“Più grande è l’amore”. Storie di giovani cattolici LGBTQ+ nella veglia di Mestre
Testimonianza tenuta dal gruppo “Più grande è l’amore”, giovani cattolici LGBTQ+ di Treviso e Venezia, alla Veglia di preghiera per le persone che soffrono discriminazioni e violenze legate all’identità di genere e all’orientamento sessuale di Mestre (Venezia) del 14 maggio 2025
Noi siamo (il gruppo) “Più grande è l’amore”, un nome che racchiude un amore senza confini. In questo spazio pensato per giovani cattolici LGBTQ+ di Treviso e Venezia, ogni espressione d’amore trova rispetto, comprensione e aiuto concreto per vivere pienamente la propria fede e la propria identità. Ed ecco qui oggi manifestarsi, seppur ancora oscurata ma tenacemente presente, una Chiesa che dall’interno lotta contro il muro dell’omotransfobia.
Questo luogo non nasce per “accogliere chi deve essere perdonato”, perché non c’è nulla da perdonare e nessuno da accogliere con condiscendenza, ma piuttosto spalanca le porte per riconoscere la pienezza della nostra umanità, dopo anni di sguardi che hanno ferito, di silenzi che hanno escluso e di un’omofobia interiorizzata che ci ha portato, anche, a dubitare di noi stessi.
Proprio per questo, la nostra diversità, o meglio ancora, la nostra unicità diventa anche la nostra forza, che si traduce in un grande sogno: desideriamo un giorno in cui non avremo più bisogno di nasconderci, un giorno in cui ogni parrocchia sarà una vera casa per tutti. Con queste parole e con le nostre storie, noi di “Più grande è l’amore” scegliamo la dignità. Scegliamo di non obbedire a condizioni che vorrebbero negare la nostra esistenza e il nostro valore.
Siamo cattolici, siamo queer e con fierezza lo affermiamo.
Io sono Matteo e la mia storia è quella di un uomo gay di 33 anni, proveniente da Fossalta di Piave. Esprimere il proprio orientamento è una liberazione profonda, una possibilità negata a molti. Per anni, fino ai miei 26, anch’io ho vissuto nel timore del giudizio, condizionato da incontri difficili. Avrei potuto accettarmi prima, in un contesto più accogliente, ma nel 2013 mi imbattei in esperienze negative che mi portarono a intraprendere un percorso di terapie riparative per circa tre anni. La mia adolescenza fu segnata dal cyberbullismo, rendendomi particolarmente vulnerabile.
In quel periodo, nel 2013, nel mio vicariato si tenne un incontro sull’omosessualità che presentava l’idea di poter ‘guarire’ attraverso terapie riparative. In un momento di fragilità, credetti a quelle parole e intrapresi quella terapia. Durante quel percorso, mi fu detto di reindirizzare i miei sentimenti verso gli uomini in attività creative.
Tuttavia, l’amore inaspettato per Marco, conosciuto in Azione Cattolica, ruppe queste barriere nel 2015, portandomi a interrompere quel percorso nei primi mesi del 2016, desideroso di affrontare quella situazione da solo. In quel periodo, vivevo anche con la forte paura che il mio coming out potesse portare giudizi sulla mia famiglia nel mio paese, temendo commenti dolorosi rivolti a mia madre (“Poverina che ha un figlio gay”) e a mio fratello prete (“Povero che ha un fratello gay”).
Anche per mia madre, il coming out avvenuto otto anni fa, con il sostegno del mio psicoterapeuta, è stato un percorso difficile, poiché temevo che non mi avrebbe creduto se glielo avessi detto da solo. Grazie poi al sostegno di una suora e di un nuovo psicoterapeuta, compresi che la mia omosessualità era una naturale variante dell’essere umano.
Riconoscere la mia omosessualità aprì un orizzonte inaspettato, ma la paura di perdere Marco era forte, soprattutto perché non avevo amici gay nella mia zona con cui confrontarmi e l’unico punto di riferimento era l’Arcigay di Padova. Solo in seguito, nel 2017, trovai accoglienza in questa nuova comunità, ma ciò coincise con la fine dell’amicizia con Marco. Compresi col tempo che ognuno porta le proprie croci, spesso in solitudine.
Il mio coming out mi ha rivelato chi mi era realmente vicino, pur perdendo alcune persone ancorate a stereotipi. Oggi, mi sento più libero e autentico, capace di coltivare relazioni vere. Con altri giovani cristiani LGBTQ+, condivido la mia storia in diversi contesti, consapevole che, sebbene la mia fecondità non sia quella tradizionale, posso donare tutto me stesso nell’amore. Perché non esiste un amore di serie A o B, esiste solo l’amore.
Continuiamo ora raccontandovi di lei, una ragazza che ha avuto bisogno del nostro sussurro per far sentire la sua storia. Già in questa difficoltà di raccontare in prima persona, si percepisce tutto il dolore di chi non si sente pienamente libero, di chi teme ripercussioni solo per essere se stessa. Lei appartiene agli scout d’Europa. Non un semplice gruppo, ma il luogo delle sue radici. Lì ha mosso i primi passi, lì ha imparato i valori che la guidano, lì è cresciuta, diventando la donna bisessuale che è oggi.
Ma questo suo amore, in quel contesto è una verità taciuta che, se rivelata, porterebbe all’esclusione. Così è successo. Un giorno, la stanchezza di dover nascondere una parte così fondamentale di sé, si è fatta insostenibile. Con coraggio ha confidato la verità ai suoi responsabili, sperando nella loro comprensione e umanità. Invece, la reazione è stata immediata e questo ha portato i suoi responsabili ad allontanarla dal suo incarico.
