanti nei riguardi di gaye lesbiche ha avuto l’interessante effetto che i rappresentanti della Chiesa cattolica a volte dicono: “Se credete che la posizione protestante sia migliore, allora dovreste diventare protestanti. Noi non cambieremo. Rimaniamo cattolici”. Così questo conferma piuttosto la posizione cattolica.
Certamente, mi piacerebbe vedere un comportamento molto più illuminato nella Chiesa cattolica. Ma c’è qualcos’altro di molto più importante per me: aiutare la gente a diventare più indipendente dal giudizio della Chiesa. Per me, questo dovrebbe essere il compito dei gruppi omosessuali credenti. Sono molto preoccupato circa ciò che comunichiamo ai giovani gay e alle giovani lesbiche durante la loro pubertà.
Sembra che le attività di molti gruppi di gay e lesbiche mostrino che è molto importante che la Chiesa approvi il fatto di essere gay o lesbica. Se no, le nostre vite non sembrerebbero degne di essere vissute. È davvero questo il messaggio che vogliamo comunicare alla gioventù? Mentre il numero di giovani omosessuali che si suicida è incredibilmente alto? No.
Il nostro messaggio può essere solo no.
Non è affatto importante quel che ne pensano certi fanatici uomini di Chiesa. Sono pieni di risentimento. Non hanno alcuna idea di cosa significhi essere cristiani.
Essere cristiani è un modo meraviglioso di vivere in questo mondo, con amore ed empatia, con i nostri corpi, le nostre menti, le nostre mani e le nostre labbra.
Essere gay o lesbiche o eterosessuali sono solo modi diversi di portare l’amore di Dio agli altri. Dio vuole che ognuno si senta bene con se stesso e Dio ha bisogno di noi proprio nel modo in cui siamo, per portare l’amore al mondo.
Sono rimasta sbalordita dalle sue risposte. Non mi sarei mai aspettata una tale libertà di pensiero. Troppa? Non lo so. Alcuni aspetti culturali e antropologici (come la sua idea che l’omosessualità in quanto tale non esista) meriterebbero un serio approfondimento; certi giudizi sono (forse) fin troppo caustici.
Sicuramente, se anche non c’è perfetta identità di vedute, c’è comunque molto su cui meditare e determinate questioni sono poste in una luce decisamente nuova, insolita e positiva.