Perché se comprendere l’olocausto è impossibile, conoscere è necessario
Il 27 gennaio, Giornata della Memoria, siamo chiamati a ricordare le vittime dell’Olocausto, un genocidio che ha colpito milioni di persone: ebrei, rom, persone con disabilità, dissidenti politici e anche uomini e donne omosessuali.
Tra queste, la tragica testimonianza di Pierre Seel, deportato nel campo di concentramento di Schirmeck-Vorbrück a causa della sua omosessualità, è un grido di dolore che non possiamo ignorare. Pierre racconta con angoscia l’episodio che segnò per sempre la sua vita:
“Uno dei miei amici più cari, il mio primo amore, Jo, fu sbranato vivo dai cani addestrati dai nazisti, sotto i miei occhi. Non potevo fare nulla, ero paralizzato dal terrore. Da quel momento, la mia vita non è stata più la stessa.”
Il triangolo rosa, il simbolo che marchiava i prigionieri omosessuali, non era solo un marchio di infamia, ma un’ulteriore condanna all’isolamento e alla sofferenza. Oggi, quel simbolo è stato trasformato in un emblema di resilienza e di lotta per i diritti umani, ricordando non solo le vittime, ma anche il dovere di continuare a combattere contro l’odio e la discriminazione.
Come cristiani queer, la Giornata della Memoria ci invita a riflettere sul valore della vita umana e sull’urgenza di costruire una società basata sull’amore e sull’inclusione.
Il Vangelo ci ricorda che siamo tutti figli di Dio e che il comandamento più grande è quello di amare il prossimo come noi stessi (Matteo 22:39).
Ricordare le vittime della Shoah non è solo un atto di memoria, ma un impegno a fare in modo che queste atrocità non si ripetano mai più. Perché, come disse Primo Levi, “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.”
27 gennaio> Storie di triangoli rosa: la memoria negata dell’omocausto omosessuale