Partiamo dall’inizio. Che cosa insegna davvero la Chiesa cattolica sull’omosessualità
Testo* di Francis DeBernardo** e Robert Shine*** per “Next Steps: Developing Catholic LGBTQ Ministry” (I prossimi passi: per lo sviluppo della pastorale cattolica LGBTQ), serie di articoli pubblicati sul sito dell’associazione LGBT cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 1 luglio 2020, introduzione, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Quando si chiede all’uomo della strada cosa insegna la Chiesa Cattolica sull’omosessualità, forse una delle risposte più comuni è: “La Chiesa Cattolica? È contraria”.
È facile capire da dove salti fuori quest’idea, dal momento che così tanti alti ecclesiastici della Chiesa Cattolica, e politici cattolici, hanno parlato a lungo e con toni duri contro le misure per l’uguaglianza delle persone LGBTQ.
Quando si chiede all’uomo della strada se la Chiesa Cattolica può cambiare i suoi insegnamenti sui temi LGBTQ , la risposta più comune è: “No, la Chiesa non li cambia”. Comunque, entrambe le risposte sono sbagliate.
In questo secondo capitolo della serie analizzeremo brevemente la storia di come si è sviluppato l’insegnamento cattolico sulle persone LGBT;
Scopriremo alcune delle dichiarazioni positive fatte dai leader ecclesiastici;
Avremo l’opportunità di leggere alcuni importanti passaggi dai documenti della Chiesa;
Delineeremo alcuni punti chiave dello sviluppo della dottrina.
Il materiale di questo modulo si riferirà principalmente a lesbiche, gay, e bisessuali. L’argomento “transgender”, sarà trattato in maniera più approfondita in un modulo a parte.
COME SI È SVILUPPATO L’INSEGNAMENTO DELLA CHIESA SULL’OMOSESSUALITÀ
La Chiesa Cattolica ha sviluppato la sua dottrina sull’omosessualità negli ultimi cinquant’anni, e continua a farlo. Questa storia inizia nel 1975, quando la Congregazione per la Dottrina della Fede emana la Dichiarazione concernente alcune questioni di etica sessuale (in latino Persona Humana), da molti vista come la risposta ufficiale della Chiesa alla rivoluzione sessuale mondiale degli anni Sessanta. Per la maggior parte, il documento riformula e conferma i tradizionali insegnamenti cattolici su sessualità e matrimonio. Tuttavia il documento apre anche nuove strade nella sua dichiarazione sulle persone gay e lesbiche.
Fino a quel momento non c’era stato alcun accenno all’omosessualità nei documenti della Chiesa che non fosse quello di un comportamento che alcune persone sceglievano di avere. Il rimedio era semplice e drastico: non farlo. Ma nel 1975 il Vaticano riconobbe che l’omosessualità non era una scelta, e che quindi non era un semplice comportamento, ma qualcosa inerente alla persona, un modo di essere, non qualcosa che si fa. Il documento dichiara:
“Essi distinguono – e sembra non senza motivo – tra gli omosessuali la cui tendenza […] è transitoria o, almeno, non incurabile, e gli omosessuali che sono definitivamente tali per una specie di istinto innato […] nell’azione pastorale, questi omosessuali devono essere accolti con comprensione e sostenuti nella speranza di superare le loro difficoltà personali e il loro disadattamento sociale”. (Sezione 8)
Il primo importante punto è che il Vaticano riconosce che l’omosessualità è parte integrante della personalità. Non è una qualcosa che si decide di fare, e non è una fase. Inoltre, riconosce che è parte della personalità individuale derivata da un “istinto innato”, qualcosa dentro la persona, e non derivante dall’influenza di amici, da errate cure genitoriali, da traumi o da altre fantasiose cause che circolavano ai tempi (e, sfortunatamente, in certi posti, sono ancora sostenute).
