“Mi sentivo sbagliato”, vittima dell’omofobia dei miei compagni
Articolo di Alessandra Maugiarotti dal Corriere della sera del 8 aprile 2007
"Un pò mi vergogno a dirlo, ma anch’io ho pensato di uccidermi come ha fatto Matteo perché mi sentivo terribilmente solo". "Mi canzonavano e ogni volta all’inizio mi veniva di rompere tutto… perché io lo sapevo che in qualche modo avevano ragione, che io ero diverso dà loro". Tra le tante cose che poteva fare, Corrado ha scelto di parlare con i suoi genitori e di denunciare i compagni quando gli scherzi sono diventati anche una faccenda di mani. "Con il placet della mamma e la perplessità di papà, voglio solo raccontare la mia storia per dire ai “grandi” che di Matteo ce ne sono tanti e ai tanti Matteo che non sono soli".
La prima volta è stata alla testa di compleanno della sua miglior amica: “Io e Ada stavamo ballando. Uno della compagnia di sua sorella mi ha spinto per terra e mi ha urlato nelle orecchie che solo i ragazzi e le ragazze potevano ballare insieme, quelli come me dovevano prendere la scopa”. La seconda è stata quando la sua squadra di basket ha vinto il campionato:
"Stavamo facendo festa negli spogliatoi, uno dei miei compagni ha intonato un coro e gli altri gli sono andati dietro dicendomi che ci avrebbero consegnato un trofeo più grande se solo avessero saputo che tra i giocatori c’era anche una femminuccia".
La terza è stata invece la prima fermata verso quello che Corrado adesso chiama «l’incubo», l’arrivo nella sua classe di uno studente ripetente: "Lo conoscevo bene perché viveva nel mio stesso paese, avevamo anche giocato insieme. Dal primo giorno però ha cominciato a prendermi in giro: in classe, nei corridoi, in palestra, persino per strada".
Così che, se la prima volta Corrado è rimasto tutta la sera in un angolo guardando gli altri ballare e la seconda si è fatto portare a casa dai genitori rinunciando alla pizza di gruppo, «dalla terza alla novantanovesima» ha pensato che c’era solo un modo per liberarsi dall’incubo ad occhi aperti: “Chiuderli per sempre, farla finita Un pò mi vergogno a dirlo, ma anch’io ho pensato di uccidermi come ha fatto Matteo perché mi sentivo terribilmente solo. La mia professoressa di italiano però l’ha capito e mi ha spiegato che tra tutte le cose che potevo fare quella sarebbe stata sicuramente la più stupida”.
Tra le tante cose che poteva fare, Corrado ha scelto di parlare con i suoi genitori e di denunciare i compagni quando gli scherzi sono diventati anche una faccenda di mani.
Adesso nella sua vita, nei suoi "quasi diciotto anni", ci sono solo nomi di fantasia, una città della Lombardia che non è quella dove è nato, una scuola che non è quella dove ha iniziato a studiare per il suo futuro, una classe che è diventata la sua solo a metà del terzo anno delle superiori. Ma parla del suo «incubo» con una maturità più grande di lui.
«Mi canzonavano e ogni volta all’inizio mi veniva di rompere tutto – racconta con una voce profonda che quasi stona con il suo corpo lungo e sottile -. Poi però, appena mi trovavo solo, l’unico pènsiero che iniziava a martellarmi il cervello era quello di rompere me stesso. Perché io lo sapevo che in qualche modo avevano ragione, che io ero diverso dà loro. Ma allora pensavo che questo fosse una cosa sbagliata.
Allora Corrado quasi si vergognava: "Perché pensavo di essere sbagliato ma anche perché non riuscivo a farmi capire. Mi sentivo in colpa perché credevo cha avrei deluso i miei genitori perché temevo che prima o poi avrebbero iniziato a prendere in giro anche mio fratello più piccolo".
E per lui (e per i pantaloni della tuta infilati sotto i jeans per non dovermi esporre allo scherno») che un giorno, dopo l’ora di educazione fisica, è finita a cazzotti: "Mi avevano chiesto se lo facevo dormire con me. Mi hanno spinto, ho reagito, ma ho avuto la peggio: cadendo dalle scale mi sono rotto un braccio. Ai miei ho detto che avevo fatto tutto da solo».
Poi però oltre ai quattro in matematica sono arrivati i brutti voti anche in italiano: "Io non sono mai stato un secchione, ma la mia insegnante mi ha chiesto che cosa stava succedendo. I miei compagni mi assillavano, lei dieci volte di più. Così che un giorno mi ha accompagnato a casa e insieme abbiamo parlato ai miei genitori. Lorò mi hanno proposto di cambiare scuola e città".
La nuova camera di Corrado è piena di colori e di musica. Ma come li c’è spazio per una fotografia di Ostia Bruni e una stampa di Gauguin, per i dvd di Woody Allen e per un cd di Tiziano Ferro, nel suo animo tutto è ancora così sottosopra che preferisce non parlare di come il suo "essere Corrado e solo Corrado sta diventando assolutaniente normale". Del resto penso che sia anche normale sentirmi un po’ come la foto di Marty in Ritorno al Futuro: sfuocato. Con il placet della mamma e la perplessità di papà, voglio solo raccontare la mia storia per dire ai “grandi” che di Matteo ce ne sono tanti e ai tanti Matteo che non sono soli".