Papa Francesco le persone LGBT+ le «ha chiamate per nome». La chiesa e le mie speranze per il futuro
Testimonianza tratta da un’intervista pubblicata su Sky News (Regno Unito) in data 9 maggio 2025. Liberamente tradotta dai volontari del Progetto Gionata.
«Quello che emerge, anche dalla mia esperienza personale, è che prima del pontificato di Francesco tante delle nostre realtà erano impronunciabili nella Chiesa cattolica», racconta Paolo Spina, medico italiano di 38 anni (e socio dell’associazione La tenda di Gionata), che da sempre partecipa attivamente alla vita ecclesiale come catechista e volontario.
«Il mio vescovo, quando gli dissi che ero gay, non riusciva nemmeno a pronunciare la parola “omosessuale”… Ora invece le cose sono cambiate, e tanto.»
Guardando indietro all’eredità di Papa Francesco e al cammino delle persone LGBT+ nella Chiesa, Spina ammette che non tutto è stato semplice: «Abbiamo subito vari passi indietro, come l’annacquamento di una dichiarazione importante che apriva alla possibilità di benedizioni per le coppie dello stesso sesso. Molti di noi, me compreso, avrebbero sperato in maggiori aperture da parte di Papa Francesco, a partire da quei segnali timidi ma incoraggianti che erano arrivati».
Eppure, aggiunge con lucidità e riconoscenza: «Mi rendo conto che a Francesco non si può togliere il grande merito di aver avviato un processo, di aver fatto partire qualcosa di nuovo e mai visto prima ai livelli più alti della gerarchia della Chiesa cattolica».
Oggi Paolo vive un’unione civile e continua a sperare. «Quello che non dimenticheremo mai è che lui ci ha chiamati per nome. Nessun altro papa lo aveva mai fatto. E probabilmente proprio questo ha incoraggiato altri vescovi e sacerdoti a chiamarci per nome, a non vederci più come un “problema”, ma come persone, come figli e figlie di Dio. Tutti. Spero che questo abbia davvero innescato un processo che non tornerà più indietro.»
Testo originale: ‘He called us by our name’ – Italian doctor says gay community suffered setbacks with Francis but he deserves ‘great merit’