Prego e soffro per l’assassinio del nostro fratello in Iran
Dalla predicazione di Pawel Gajewski, pastore della Chiesa Valdese di Firenze, del 23 Settembre 2007
Carissimi sono stato ore davanti al Pc cercando parole che prendessero il posto del dolore per l'assassinio di un nostro fratello in Iran. Ma non ne ho trovate. Il dolore ha bisogno di fare la sua parte nelle nostro cammino di fede. Prego e soffro. Ma non parlo e non scrivo per ora. Vi posto, invece, un "pezzo" di predicazione del pastore valdese Pawel Gajewsky della Chiesa Valdese di Firenze. E aspetto momenti migliori e soprattutto ….che in questi momenti di dolore ci si risvegli… e si faccia sentire la nostra presenza. (Fra Roberto)
La morte è il problema fondamentale dell’essere umano. Il sociologo della religione Peter Berger (che è anche un credente luterano) in uno dei suoi saggi (Il brusio degli angeli.
Il sacro nella società contemporanea) afferma che le religioni non sono altro che tentativi di risoluzione del problema della morte. Esse sono caratterizzate da diverse strutture e gradi di attendibilità.
Per noi, credenti cristiani di oggi, l’attendibilità del racconto di Luca che stiamo meditando in questo momento (Luca 7,11-16 ndr) è senz’altro la questione centrale. Le nostre personali esperienze di lutto ci portano ad affermare che l’unica attendibilità di questo racconto è di natura escatologica.
In altre parole: noi aspettiamo la risurrezione dei morti alla fine dei tempi e questa speranza ci aiuta a superare, il più delle volte con tantissime difficoltà, la morte di una persona amata e l’angoscia per il nostro futuro dopo la morte.
Ma è veramente l’unica possibilità di applicare la storia del giovane di Nain alla nostra esistenza? Io penso che non sia così! Nel suo racconto Luca presenta un Dio-Uomo pieno di compassione per la sofferenza della vedova che ha perso il suo unico figlio: Il Signore, vedutala, ebbe pietà di lei (letteralmente: la compatì – ‘esplagchnisthê’) e le disse: «Non piangere!» (v. 13).
«Non piangere!», questo annuncio è oggi rivolto a chiunque pianga la perdita di una persona cara. Quando la Chiesa di Gesù Cristo nella sua predicazione ripete questa esortazione, non lo fa dando sfogo a una semplice compassione umana. Lo fa fondandosi sull’annuncio della risurrezione di Colui che ha sperimentato l’angoscia della morte. Sì, Dio condivide con noi l’angoscia della morte! […].
Sopra il dolore e l’angoscia domina tuttavia il gioioso annuncio della risurrezione. La risurrezione non è una realtà lontana. Quando nel Credo confessiamo la fede nella comunione dei santi noi affermiamo che i nostri morti vivono, che sono stati da Dio risuscitati nello stesso momento in cui noi piangevamo la loro morte: «O morte, dov'è la tua vittoria? O morte, dov'è il tuo dardo?» (1Corinzi 15,55).
Le parole di questo antico inno cristiano sono il migliore commento alla storia del giovane di Nain e la principale fonte della nostra certezza di vita eterna.