Omosessualità. Qual è la dottrina ufficiale della Chiesa Cattolica sul tema? (Prima parte)
Omosessualità. Qual è la dottrina ufficiale della Chiesa Cattolica sul tema? (Prima parte)
Conferenza del Padre dominicano Gareth Moore* tenuta alla comunità domenicana di Froidmont à Rixensart l’8 e il 9 marzo 1997, liberamente tradotta da Francesca Macilletti
Questa conferenza non vuol essere di condanna all’omosessualità, contrariamente a quello che si potrebbero pensare leggendo prime righe. Il relatore comincia il suo intervento esponendo “la posizione ufficiale della Chiesa”, poi la esplicita per, successivamente, avanzare degli argomenti che rifiutano tale posizione ufficiale. Quindi, posso solo consigliarvi di leggere questa conferenza nella sua totalità (quattro parti in totale).
.
* * *
.
(…) Qual è, quindi, la dottrina ufficiale della Chiesa Cattolica sull’omosessualità? L’essenziale può essere detto in maniera molto concisa: tutti gli atti omosessuali, in quanto tali, e quindi in maniera intrinseca, sono un male. Nessun atto omosessuale, in nessuna circostanza, può essere buono o accettato. È sempre un peccato. È una cosa recente che la Chiesa universale tratti esplicitamente la questione dell’omosessualità. “Persona Humana”, un documento pubblicato al Vaticano nel 1976 che tratta di diverse questioni sessuali, parla anche dell’omosessualità: Secondo l’ordine morale oggettivo, le relazioni omosessuali sono atti privati della loro regola essenziale e indispensabile. Sono condannati dalle Scritture come delle gravi depravazioni e presentati, inoltre, come la triste conseguenza di un rifiuto di Dio.
Questo suo giudizio non permette di concludere che tutti quelli che soffrono di questa anomalia ne siano personalmente responsabili, ma attesta che gli atti omosessuali siano intrinsecamente disordinati e che non possano, in nessun caso, ricevere alcuna approvazione. Il documento “Homosexualitatis Problema” (1986) aggiunge i punti seguenti:
… Anche se non sia in se stessa un peccato, la particolare inclinazione della persona omosessuale costituisce, tuttavia, una tendenza, più o meno forte, a un comportamento intrinsecamente cattivo da un punto di vista morale. È la ragione per cui l’inclinazione stessa deve essere considerata come oggettivamente disordinata.
Anche quelli che si trovano in questa condizione dovrebbero essere l’oggetto di una sollecitudine pastorale particolare, al fine di non essere inclini a credere che l’attualizzazione di questa tendenza nelle relazioni omosessuali sia un’opzione moralmente accettabile. La persona omosessuale non è, quindi, in una posizione comoda ma, restando fedeli ai sacramenti (sopratutto quello della riconciliazione), portando la propria croce come Gesù ha portato la sua, può sperare nella salvezza. Il “Catechismo della Chiesa Cattolica” (1992) riassume in maniera molto concisa questa posizione negativa:
Basandoci sulle Sacre Scritture, che li presenta come delle gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che “gli atti omosessuali sono intrinsecamente disordinati”. Sono contrari alla legge naturale. Chiudono l’atto sessuale al dono della vita. Non procedono secondo una vera complementarietà effettiva e sessuale. Non possono ricevere approvazione in alcun caso. In questo testo vediamo considerazioni differenti messe insieme contro l’omosessualità: la Bibbia, la tradizione, la legge naturale, la complementarietà. La fede cristiana e la ragione umana insieme dimostrano la necessità assoluta di astenersi a qualsiasi attività omosessuale. (…)
Prima precisazione: è chiaro che questa dottrina concerna, sopratutto, gli atti omosessuali. Bisogna distinguere gli atti e la tendenza a commetterli, tendenza che i documenti ufficiali chiamano, a volte, “la condizione omosessuale”. Una persona omosessuale trova, in se stessa, una tendenza a commettere tali atti omosessuali. Bisogna resistere a questa tendenza come a tutte le altre tendenze al peccato. In se stessa non è un peccato, perché non è un atto che potrebbe essere giudicato moralmente; è, semplicemente, un dato elemento, una condizione che alcuni scoprono nella loro natura psichica. Ma è una condizione da rimpiangere, perché è una tendenza al peccato. La persona omosessuale non è, pertanto, peccatrice in quanto omosessuale: può essere, al contrario, molto virtuosa. Non commette un peccato fino a quando, cedendo alla sua tendenza sessuale, “passa all’azione”; ma, se agisce in questo modo, commette, inevitabilmente, un peccato. Visto che tutti i cristiani sono obbligati a lottare contro il peccato, la condizione della persona omosessuale lo implica, obbligatoriamente, in una lotta morale contro una parte di se stessa.
Seconda precisazione: nella tradizione cattolica, bisogna sempre distinguere il peccato e la colpa. Perché il peccato sia realmente un atto umano, di cui colui che lo commette è realmente responsabile e quindi colpevole, è necessario che agisca in piena libertà e in piena conoscenza di quello che fa. In parole povere, il peccato è il fare qualcosa contro la volontà di Dio (o non fare qualcosa che Dio vuole che si faccia assolutamente). Se, per esempio, è contro la volontà di Dio rubare la proprietà di altri, una persona che lo fa agisce contro la Sua volontà, commette peccato. Ma se tale persona non sa che rubare è contro la volontà di Dio, se è costretta a rubare a causa della sua povertà o se ruba a dispetto della sua volontà, la sua colpa è diminuita, addirittura eliminata.
Se la dottrina della Chiesa dice che l’omosessuale ha, in quanto tale, una tendenza a peccare, non dice che, essendo omosessuale, è un peccatore. Non dice nemmeno che l’omosessuale che “passa all’azione” ne è colpevole. Se non crede che quello che fa sia un peccato o se lo fa suo malgrado – perché è troppo debole per resistere alla tentazione o per un’altra ragione – la sua colpa è diminuita, addirittura eliminata. (…)
.
* Il padre dominicano Gareth Moore è, purtroppo, deceduto nel dicembre 2002
.
Testo originale: HOMOSEXUALITE ET CHRISTIANISME. Conférence I