Il secondo è che il Vaticano non condanna questa posizione come peccaminosa. In quel periodo, diversamente da altri gruppi cristiani (sfortunatamente, allora come oggi), quando la Chiesa cattolica riconosce che le persone omosessuali sono, mutuando la frase di una canzone pop moderna, “nati così” (“born this way”), non dice che sono peccatori a causa di questo aspetto della loro personalità.
Terzo, il Vaticano auspica la cura pastorale per gay e lesbiche, non per “cambiarli” o punirli, ma per essere più integrati nella propria vita e in quella sociale, presumibilmente a causa del forte rifiuto e dell’ostracismo subìto dalle persone queer praticamente dappertutto in quel periodo.
Così, questo documento ha prodotto due nuove affermazioni magisteriali per gay e lesbiche, oltre a quello delle attività sessuale proibite: l’affermazione della non peccaminosità dell’orientamento omosessuale, e l’esortazione ai vertici della Chiesa a provvedere ad una giusta cura spirituale per gay e lesbiche.
Questi cambiamenti nella dottrina della Chiesa portarono le Conferenze Episcopali e i singoli vescovi ad incorporare le nuove idee negli insegnamenti e nella pastorale. Per esempio, nel 1976 il vescovo di Brooklyn Francis Mugavero scrisse una lettera intitolata Sessualità: dono di Dio, in cui si dice che gay e lesbiche meritano un trattamento egualitario nella società e nella comunità cristiana. Monsignor Mugavero prese la coraggiosa decisione di parlare direttamente alle persone LGBT (diventando il primo vescovo cattolico a farlo ufficialmente), dichiarando “[…] ci impegniamo a […] trovare nuovi modi di comunicare la verità di Cristo, perché crediamo che vi renderà liberi” (le parole“nuovi modi, new ways” catturarono l’attenzione di suor Jeannine Gramick e di padre Robert Nugent, che le scelsero come titolo per i loro workshop — e, più tardi, la loro organizzazione — che avevano creato per promuovere una cura pastorale più sensibile per gay e lesbiche).
Dalla fine degli anni ’70 a tutti gli ’80 i prelati cattolici emanarono molti documenti e dichiarazioni che chiedevano una maggiore accettazione per gay e lesbiche. Varie diocesi e altri gruppi cattolici svilupparono pastorali per avvicinarsi meglio alle persone queer.
Da tutto questo emerse un nuovo modo di approcciare gay e lesbiche. L’omosessualità era stata sempre vista attraverso la lente degli insegnamenti etici tradizionali della Chiesa, che evidenziavano come gli unici atti sessuali leciti fossero quelli aperti alla procreazione, che portava due persone (un uomo e una donna) ad una più stretta intimità amorosa, fruita nel contesto del matrimonio cristiano. In quanto non procreativi, gli atti omosessuali non erano moralmente approvati. Ma ora gli ecclesiastici iniziavano a vedere che la realtà sociale oppressiva e alienante di gay e lesbiche significava che la Chiesa doveva applicare, su questo versante, la giustizia sociale cattolica.
I nuovi documenti riflettevano la crescente considerazione, da parte della Chiesa, che gay e lesbiche avevano bisogno di essere capiti più a fondo, senza pensare solamente all’atto sessuale. I prelati iniziarono a capire lo stigma sociale che l’omosessualità portava con sé, e che spesso comportava la perdita del lavoro, della casa, dei legami famigliari e della posizione in ambito parrocchiale. Inoltre erano oggetto di maliziosi stereotipi, scherzi offensivi e violenti abusi fisici. In alcuni ambienti ecclesiastici i vescovi e gli altri prelati iniziarono a capire che le negatività sperimentate da gay e lesbiche, e non la loro attività sessuale, potevano diventare motivo di sensibilizzazione nei loro confronti.
UNA PIÙ COMPLETA COMPRENSIONE DEGLI INSEGNAMENTI DELLA CHIESA SULL’OMOSESSUALITÀ
Così, da questi due documenti magisteriali emergono due nuove modi per applicare la tradizionale giustizia sociale della Chiesa a gay e lesbiche.
