Omosessualità e vita consacrata. Perché la chiesa cattolica non sa parlarne?
Editoriale del settimanale cattolico USA National Catholic Reporter del 9 dicembre 2005, liberamente tradotto da Rita
Per quello che vale, condoglianze. A tutti voi che avete una responsabilità nella Chiesa Cattolica romana e siete anche omosessuali, noi vi esprimiamo il nostro dispiacere e la nostra comprensione visto che, ancora una volta, siete stati costretti a considerare la vostra sessualità, complemento della vostra umanità, come un elemento di oggettivo disordine.
Questa volta la frase appare in un documento con un titolo vergognosamente poco malleabile: “Istruzioni relative ai criteri di discernimento concernenti la vocazione di persone con tendenze omosessuali, in considerazione della loro ammissione nei seminari e negli Ordini Sacri”. In altre parole: omosessuali e seminari.
Questa direttiva è ovviamente ripugnante per tutti quelli che nella chiesa, omosessuali o meno che siano, comprendono e sanno che l’omosessualità è nella maggior parte dei casi, non è una scelta ma una parte essenziale della loro identità esattamente come l’eterosessualità per gli altri. Questo scritto è destinato principalmente al clero, in particolare ai diaconi, ai preti, religiosi, superiori, vescovi e cardinali che potrebbero avere un orientamento omosessuale nel momento in cui consacrano la loro vita al servizio del Vangelo e della Chiesa.
Un’oltremodo odiosa azione di una parte della Chiesa che loro servono, oltretutto inutile.
Infatti il documento non resiste all’analisi e non ha un grande effetto. Senza voler troppo entrare nei dettagli del lavoro dei canonisti e delle altre autorità ecclesiastiche, esso resterà un’indicazione confusa perché fondamentalmente farraginosa.
In esso vengono utilizzate parole prive di senso e vuote definizioni.
Esso impone cose assurde e domanda ai consiglieri spirituali di sondare l’altrui anima, cosa che solo Dio può fare.
Il tutto, ovviamente, è il prodotto dell’ignoranza e della paura non certo della volontà di chiarezza. Per contro a qualcuno fornirà facili soluzioni a problemi complessi.
Il problema è che un tale discorso, nella sua diffidenza piena di sufficienza verso gli studi biblici e sociali non è altro che una non-risposta.
Il documento insiste a giusto titolo sul bisogno di passare al setaccio la maturità emozionale dei probabili futuri sacerdoti. Disgraziatamente, il solo criterio di eliminazione, enunciato in lungo e in largo, è l’orientamento sessuale.
La maturità emozionale comprende un largo spettro di questioni. La nostra esperienza tra le fila dei fedeli, suggerisce che l’omosessualità è di gran lunga lontana nella lista come indicatore di immaturità.
Noi, alla base, vediamo ben più grandi segni di immaturità, per esempio, tra i preti che non amano affatto rapportarsi con i loro parrocchiani, che subiscono il fascino dei vestiti di marca e degli status symbol come segno di potere; che sono incapaci di impegnarsi in un’azione collettiva; tra coloro che credono che governi e autorità siano sinonimi di diktat; tra quelli che credono che il cristianesimo sia una religione di regole e articoli e non una comunione di equilibrate relazioni.
Ci hanno detto che il documento è nato dalla preoccupazione degli abusi sessuali. Va bene ma, lasciar intendere che l’omosessualità sia stata una parte dell’origine degli abusi su ragazzi e ragazze vulnerabili o della complicità nelle attività criminali di qualche alto funzionario, non è solo un insulto ma è totalmente fuorviante.
Questo documento conferma solo dei vecchi pregiudizi e false opinioni senza apportare soluzioni.
Ci sono ragioni, e noi le abbiamo esposte, per essere preoccupati degli omosessuali che agiscono in modo inappropriato sia nei seminari che come preti. Ci sono altresì altrettanti motivi d’inquietudine circa la persistente attività eterosessuale e sui preti che hanno relazioni con donne dalle quali hanno dei figli, o più in generale sulle relazioni vissute senza assunzioni di responsabilità. Onorare i propri sogni e speranze è una cosa (e nella “gerarchia” i coniugati lo sanno per esperienza diretta). L’orientamento omosessuale è tutt’altro.
Noi abbiamo visto omosessuali esercitare in totale fedeltà, al loro alto e importante ministero nella Chiesa e che hanno apportato migliori e maggiori contributi come pensatori e musicisti, artisti e liturgisti, predicatori e militanti.
Gli omosessuali nella Chiesa comprendono e capiscono, dal profondo della loro umanità, che questo documento è un tentativo ispirato da paura e confusione e per considerare razionale e giusto ciò che non lo è affatto.
Siamo riconoscenti a tutti quei cattolici omosessuali che hanno avuto il coraggio – ieri e oggi- di rimanere fedeli alla Chiesa e di restare calmi di fronte alle ostilità di coloro che hanno posizioni di potere e fanno applicare le regole, a coloro che tengono segreti i loro orientamenti e a coloro che li dichiarano apertamente.
Testo originale: Un éditorial du National Catholic Reporter