Perché sono importanti le buone omelie, specialmente per le persone LGBT
Articolo di Bob Shine pubblicato su Bondings 2.0, blog dell’associazione cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti), il 28 agosto 2016, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Andare a messa la domenica ed ascoltare l’omelia del prete è il modo principale con cui i cattolici praticano la loro fede. Questa consuetudine può avere un forte impatto sulle vite dei fedeli e su quelle dei loro cari, ed anche determinare se i fedeli rimarranno o meno in una determinata parrocchia. Infatti le buone omelie sono importanti, specialmente se toccano tematiche LGBT.
Questa è la riflessione che fa Brian Harper sul National Catholic Reporter (ndr il settimanale cattolico americano), che affronta questi temi in un suo recente articolo intitolato “What we say and how we say it”. Harper inizia descrivendo l’esperienza che lui e un suo amico gay hanno avuto alla messa per la festa della Sacra Famiglia, la domenica dopo Natale. Scrive:
“Il sacerdote ritenne opportuno elencare alla congregazione tutta una serie di ciò che riteneva essere le minacce più gravose per l’unità della famiglia. L’Omosessualità e la bestialità erano ai primi posti. “Anche i cattolici più conservatori sulla sessualità dovrebbero aver capito che l’omelia era presuntuosa e insensibile. Ero imbarazzato, arrabbiato, e soprattutto deluso da un’opportunità mancata. Spesso la società moderna vede la Chiesa cattolica come giudicante e repressiva, una reputazione che momenti come questi rendono difficile da smentire”.
Harper dice che il suo amico gay non era affatto sorpreso dalle parole del sacerdote perché quest’omelia così piena di pregiudizi era “quello che si aspettava dalla Chiesa”. Egli stesso fece quest’esperienza dopo la sparatoria al nightclub gay di Orlando il giugno scorso. In entrambi i casi il pregiudizio la fece da padrone.
Questo incidente ha dato molto da riflettere ad Harper – riflessioni che, suggerisce, sarebbero opportune per una Chiesa che, pian piano, cerca di essere più inclusiva:
“Ma quanti di noi sanno come si sentono le persone LGBT cattoliche e non? Non solo sulle questioni ‘calde’, ma come si sentono ogni giorno, sul lavoro, nel tempo libero o, Dio non voglia, in chiesa?… “Penso che tutti i cattolici dovrebbero accettare il fatto che le idee non proprio positive sulla nostra religione non sono solo il risultato di fraintendimenti o ribellioni. Il fatto che il cattolicesimo sia fonte di conforto per molti non vuol dire che lo sia per tutti. Dovremmo capirne le implicazioni”.
L’articolo di Harper, finisce suggerendo che i cattolici dovrebbero rispondere agli interrogativi delle persone LGBT ascoltando, perché questa è “una di quelle situazioni che non richiede tanto la conversione degli altri quanto la nostra”.
Questa conversione ecclesiale potrebbe essere particolarmente importante secondo un nuovo studio del Pew Research Center, riportato dal gesuita Thomas Reese nel National Catholic Reporter. Si tratta di un indagine tra i cristiani statunitensi su quali siano le cose importanti che spingono ad unirsi ad una nuova congregazione. Reese ne commenta così i risultati:
“Le cose importanti per una persona che ha intenzione di entrarvi sono lo stile della preghiera e il sentirsi benvenuti”.
Mentre i protestanti considerano questi fattori come i più importanti, il 71% dei cattolici dice è importante sentirsi ben accetti dai loro pastori ed il 67% afferma invece che è la preghiera ad essere importante. Reese ha scritto che “ci sono sacerdoti che ignorano queste istanze a loro rischio e pericolo” e che queste aumenteranno nel tempo.
Troppi cattolici LGBT ed i loro famigliari hanno fatto esperienza di una cura pastorale priva di sensibilità e di omelie dannose come quella descritta da Brian Harper. È triste sapere che troppi cattolici siano stati esclusi da un linguaggio offensivo o da un clero sprovveduto.
Se i pastori della Chiesa sono davvero interessati a evangelizzare, il primo passo sarà assicurarsi che i parrocchiani si sentano benvenuti e che ogni persona trovi nella Chiesa un luogo tranquillo e protetto. Potrebbero iniziare semplicemente mettendo fine alle omelie contro le persone LGBT e le loro relazioni.
E per il clero che si troverà a predicare durate la festa della Sacra Famiglia dell’anno prossimo, o per qualcuno a cui interessassero parole commoventi sulle famiglie LGBT, leggete le riflessioni sull’argomento del diacono Ray Dever che potete trovare qui o quelle di Joseanne Joseph Peregin, sempre sul tema della Sacra famiglia, cliccando qui.
Testo originale: Why Good Homilies Matter, Especially for LGBT Issues