Parla suor Jeannine Gramick: “Il mio ministero per i gay”
Articolo di Fulvio Fania pubblicato su Il Manifesto il 26 giugno 2003
Il Vaticano le ha vietato il ministero tra le persone omosessuali, ma suor Gramick non smette di credere che, pur nei tempi lunghissimi della Chiesa, anche il magistero cattolico su queste tematiche dovrà aprirsi al cambiamento. Questa intervista, in verità un pò datata, rilasciata in occasione della presentazione in italia del suo libro “Anime gay”, ci permette di conoscere un pò di più questa indomita suora americana e il suo ministero per i credenti omosessuali.
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Suor Jeannine, dopo la notifica vaticana quale comportamento ha deciso di tenere? La mia posizione nei confronti della gerarchia è più o meno la stessa del ’99. Mi rattrista che mi abbiano ridotto o cerchino di ridurmi al silenzio. Ma cerco di mettermi nei loro panni, di capire come la pensano e credo che abbiano ritenuto di fare la cosa migliore rispetto ai loro doveri. Ora spero che le strutture nella Chiesa cambino, vorrei che ci fosse più partecipazione, più democrazia, che le persone si parlassero. Per esempio, nella inchiesta su di me non ho mai avuto la possibilità di parlare con il cardinal Ratzinger.
La Congregazione per la dottrina compie le indagini segretamente. Ho scoperto soltanto alla fine del processo che mi avevano assegnato un difensore, non avevo idea di chi fosse. Eppure, all’inizio dell’inchiesta i superiori del mio ordine e di quello di padre Nugent suggerirono che nella commissione ci fossero anche persone di nostra fiducia.
Mi piacerebbe invece che la Congregazione lavorasse come indica il Concilio Vaticano II, rappresentasse cioè un aiuto per i teologi, non un’inquisizione. Come mi comporto oggi? Posso dire che la maggior parte del mio ministero si svolge parlando in pubblico in conferenze generali. Non posso certo distinguere tra i presenti chi è eterosessuale, chi è gay o lesbica.
E i vescovi Usa come reagiscono? Non so se sappiano cosa faccio.
La Chiesa americana è stata sconvolta dallo scandalo dei preti pedofili. Si è fatta molta confusione tra omosessualità e pedofilia. Ciò ha creato problemi ulteriori alla sua attività? All’inizio sì. Molti pensavano erroneamente che pedofilia e omosessualità fossero collegate. Ma lo scandalo degli abusi sessuali è stato fortemente pubblico per oltre un anno e mezzo e in questo tempo la maggioranza dei cattolici ha capito la differenza.
Perché lo scandalo è esploso proprio nella Chiesa degli Usa? Sono sicura che il dramma c’è anche altrove. Negli Usa è stata forte la pressione della stampa, tutta puntata sulla Chiesa cattolica sebbene la gente sappia che questi abusi avvengono anche in comunità protestanti o ebraiche. Per molti fedeli lo scandalo è stato solo il parafulmine su cui scaricare altri motivi di rabbia, per la segretezza e il modo in cui operano i capi della Chiesa.
Alla fine il Vaticano ha raccomandato di escludere gli omosessuali dai seminari. Spero che questa confusione sparisca e che la Chiesa ammetta che gli omosessuali possono essere bravi preti e religiosi. Recentemente il Vaticano ha promosso una consultazione di psicologi non cattolici e tutti loro hanno spiegato che pedofilia e omosessualità non sono la stessa cosa. Penso che il Vaticano adesso stia per convincersene.
Che cosa pensa del voto di castità e dell’obbligo di celibato? Non dovrebbe essere un obbligo ma una libera scelta.
Nelle gerarchie si guarda con apprensione ai seminari e ai conventi interamente maschili o femminili temendo che possano favorire l’omosessualità. E’ così? In un certo senso sì. La scienza ci spiega che esiste una varietà di orientamenti sessuali. La maggior parte delle persone sono fondamentalmente eterosessuali ma alcuni provano qualche attrazione verso lo stesso sesso. In un ambiente monosessuato questa attrazione è favorita, che si tratti di eterosessuali o omosessuali, e se qualcuno non è in grado di controllare il proprio comportamento è più facile che l’impulso si traduca in atti.
Secondo lei l’intervento vaticano contro i preti pedofili è stato corretto? Mentre cercano di correggere la situazione creano altri problemi. Si sono catalogati nella stessa categoria casi diversi. I vescovi parlano di tolleranza zero. Chi ha commesso un errore 20-30 anni fa, lo ha pagato e poi si è comportato correttamente con l’approvazione dei vescovi ora viene allontanato. Sono molti coloro che non lo ritengono giusto. Bisogna invece distinguere caso per caso, considerare l’individuo.
Giovanni Paolo II (ndr. all’epoca dell’intervista ancora in vita) è profetico quando parla di pace e di dignità dell’uomo, invece conservatore sulla morale sessuale: influenza della Curia o sua convinzione? Entrambi. Da due secoli, da Leone XIII, la Chiesa si è aperta alle questioni sociali sulle quali siamo molto più liberali, mentre sulla sessualità siamo rimasti antediluviani.
Che cosa è per lei l’omosessualità? Non dobbiamo parlare di omosessualità in astratto ma di persone che, per caso, hanno orientamenti omosessuali. Non mi piace neppure concentrarsi sull’atto sessuale, come fanno le gerarchie; dobbiamo rimettere al centro le persone e la liberazione che meritano come figlie e figli di Dio.
Ma esiste una morale naturale? E’ a questo tema che mi riferisco quando dico che c’è una sola teologia al potere. Se confrontiamo le conoscenze di oggi con quelle di S. Tomaso giungiamo a differenti conclusioni su ciò che è naturale.
E’ favorevole all’adozione di figli da parte di coppie omosessuali? Penso che la cosa più importante per i bambini sia vivere in un ambiente d’amore. Se sono persone omosessuali a garantirlo è meglio che farli crescere senza amore.
Qualcuno ha detto che la Chiesa soffre di uno scisma sommerso. E’ d’accordo? Non lo chiamerei scisma. Ci sono differenti posizioni, come del resto prevede il Vaticano II. E’ legittimo, anche sulle questioni dottrinarie, abbiamo anzi bisogno di confrontare queste differenze.
Condivide l’allarme della Chiesa per la secolarizzazione e la “scristianizzazione” delle società occidentali? La secolarizzazione c’è ma non è la causa di queste differenze. Nel passato gli unici ad aver ricevuto un’educazione cristiana erano i preti e i religiosi che venivano per questo seguiti come guida. Ora, per fortuna, abbiamo una comunità più preparata e i fedeli cominciano a far sentire la loro voce, rendendosi conto che alcune direttive non sono giuste. I sondaggi dicono che c’è molto rispetto per il Papa e il Vaticano, ma il posto dell’autorità è la coscienza.
Vale anche per le persone consacrate? Of course, naturalmente.