Perchè noi giovani cristiani queer rimaniamo nella nostra chiesa?




Testimonianza dei giovani cristiani queer di Kairos Giovani alla Veglia per il superamento della violenza dell’omotransbifobia tenutasi nella Parrocchia della Beata Vergine Maria delle Grazie dell’Isolotto a Firenze il 20 marzo 2025
Noe.: Stare nella Chiesa non è semplice, specialmente se questa ti ha ferito, ha cercato di non farti sentire adeguato e, anziché un luogo d’amore, è stata luogo di odio. Se però decidiamo di rimanerci, evidentemente, è perché in noi è sorta una nuova fede, una speranza di rinnovamento, basata su una splendida relazione, quella con Cristo, e sull’incontro unico e irripetibile con il suo amore e la sua cura.
Se stiamo nella Chiesa è perché siamo mossi dall’amore, che sia quello per altri, o quello di altri per noi. Indiscutibilmente, questo amore non guarda alla nostra identità e alla nostra persona, con tutte le particolarità che ci caratterizzano, come ad un problema, ma come ad una ricchezza.
A volte, questo, lo dimentichiamo; a volte, le ferite che ci portiamo dietro pretendono di avere la meglio su di noi, ci vogliono vittime. Dobbiamo, però, ricordare sempre che quelle ferite non dipendono da quello che siamo – che, al contrario, è espressione della bellezza e dell’eterogeneità che abita Dio – ma con quello che gli altri ci hanno fatto, ed è per questo che dobbiamo fare pace con il fatto che non siamo difettosi, ma preziosi.
Ag.: Ed è proprio per questa Chiesa, che le nostre caratteristiche, anche quelle più queer, e l’esperienza di sofferenza che ci portiamo dietro, non devono essere cancellate o oscurate, ma integrate in una nuova dimensione; un po’ come le stimmate di Cristo, che da luogo di morte sono diventate sorgente di vita. Quindi, cosa ho da dire io a chi mi cammina accanto? Come quello che sono può aiutare la Chiesa nel suo cammino?
Questo, infatti, dipende anche da noi, ci coinvolge in pieno chiamandoci ad essere i primi testimoni dell’amore di Dio per tutti i suoi figli e le sue figlie: non è qualcosa che subiamo e di cui siamo solo passivi destinatari. Chi ci ha insegnato questo si è dimenticato cosa sia la Chiesa: l’ecclesia, l’assemblea, la famiglia di tutti i battezzati, in cui tutti hanno un ruolo e nessuno è più importante.
Ad Aprile, qui a Firenze, abbiamo provato a riscoprirlo con altri compagni di cammino grazie al ritiro Nazionale dei giovani cristiani queer. Ci siamo chiesti come vivere questa nostra appartenenza alla Chiesa attivamente, come poter spendere la nostra esperienza per i nostri fratelli e sorelle.
Facendoci guidare dall’episodio del Vangelo di Marco in cui Gesù guarisce il paralitico calato dal tetto, ci siamo resi conto di una responsabilità grande che come membri della Chiesa, anche se per alcuni inadeguati,. Quando la folla è così compatta da non farci vedere Gesù, da impedirci di conoscerlo, allora dobbiamo trovare nuove strade, dobbiamo metterci in gioco con la nostra creatività e con quello che siamo per trovare delle alternative; non mete alternative ma strade.
Lorenzo: Il gesto di salire sul tetto, scoperchiarlo e calare un paralitico nella casa è folle, è complesso, quasi pericoloso, ma si rivela fondamentale per un incontro speciale, che cambia la tua vita, che perdona tutti i tuoi peccati e ti rende capace di camminare. Un incontro che prima ti fa sentire amato, riempito di Cristo e della sua carità in tutti gli aspetti della tua vita, e poi ti chiede di camminare, cioè di non rimanere paralizzato ma di intraprendere una missione di cambiamento e testimonianza per gli altri.
“Àlzati, prendi la tua barella e cammina” è l’invito che Gesù rivolge a tutti noi: ci dice, “io vi amo, mi avete conosciuto” e lo avete fatto grazie all’aiuto e alla dedizione di coloro che hanno creato percorsi e strade audaci, folli, adesso tocca a voi, non rimanere paralizzati nella vostra condizione precedente: camminate, muovetevi e fate conoscere quanto vi è successo, portate con voi la barella, non buttatela, è preziosa, vi ricorderà chi siete e da dove venite, ma dategli una nuova vita, non lasciate che siano gli altri a trainarvi su di essa.
Adesso avete il compito di andare dagli altri, di non subire più l’ostacolo della folla, ma di essere costruttori di strade per coloro che, come è stato per voi, per qualsiasi motivo, non possono ancora vedermi”. Questa barella è simbolo di diversità, di discriminazioni, forse, ma anche di occasioni e di cambiamento, di bellezza, se ci diamo la possibilità di non subirla ma di viverla portandola con noi.
Oggi ricordiamo chi non ha avuto e non ha l’opportunità di sentirsi amato da Cristo; chi non ha compagni di viaggio che gli permettano di incontrarlo ma solo folle fitte che ostacolano il passaggio, che escludono.
Preghiamo per loro e per tutta la Chiesa, per noi che ne facciamo parte, perché Gesù possa convertire i nostri cuori, aiutarci a superare la logica dell’esclusione, dei criteri, del sabato che è più importante dell’uomo, e farci approdare alla consapevolezza che Dio non fa preferenze di persone.
> Liturgia della Veglia per il superamento dell’omotransfobia 2025 di Firenze (file pdf)
> Tutte le città dove si veglierà a maggio/giugno 2025 per il superamento dell’omotransbifobia