Da guida stimata e punto di riferimento, è diventata qualcuno da allontanare dai giovani di cui si prendeva cura con tanto amore. Quasi come il suo amore potesse essere una macchia, una contaminazione da evitare. Avrebbe potuto andarsene, sentendosi tradita e umiliata, invece, con una forza interiore sorprendente, ha scelto una strada più difficile, più coraggiosa. Ha deciso di restare. Di lottare dall’interno, con la speranza di smuovere le coscienze, di far breccia in quel muro di pregiudizi.
Il suo obiettivo primario non è tanto riavere il suo ruolo, quanto assicurarsi che storie come la sua non debbano più ripetersi per nessun altro in futuro. Fortunatamente, non è sola in questa battaglia. Alcuni dei suoi amici capi la sostengono, le offrono un nuovo spazio di azione, un modo per far comprendere a tutti l’assurdità e la profonda ingiustizia di questa esclusione.
Questo è la dimostrazione che anche all’interno di realtà rigide possono fiorire semi di solidarietà. In questo suo difficile percorso, un prezioso sostegno le viene offerto anche dalla vicinanza di figure come Don Francesco, un sacerdote che con coraggio si schiera al suo fianco, offrendo un raggio di speranza e la certezza che non è sola nel suo desiderio di un futuro più giusto.
Infine, desideriamo condividere i germogli di speranza che stanno fiorendo, in particolare grazie al prezioso lavoro della Rete Nazionale La tenda di Gionata, di cui con gioia fanno parte il nostro gruppo Più grande è l’amore, il gruppo Tutti figli di Dio e il gruppo Il Mandorlo, stasera qui con noi presente. Vogliamo donarvi qualcosa di tangibile che testimoni la bellezza di questa rete e del nostro desiderio di una Chiesa che includa tutti: questa raccolta di storie.
La vicinanza di chi condivide il nostro stesso percorso è una forza che ci sprona ad andare avanti con ancora più determinazione. Ci riferiamo ad una chiesa che è più viva che mai, animata dalle veglie che si stanno celebrando in questi giorni in ogni regione d’Italia. Veglie che vogliono dare voce a persone lesbiche, gay, bisessuali, trans o queer. Aspiriamo a un tempo in cui potremo vivere veglie nella piena libertà di essere noi stessi senza dover scendere a compromessi.
Significativo, in questo senso, è stato quanto emerso nelle fasi conclusive dell’Assemblea Sinodale, dove, nonostante le resistenze incontrate da alcune proposizioni riguardanti le donne e la comunità LGBTQ+, la forte reazione di chi non voleva fare passi indietro ha dimostrato che c’è piuttosto una grande e condivisa voglia di andare avanti in questo nuovo cammino tracciato per la nostra Chiesa. Una via nuova, quindi, è veramente possibile, esiste già.
Stasera, ognuno di voi rende anche Venezia parte di questo cambiamento, manifestando che noi qui presenti, fisicamente o con il pensiero, desideriamo contribuire a quest’evoluzione. Ciò che è ancora più significativo è riavvicinarsi di coloro che avevano perso fiducia in una chiesa percepita come chiusa, ma che ora sono attratti da una comunità che costruisce ponti, così come ci esortano con forza i nostri Pontefici, prima Francesco e oggi Leone XIV. Con la nostra presenza e la nostra preghiera, stasera facciamo sentire la voce di una Chiesa Veneziana più inclusiva. Preghiamo perché l’amore vinca l’odio, preghiamo perché il rispetto sconfigga l’ignoranza, preghiamo perché l’ascolto rompa il muro del silenzio e dell’omotransfobia.
Preghiamo per una Chiesa dove il rispetto illumini ogni cuore, dove il coraggio di esporsi sia un dono accolto, dove la capacità di riconoscere la verità altrui generi spazio e inclusione per tutti, senza fare preferenze di persone, guidati da un unico comandamento: l’amore. Concludendo, come nella parabola dei talenti, ciò che conta non è la quantità dei doni ricevuti, ma come scegliamo di farli fruttare. E uno dei doni più preziosi che abbiamo ricevuto e che desideriamo far fruttare è questa rete di collaborazione e sostegno che rende possibile momenti come questa veglia.
Un ringraziamento speciale va a tutti coloro che hanno reso possibile la veglia di oggi, è un momento significativo perché per la prima volta diverse realtà hanno unito le forze per rispondere a questo nostro bisogno di pregare insieme. Questo insegna come la paura non debba paralizzarci, spingendoci a nascondere chi siamo per timore del giudizio.
Il Vangelo ci invita ia testimoniare la bellezza della diversità nella fede, con il coraggio di essere parte viva di questa Chiesa. Chi investe con coraggio i propri talenti viene accolto con gioia. Che questo sia allora un invito per la Chiesa stessa: perché i doni di ognuno siano finalmente riconosciuti e valorizzati.
Proprio sull’eredità di apertura che Papa Francesco ha seminato e sull’onda di questo Giubileo, che ci chiama ad essere protagonisti attivi, il nostro gruppo parteciperà con gioia alle giornate del 5-6 settembre a Roma, dove oltre 900 persone appartenenti alla comunità queer cristiana cattolica si raduneranno. Anche noi andremo lì, ad alimentare il fuoco di questa Chiesa viva e inclusiva che tanto sogniamo e per la quale abbiamo scelto di investire tutti i nostri talenti.
> Tutte le città dove si veglierà a maggio/giugno 2025 per il superamento dell’omotransbifobia
> Preghiere e testimonianze che hanno scandito le liturgie delle Veglie per il superamento dell’omotransbifobia
