Quali frutti ha dato, sino a ora, il percorso sinodale della chiesa italiana?
Trascrizione dell’intervento tenuto dal gesuita padre Pino Piva*, membro del Comitato nazionale sinodale della chiesa italioana, nel laboratorio “Quali frutti ha portato il percorso sinodale della chiesa italiana?” tenuto alla “3giorni. Tanti linguaggi, un solo Vangelo” de La Tenda di Gionata (Albano Laziale, 13-15 giugno 2025) il 14 giugno 2025
Si sta concludendo il lungo percorso sinodale che la Chiesa Italiana ha vissuto negli ultimi anni. Un percorso sinodale importante che ha accompagnato quello che ha coinvolto l’intera Chiesa cattolica tra il 2022 e il 2024. Abbiamo chiesto a padre Pino Piva di aiutarci a capire quali frutti il percorso sinodale della Chiesa italiana ha portato e quali può ancora portare.
… Prima di iniziare, vorrei solo capire: quanto conoscete del Cammino sinodale? Sapete che è in corso un Cammino sinodale in Italia? Che è iniziato ormai da almeno quattro anni? E che al termine di questo percorso dovrebbe essere prodotto, da parte della CEI, un documento che offrirà le linee pastorali per i prossimi cinque anni?
È un cammino che si è voluto costruire dal basso, a partire dalle comunità cristiane locali, attraverso un grande ascolto. Si è partiti con un’indagine iniziale fatta di domande rivolte alle comunità, poi sono seguiti tanti momenti di confronto e lavoro. Tutto questo materiale è stato raccolto ed elaborato nel tempo. Immagino che abbiate sentito parlare di tutto questo, giusto?
Ora vi mostro la struttura del Cammino, come è stato pensato. Forse qualcuno di voi se lo ricorda, oppure per alcuni sarà la prima volta che ne sente parlare.
Siamo partiti nel 2021 con quella che è stata chiamata la fase narrativa. Le fasi principali sono tre. La prima appunto è quella narrativa, in cui si è voluto partire davvero dalla base, cioè dalle comunità locali. Questa fase si è svolta in parallelo con la prima fase del Sinodo dei Vescovi a livello universale, che – come sapete – si è strutturato in due grandi Assemblee. Anche a livello universale, si è partiti dal desiderio di raccogliere il sentire delle comunità cristiane sparse in tutto il mondo.
Quindi, dopo aver raccolto i contributi nazionali e continentali, si è arrivati alla prima Assemblea che ha prodotto un documento universale; quindi si è celebrata la seconda Assemblea. Ma tornando al nostro contesto italiano, anche noi nella prima fase abbiamo organizzato gruppi sinodali nelle diocesi, ma anche oltre le diocesi. Ad esempio, tutto il movimento dei cristiani LGBT+, le associazioni, hanno dato vita a gruppi sinodali di base in molti contesti. Tutto questo materiale è stato inviato alla Segreteria del Cammino sinodale.
L’Assemblea dei Vescovi ha quindi elaborato una sintesi nazionale italiana, che è servita sia per il Sinodo dei Vescovi sia per il proseguimento del nostro Cammino italiano. Successivamente, i gruppi sinodali si sono trasformati nei cantieri sinodali locali, chiamati anche “Cantieri di Betania”. Forse alcuni di voi hanno già sentito questo termine. L’obiettivo era quello di iniziare un dialogo più concreto, a partire dalle riflessioni già emerse, dentro le diocesi.
Da lì si è passati alla fase sapienziale, per iniziare a discernere ciò che emergeva dal vissuto delle comunità. Si trattava di capire quali aspetti valorizzare maggiormente e quali, forse, potevano rimanere in secondo piano. Le varie diocesi hanno inviato quindi delle sintesi diocesane relative ai Cantieri di Betania.
Parallelamente, lavorava anche un Comitato nazionale, composto da 70-80 persone scelte dalla CEI, una sorta di “senato” che doveva aiutare la presidenza del Cammino Sinodale a rielaborare tutto il materiale. Anche io sono stato chiamato a far parte di questo comitato, insieme a Rosario Lo Negro, un giovane LGBT+, proprio per portare l’attenzione pastorale su questa realtà. Abbiamo cercato di far sì che anche le riflessioni e le esigenze delle persone LGBT+ venissero tenute in conto.
A partire dalle sintesi diocesane e dal lavoro del comitato nazionale sono usciti i cosiddetti Lineamenta, cioè un documento di sintesi che tracciava le prospettive su cui si voleva lavorare. Questo documento individuava tre ambiti principali:
- Una prospettiva missionaria, per una Chiesa più aperta all’annuncio e all’incontro.
- Una prospettiva formativa, per rafforzare la preparazione dei cristiani, degli operatori pastorali, dei sacerdoti.
- Una prospettiva che si occupa della partecipazione alle strutture ecclesiali, per ripensarle e riformarle, anche per una vera partecipazione delle donne.
A partire da questi Lineamenta, si è svolta la prima Assemblea Sinodale Italiana, con oltre 1000 delegati. Questo perché, oltre ai più di 200 vescovi italiani, erano presenti i delegati di ogni diocesi, i membri del comitato nazionale, e alcuni rappresentanti di realtà ecclesiali che non coincidono con le diocesi, come le comunità di base. Dea, ad esempio, era presente proprio come rappresentante di una comunità di base.
In quell’assemblea si è lavorato a una bozza di strumento di lavoro, che poi è stato restituito ai gruppi e alle diocesi. Questo strumento di lavoro conteneva 50 schede tematiche, su cui si doveva riflettere. Molti di noi lo hanno visto e utilizzato. Per quanto riguarda la nostra realtà, la scheda che sentivamo più vicina era la scheda n. 5, ma anche altre toccavano comunque i nostri temi.
