Omosessualità e genitorialità. Una realtà tutt’altro che irrilevante
Testo di Alessandra Bialetti*, pedagogista sociale e Consulente della coppia e della famiglia di Roma, tratto dalla sua tesi di Baccalaureato su “Genitori sempre. Omosessualità e genitorialità”, Pontificia Università Salesiana, Facoltà Scienze dell’educazione e della formazione salesiana – Facoltà di Scienze dell’Educazione, Corso di Pedagogia Sociale, Roma, anno accademico 2012-2013.
Lavorare sulla tematica “Omosessualità e genitorialità” ha prodotto in me molte riflessioni sia a carattere generale, permettendo di approfondirne la conoscenza, sia a carattere personale lasciandosi interpellare da una realtà tutt’altro che irrilevante e che chiama in causa il cammino di crescita di singoli e famiglie.
La vita familiare è molto complessa sia per le dinamiche che comporta sia per i vissuti emotivi di cui è portatrice. Ancora di più si possono vivere momenti di crisi quando si manifestano condizioni tali da destabilizzare equilibri raggiunti con un percorso di anni e tali da turbare le relazioni interpersonali. Ciò che si è voluto sottolineare, e che si tiene a ribadire, è che ogni crisi può essere vissuta come un’occasione per rivedere le proprie posizioni, rimettere in discussione schemi non funzionali alla crescita armonica dell’intero nucleo familiare e trovare nuove strategie di coping davanti alle difficoltà.
La crisi può diventare opportunità di crescita. E’ in quest’ottica che si è voluto trattare l’argomento individuando nella famiglia la risorsa vincente per ridisegnare rapporti e instaurare quel clima di accoglienza in cui la persona possa compiere serenamente il suo processo evolutivo. La portata pedagogica del lavoro è rappresentata dall’evidenziare nella famiglia quelle ricchezze e peculiarità che la rendono protagonista della crescita dei figli e dei vari componenti del nucleo, ognuno ingaggiato nei propri compiti evolutivi sia come singoli che come gruppo.
Il focus del lavoro si è incentrato sulla realtà omosessuale, ormai fenomeno sociale di vasta portata, che coinvolge singoli, coppie, famiglie, istituzioni e ogni referente sociale che possa porsi come valido interlocutore nel permettere una sana crescita e un giusto riconoscimento e inserimento nel tessuto sociale. L’omosessualità entra come tematica sia nel pubblico che nell’ambito familiare, e stimola a ripensare le proprie posizioni, valutare la portata dei pregiudizi personali e interrogarsi sulle nuove modalità relazionali che scaturiscono dal confrontarsi con il tema della “diversità” per poterla vivere come ricchezza e non come discriminazione.
L’insieme delle ricerche e degli studi presi in considerazione suggerisce che la salute della persona omosessuale è correlata sia ad aspetti comuni a tutti, indipendentemente dall’orientamento sessuale, sia a determinanti sociali quali la discriminazione o il riconoscimento e l’accoglienza. Sul fronte sociale senz’altro la famiglia, come primo nucleo della società, ricopre un posto rilevante e irrinunciabile. La capacità di far fronte a compiti di sviluppo inusuali e inaspettati, soprattutto in un momento delicato quale quello della formazione identitaria nell’adolescenza, può essere ostacolata o facilitata da alcuni fattori.
Questi sono stati individuati soprattutto nelle credenze delle persone omosessuali rispetto a se stesse, con il problema dell’omofobia interiorizzata, nelle competenze degli adulti di coordinarsi nelle funzioni genitoriali, nella rete di supporto a sostegno di singoli e famiglie e nella presenza di un contesto positivo ed accettante. Questi elementi, qualora presenti, costituiscono fattori protettivi per la famiglia nel sostenere la crescita e garantire il benessere dei suoi membri.
La pedagogia familiare, intendendo sempre più lavorare sul terreno della prevenzione e formazione diventa una risorsa importante per individuare nuove strade e strategie. In chiave pedagogica occorre sostenere la famiglia nel momento della difficoltà e renderla protagonista del suo cammino di recupero e ridefinizione dei rapporti alimentando e sostenendo la capacità di resilienza che ogni nucleo familiare, anche il più disagiato, reca comunque in sé. In questo bisogna essere sostenuti da una visione positiva sulla persona e sulle sue capacità di reagire davanti alle difficoltà, nutrendo la massima fiducia nelle potenzialità dell’uomo e della famiglia di ripensare se stessa e rispondere alle sfide evolutive cui è chiamata.
