Omosessuali in Paradiso. Percorsi danteschi tra letteratura e teologia: il Purgatorio
Testo di Fr. Luca Minuto, OFMCap, parte seconda
Fino a qui più o meno cose già sentite, dal momento in cui (nella Divina Commedia) il canto di Brunetto Latini è uno dei più studiati nelle scuole. Generalmente meno conosciuta della prima, la seconda cantica si presenta più ostica, anche a motivo dei costanti richiami alla poesia.
Siamo nel canto XXVI, sulla montagna del Purgatorio, alla settima cornice dove vengono scontati i peccati di lussuria. Ora, dal momento che le anime salgono da una cornice all’altra (contrariamente all’Inferno dove resteranno per sempre dove sono punite) via via che si purificano, possiamo dire che ci troviamo all’ultimo passo prima di entrare in Paradiso.
La regione di questa disposizione è esposta nel canto XVII, quando Virgilio spiega che nelle ultime tre cornici è punito l’eccesso di amore. La lussuria è appunto eccesso di amore e per questo avvicina maggiormente Dio, che è amore (cfr. 1Gv 4,7)
Le anime dei lussuriosi sono divise in due schiere che girano in senso opposto dentro alle fiamme. Quando le due schiere si incontrano si scambiano un bacio sulla bocca, come era allora il gesto di pace che si usava scambiare durante la Messa.
Una di queste anime, il noto poeta francese Arnaut Daniel spiega a Dante che
La gente che non viene con noi offese
di ciò per che già Cesare triunfando
regina contro sé chiamar s’intese (vv 76-78)
cioè: quelli che non vengono con noi commise quel peccato per il quale Cesare, durante il trionfo, si sentì chiamare Regina.
Per capire questa terzina dobbiamo far riferimento alla cerimonia romana del trionfo, cioè una parata militare, durante la quale i soldati si sentivano liberi di schernire il loro comandante. Già lo storico romano Svetonio ci informa che durante il trionfo di Cesare i soldati alludevano alla sua omosessualità.
Però si parton “Sodoma” gridando
rimproverando a sé, com’hai udito
e aiutano l’arsura vergognando (vv 79-81)
cioè: perciò essi vanno gridando Sodoma e rimproverandosi, come hai sentito prima, e con la vergogna aiutano la fiamma che arde.
Arrivando alla cornice Dante aveva infatti sentito quelle anime gridare “Sodoma”, il nome della città biblica distrutta da Dio motivo dei desideri omosessuali dei suoi abitanti (si tratta dell’episodio narrato nel libro della Genesi al capitolo 19. Diversi studiosi non concordano sul fatto che sia solo l’omosessualità ad essere punita, ma non ce ne occuperemo in questa sede).
La vergogna per il peccato commesso aiuta la purificazione. Molto probabilmente Dante rieccheggia l’idea di San Tommaso d’Aquino (o di qualcuno vicino a lui), il quale, a proposito del Sacramento della Confessione, dice che la penitenza consiste già nel rossore di confessare il peccato (idea che passerà nella pratica sacramentale, ma questa è un’altra storia).
Del peccato sodomita tuttavia si tace, la condanna vera e propria viene espressa quando Arnaut Daniel parla della propria schiera, quella del “peccato ermafrodito”:
ma perché non servammo umana legge
seguendo come bestie l’appetito
in obbrobrio di noi, per noi si legge
quando partinci il nome di colei
che s’imbestiò ne le ‘mbestiate schegge (vv 83-86)
cioè: poiché non abbiamo osservato la legge umana, ma come bestie abbiamo seguito l’stinto, a nostra vergogna si grida il nome di colei che divenne bestia nella vacca di legno.
Per capire l’ultima espressione bisogna rileggere la mitologia greca. Pasifae, la bella figlia del re cretese Minosse, a causa di un incantesimo divino, desiderava unirsi carnalmente a un toro. Si fece pertanto costruire una vacca di legno (“le ‘mbestiate schegge”), dentro alla quale si nascose per avere un rapporto sessuale con il toro. Dall’infelice connubio nacque il Minotauro, la mostruosa figura metà toro e metà uomo che Teseo uccise nel Labirinto. Ma questa è un’altra storia.
Il peccato scontato nella settima cornice è quello di rendersi simile alle bestie, seguendo l’istinto invece della ragione. Questo peccato è simile a quello di Paolo e Francesca (Inferno, canto V), ma a differenza di quello, si è aperto alla buona notizia del Vangelo. A questo punto varrebbe la pena chiedersi in che modo una coppia, qualunque essa sia può passare dall’egoismo del cercare il proprio piacere al dono della vita, sul quale si basa la promessa di eternità del Cristo risorto.
In conclusione osserviamo che, nel Purgatorio, eterosessuali (ermafroditi) e omosessuali vengono messi sullo stesso piano e sono destinati alla stessa beatitudine; difatti, all’inizio del canto Dante li chiama così:
O anime sicure
d’aver, quando che sia, di pace stato (vv.53-54)
cioè: o anime sicure di avere presto o tardi lo stato di pace, ossia il Paradiso.
Dimenticavo: Cesare si trova nel Limbo, nel castello degli Spiriti Magni, tra quelle anime dei giusti che non furono ammesse in Paradiso per on aver creduto in Cristo e inoltre viene ricordato, nel canto XVIII del Purgatorio, come esempio positivo di sollecitudine. Non è collocato tra i peccatori, nonostante l’accusa (di omosessualità) risaputa e propagata dagli storici.
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