Omofobia a scuola: la difficile lotta contro i pregiudizi
Articolo pubblicato sul sito del settimanale cattolico La Croix (Francia) l’8 marzo 2014, liberamente tradotta da Marco Galvagno
“Vecchio frocio”, “sporco gay”… Tra l’imbarazzo e la provocazione, gli studenti applaudono quando l’Mila Louis, gay e membro di un’organizzazione anti-omofobia per la prima volta in classe e ha aperto la discussione parlando del peso delle parole.
“Ma quando dico frocio non è omofobia”, assicura Alexandre, uno studente di una scuola di Parigi, che finge di non capire, scherzando sull’idea di parlare con una checca.
Senza protestare di fronte agli scherzi cattivi e pieni di battute omofobe dei venti adolescenti presenti, il volontario dell’associazione Contact li interrompe ogni tanto per fare domande sui loro pregiudizi, poi li incoraggia a proseguire senza avere peli sulla lingua.
“Una coppia è formata da un uomo e una donna, Romeo e Giulietta, non lo sai?” gli dice con tono arrogante Samia in jeans e scarpe da ginnastica sotto un vestito lungo. “I gay sono malati nel cervello”. Da 5 anni in cui va nelle scuole medie e nei licei a parlare Louis dice d’aver visto dei passi indietro nella mentalità dei giovani. “I ragazzi sono pieni di pregiudizi spesso legati alla loro origine etnica o appartenenza religiosa, ma anche se molti non capiscono il mio messaggio vale la pena tentare”.
Davanti agli alunni spiega che essere gay non è una malattia, ne una scelta, “è come essere nati mancini”. “Beh allora basta allenarsi, è come a calcio se ci si allena a tirare con il piede sinistro lo si impara ad usare come il destro”, replica rapidamente Mohamed.
Sostiene l’infermiera della scuola che “i giovani hanno bisogno di questi dibattiti per rendersi conto che, in realtà, le cose non sono così semplici, e la loro visione della società è estremamente stereotipata”,
“Non dovete esistere”. “E se uno dei vostri amici vi dicesse che è gay?”. “Gli direi vattene” afferma duramente Armand. “Sarebbe duro da accettare, perché avrei avuto l’impressione di non conoscerlo bene fino ad allora, ma non potrei certo cacciarlo via”, dice Melina.
In disparte su una sedia imbacuccata nel suo cappotto Mathilde ascolta il dibattito. A 16 anni ha appena vissuto le sue prime esperienze lesbiche ed ha dovuto fare i conti con i commenti omofobi e le prese in giro e pressioni dei compagni. Mi hanno detto che non dovrei esistere dice ai responsabili dell’associazione dopo l’intervento. Per porre fine ai pettegolezzi e alle pressioni dei compagni, ha deciso di mentire e si è inventata una vita etero, come gli altri e lo fa credere anche su facebook.”Quando ho messo nel mio profilo che ho avuto un fidanzato, le persone nella mia classe sono tornate da me”.
Secondo il Mag (Movimento di aiuto e sostegno ai giovani gay e lesbiche) l’ottanta per cento degli allievi, che hanno partecipato alle attività di sensibilizzazione hanno capito la differenza tra identità di genere e orientamento sessuale. “Ma dopo le polemiche sugli studi di genere (gender studies), alimentate dall’estrema destra abbiamo ricevuto molti rifiuti”, si lamenta lamenta Marine Souffrin responsabile educazione dell’associazione.
Accusarti di voler spingere i giovani a diventare gay, le associazioni LGBT sono diventate il bersaglio dei movimenti di estrema destra che si oppongono alle azioni di lotta contro i pregiudizi e agli stereotipi sul ruolo maschile e femminile. Afferma Marine Souffrin: “I presidi, che devono sottostare anche alle pressioni dei genitori, non vogliono avere problemi, ma noi non ci arrendiamo”.
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Testo originale: Homophobie: la difficile lutte contre les préjugés à l’école