Si è voluto richiamare l’attenzione sull’importanza dei processi dinamici e relazionali che si svolgono all’interno delle famiglie quale fattore protettivo e di crescita della persona omosessuale. Il mondo dell’educazione ha il dovere di soffermarsi sulle relazioni e dinamiche interne della famiglia dalle quali scaturiscono la sua funzionalità. Un clima di accoglienza, sostegno, ascolto, relazioni di cura, attenzione, e riconoscimento, costituiscono il tessuto vitale in cui, chi vive un cammino non usuale, possa trovare la forza di uscire allo scoperto, rivelare la propria identità o cercare di ridefinirla e riappropriarsene.
Il rapporto genitori-figli si fonda su sentimenti profondi che non dovrebbero mai mettere in discussione l’amore. Ciò con cui occorre confrontarsi, come genitori ed educatori, sono gli assunti omofobi e i pregiudizi sociali di cui la cultura di appartenenza può essere portatrice. Lavorare sulla famiglia e con la famiglia che si confronta con l’omosessualità, assume un significato e una portata molto ampia in quanto spinge ad interrogarsi personalmente sul proprio concetto di “diversità” e valorizzazione delle differenze nonché sulla portata sociale della propria azione di supporto. Ignorare il problema, per paure, timori o inadeguatezze, non porta a sviluppare un atteggiamento di dialogo con la realtà ma a sottovalutarne gli aspetti evolutivi che possa presentare.
Risulta evidente il bisogno della pedagogia di superare posizioni nette e schematizzate, posizioni di condanna e critica nei confronti di famiglie che si differenziano dal modello culturalmente e socialmente accettato, per aprirsi a comprendere, nel senso di prendere con sé, le differenze, valorizzare le risorse e aumentare le potenzialità educative.
L’empowerment familiare passa quindi da un atteggiamento di sospensione del giudizio e di implementazione delle peculiarità educative che ogni nucleo porta in sé. Ascolto empatico, accoglienza e disponibilità attiva, rappresentano caratteristiche pedagogiche fondamentali e strategie per creare quell’atteggiamento di fiducia, di dialogo e confronto reciproco che potenzia la capacità relazionale e formativa del nucleo familiare. La pedagogia è chiamata, quindi, a non perpetuare quel clima di giudizio, silenzio ed isolamento relazionale che contraddistingue le famiglie che vivono situazioni particolari come l’omosessualità, giungendo a realizzare una capacità di dialogo con la realtà e di lettura di un fenomeno in chiave evolutiva.
L’educazione alla “diversità” e il dialogo rivestono un passo pedagogico imprescindibile: per il genitore parlare del proprio disagio, confrontarsi e condividere, rende possibile l’abbattimento di barriere mentali e comunicative che lo allontanano dal figlio. Come educatori, formatori e pedagogisti della famiglia che operano nel sociale, si tratta di porre al centro una cultura basata sul confronto rispettoso con l’altro e sulla stima reciproca. Il fine è quello di educarsi a vicenda nel riconoscere e leggere tutti quei segnali lanciati in famiglia e che possano parlare inequivocabilmente di un disagio e di una richiesta, anche celata, di aiuto.
Personalmente questo lavoro ha rappresento la possibilità di confrontarsi con un tema poco conosciuto soprattutto in chiave pedagogica, di mettere in discussione certezze sostenute spesso da posizioni rigide e poco flessibili e di poter condividere l’esperienza di singoli e famiglie che vivono l’omosessualità sotto vari aspetti.
Si vuole concludere con l’esperienza di vita di un genitore dell’Associazione Agedo interrogato profondamente dalla scoperta dell’omosessualità del proprio figlio con il quale ha costruito, nel tempo, una relazione più autentica e rispettosa. In uno degli incontri cui è stato possibile partecipare, questo genitore, alla fine del suo percorso di confronto con l’omosessualità, è arrivato a dichiarare che non si debba mai parlare di accettazione di un figlio ma di accoglienza. Non si tratta di accettare qualcosa come fosse un imprevisto, una disgrazia o una malattia, ma di accogliere una persona con tutto il suo vissuto emotivo, che cerca se stessa e che chiede sostegno e riconoscimento di sé per poter giungere alla completa realizzazione. E’ sempre l’amore che accoglie a costituire il fattore protettivo di ogni crescita umana al di là di qualunque discriminazione.
Lungi dal considerare l’omosessualità una patologia da curare o demonizzare, il presente lavoro ha perseguito l’intento di studiare una genitorialità che rimane “per sempre” nonostante le difficoltà che il cammino relazionale possa presentare e gli ostacoli sociali che la famiglia, nel suo percorso evolutivo, sarà chiamata ad affrontare.
* Alessandra Bialetti, vive e opera a Roma come Pedagogista Sociale e Consulente della coppia e della famiglia in vari progetti di diverse associazioni e realtà laiche e cattoliche. Il suo sito web è https://alessandrabialetti.wordpress.com