Protezione dei diritti civili e umani di gay e lesbiche
La Chiesa insegna che la dignità intrinseca di ogni persona deve essere protetta per legge. Questo ammonimento si applica anche agli omosessuali. La Chiesa dichiara specificatamente che essi hanno diritto alla giustizia, ad appartenere alla comunità civile, parteciparne pienamente ed essere rispettati. I leader cattolici hanno anche spesso sostenuto i diritti civili e un uguale trattamento negli ambiti dell’alloggio e del lavoro.
Condanna dei comportamenti discriminatori nei confronti di gay e lesbiche
La Chiesa insegna che pregiudizio e discriminazione nei confronti degli omosessuali devono essere evitati, perché peccato. Le persone devono fare un esame di coscienza e liberarsi dall’odio nei loro confronti. La Chiesa deplora gli atti di violenza contro gay lesbiche e incoraggia i religiosi a condannarli.
Aggiunta ai due precedenti sviluppi del 1975:
Affermazione della non peccaminosità dell’orientamento omosessuale
La Chiesa insegna che l’orientamento omosessuale non è qualcosa che si sceglie, e pertanto non è peccato. Esso è permanente e irreversibile, per cui non si dovrebbe cercare di cambiarlo. L’orientamento non è una fase, e non è un blocco della crescita spirituale, ma, al contrario, si deve vedere come un percorso verso la crescita spirituale.
Un monito affinché gay e lesbiche siano inclusi nella vita pastorale
La Chiesa insegna che le persone omosessuali devono essere accolte nella comunità. I responsabili delle comunità devono sviluppare modalità e programmi pastorali appropriati per i loro bisogni e i loro talenti.
Queste quattro aree si aggiungono a ciò che la gente crede sia il solo insegnamento della Chiesa sull’omosessualità: il divieto di espressione sessuale. Comunque, in quel periodo, e anche fino ad oggi, la Chiesa sembra indecisa: quale tradizione morale dovrebbe guidare la concezione dell’omosessualità, l’etica sessuale o la giustizia sociale? (Per uno studio teologico su questo argomento, si veda: Richard Peddicord OP “Gay & Lesbian Rights: A Question: Sexual Ethics or Social Justice?“).
Anche se nessuno di questi nuovi insegnamenti contraddice quelli tradizionali sulla sessualità, in un certo numero di passaggi i leader ecclesiastici incoraggiano gay e lesbiche a sviluppare amicizie solide e caste, e ci sono anche molti rimandi alla dottrina della Chiesa sulla coscienza. (L’appello più recente al rispetto delle coscienze delle persone omosessuali è quello del cardinale di Chicago, Blase Cupich, durante il Sinodo sulla famiglia nel 2015.) Allo stesso tempo, la comunità teologica cattolica iniziò a sviluppare una critica dell’insegnamento tradizionale sulle relazioni sessuali di gay e lesbiche, spesso mutuate da quelle femministe su sesso e contraccezione, e dalla nuova comprensione della sessualità data dalle scienze naturali e sociali. Un’importante scuola di pensiero sottolinea l’importanza del giudizio morale della relazione di coppia, e non quella degli atti sessuali. Ora, con il matrimonio egualitario, abbiamo constatato che un gran numero di vescovi e di altri leader ecclesiastici elogiano la fedeltà e l’impegno delle coppie omosessuali.
In altri articoli di questa serie esamineremo più a fondo gli aspetti particolari della dottrina ecclesiastica sull’omosessualità.
“Disordine oggettivo”
Bisogna dire una parola sul forte impatto teologico del termine scelto per descrivere l’orientamento omosessuale. Nel 1986, la Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) emanò un documento intitolato Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali (conosciuta anche con il suo nome latino, Homosexualitatis problema), in cui si definisce l’orientamento omosessuale un “disordine oggettivo”.
In tutti i documenti cattolici scritti dal 1975, nessun termine aveva causato tanto dibattito e rancore come queste due parole. Ascoltiamo in proposito l’arcivescovo di San Francisco John Quinn, che ha ideato una pastorale per gli omosessuali delicata e sensibile. Egli sottolinea il fatto che la Lettera ripudia specificamente l’idea che tale orientamento sia peccato. Ma “disordine” suona ancora chiaramente nelle orecchie e nei cuori delle persone.
Parte del problema è che quando la Congregazione usa il termine “disordine” non lo usa in senso medico o psicologico, mentre è così che lo intende la maggior parte della gente. Nel 1987, in un articolo su America, monsignor Quinn, parlando della Lettera ai vescovi, spiegò perché si può facilmente fraintendere l’espressione “disordine oggettivo”: “Questo è un linguaggio filosofico. L’inclinazione è disordinata perché rivolta verso qualcosa che è disordinato […] Per prima cosa, ogni persona ha inclinazioni disordinate […] Di conseguenza, gli omosessuali non sono gli unici ad averle. In secondo luogo, la lettera non dice che la persona omosessuale è disordinata. È l’inclinazione, non la persona, ad essere descritta come tale”.
Mentre la spiegazione di Quinn mostra le limitazioni del termine “disordine oggettivo”, sfortunatamente, le sue connotazioni hanno causato, in ambito ecclesiale, offese e sofferenze a tantissime persone. Peggio, forniscono una scusa agli anti-gay cattolici per insultare gay e lesbiche. Molti teologi e vescovi considerano il termine controproducente, e sperano si possa cancellare: nel Sinodo del 2015, infatti, molti vescovi hanno chiesto di farlo.
È anche importante notare che dal 1998 i vescovi statunitensi non hanno mai usato il termine “disordine oggettivo” nei documenti ufficiali sull’omosessualità, e quando l’hanno fatto, nella revisione della loro lettera pastorale Sempre nostri figli, l’hanno usato solo nelle note a piè di pagina.
Cliccare qui per alcune domande che aiutino a riflettere. Potreste voler rispondere ad una o più. Non si tratta di un compito. Il fine è quello di avere, alla fine di questi post, alcune idee da sviluppare in un intervento pastorale nei vostri gruppi e comunità.
* Questo è il secondo post della nuova serie di articoli di New Ways Ministry, Next Steps: Developing Catholic LGBTQ Ministry (I prossimi passi: per lo sviluppo della pastorale cattolica LGBTQ). Tutto il materiale presentato in questa serie appartiene all’associazione New Ways Ministry (Stati Uniti), e può essere utilizzato per scopi pastorali ed educativi citando New Ways Ministry come fonte.
** Francis DeBernardo lavora per New Ways Ministry dal 1992, prima come volontario poi, a partire dal 1994, come membro dello staff; dal 1996 è direttore esecutivo. Propone iniziative riguardanti cattolicesimo e tematiche LGBT nelle parrocchie, nelle diocesi, centri conferenze, università e comunità religiose in tutti gli Stati Uniti. È autore del libro Marriage Equality: A Positive Catholic Approach (Il matrimonio omosessuale. Un punto di vista positivamente cattolico). È redattore e autore di Bondings 2.0, blog quotidiano di notizie e opinioni sulle tematiche LGBT nella Chiesa Cattolica. Suoi articoli sono apparsi nelle riviste The National Catholic Reporter, Commonweal, The Advocate e The American Catholic. È stato l’oratore di punta alla conferenza su religione e tematiche LGBT tenutasi al primo World Pride di Roma nel 2000; è intervenuto anche alla conferenze interfede in occasione del World Pride di Londra nel 2012.
*** Robert Shine è direttore associato di New Ways Ministry, per cui lavora dal 2012, e del blog Bondings 2.0. È laureato in teologia alla Catholic University of America e alla Boston College School of Theology and Ministry.
Testo originale: Next Steps: Catholic Church Teaching About Homosexuality