La scheda 5 in particolare riguardava il riconoscimento e la pastorale con le persone LGBT. Era una scheda molto densa, che in alcuni punti richiedeva una revisione, ma era comunque un’opportunità concreta per fare proposte e confrontarsi.
Tutte le riflessioni elaborate a partire dalle schede sono state inviate alla segreteria del Cammino sinodale, e questo lavoro è poi confluito nella seconda Assemblea Sinodale Italiana, che si è tenuta dal 31 marzo al 3 aprile 2025.
Prima di questa seconda Assemblea, la Presidenza del Comitato nazionale, insieme al Consiglio permanente CEI, ha dunque elaborato un documento, con una serie di proposizioni – cioè affermazioni e orientamenti – che dovevano essere discussi, eventualmente modificati o approvati durante questa ultima Assemblea Sinodale.
Ma cosa è successo in quella seconda Assemblea, che doveva essere l’ultima? È accaduto che i delegati hanno avuto pochissimo tempo per leggerlo prima dell’Assemblea; e, appena letto, ci si è immediatamente resi conto che era assolutamente insufficiente. Era scritto in modo molto generico, con proposizioni scarne, impersonali, che non toccavano davvero le questioni pastorali emerse in questi anni di lavoro.
La mattina del primo giorno, tantissimi interventi in Aula Paolo VI hanno manifestato una forte delusione. I circa 50 interventi – a fronte di un centinaio di richieste a parlare – sono stati molto critici. Tutti: vescovi e delegati diocesani, Comitato e altri rappresentanti, hanno espresso un giudizio negativo sul documento, che sembrava censurato, impoverito. Non si capiva bene chi lo avesse redatto, né da dove arrivasse quella redazione così povera di contenuti reali. Insomma, non piaceva a nessuno. E non solo a noi.
Durante l’Assemblea sinodale ci è stato chiesto a tutta l’Assemblea di lavorare in gruppi per emendare le proposizioni del documento. Fin da subito, ci siamo resi conto che il testo così com’era non poteva essere emendato, perché era stato talmente stravolto da risultare quasi irriconoscibile rispetto al lavoro che era stato fatto nei mesi precedenti.
Abbiamo avuto a disposizione solo mezza giornata per lavorare su tutte le proposizioni. Era evidente che non si poteva approvare quel documento. L’Assemblea (vescovi, delegati e Comitato) lo ha fatto capire chiaramente. Eppure quel testo, in teoria, avrebbe dovuto essere presentato alla prossima Assemblea della CEI di maggio 2025, per diventare la base di un documento di orientamento pastorale per i prossimi anni in Italia.
E invece… quel documento è saltato del tutto.
Ora, vi mostro solo per darvi un’idea del tipo di lavoro che abbiamo dovuto fare in quella mattina, prima della votazione che ha poi rifiutato il documento. Nei gruppi abbiamo rivisto proposizione per proposizione, e ci siamo resi conto che praticamente tutto doveva essere cambiato. Ogni gruppo ha ripreso il documento in mano e si è chiesto: cosa si può modificare? cosa va rivisto?
Il gruppo di cui facevo parte eravamo circa una trentina di persone, compresi 4 vescovi diocesani. In tutto c’erano una trentina di gruppi: mille delegati divisi in sottogruppi da circa 30 persone. In ogni gruppo si è lavorato in modo molto serrato.
Solo come esempio riporto l’unico riferimento alla pastorale con persone LGBT+ nel documento da emendare, a fronte di tutto il materiale inviato dal movimento dei cristiani LGBT+ (gruppi sinodali, associazioni nazionali, rete sinodale, etc.) dalle molte diocesi che nelle loro sintesi citavano questa pastorale:
“Le diocesi, avvalendosi di esperienze formative e pastorali già in atto, si impegnino nella formazione di operatori e in nuovi percorsi, perché le comunità siano compagne di viaggio e favoriscano l’integrazione delle persone che si sentono ai margini della vita ecclesiale, a causa delle loro relazioni affettive e condizioni familiari ferite o non conformi al matrimonio sacramentale (come divorziati risposati, conviventi, ecc.), oppure a causa del loro orientamento sessuale o della loro identità di genere” (Proposizione 5).
Punto. Nient’altro.
Capite il problema? Dopo anni di lavoro, di ascolto, di proposte condivise, ci ritroviamo un testo che riduce tutto a una frase generica e marginale. E non solo su questo tema, ma su tante altre questioni. Questo, insieme a tante questioni importanti, trattare allo stesso modo, a fatto in modo che il testo fosse stato rimandato indietro.
Verso la terza Assemblea sinodale
Proprio in virtù delle difficoltà emerse, è stata decisa una terza Assemblea sinodale. Il documento va riscritto da capo, con un’altra modalità e un’altra impostazione. È stato stabilito un nuovo cronoprogramma per arrivare alla stesura finale delle proposizioni per la fase profetica.
Vi leggo il testo con cui si è conclusa l’Assemblea di aprile. È una mozione votata da tutti i presenti, che dice così:
«L’Assemblea sinodale delle Chiese in Italia, riunita a Roma dal 31 marzo al 3 aprile, nel solco del cammino di questi anni, continua a cogliere i segni dell’azione di Dio nel cambiamento d’epoca e rilancia il percorso ecclesiale di conversione missionaria.
Riconosce l’ascolto reciproco come cifra di tutto il processo sinodale e, valutando la situazione delle comunità ecclesiali nei diversi territori del Paese, accoglie quanto è emerso in termini di esperienze, criticità, risorse e partecipazione.
Stabilisce pertanto che il testo delle proposizioni, dal titolo Perché la gioia sia piena, venga affidato alla Presidenza del Comitato nazionale sinodale. Con il supporto del Comitato stesso e dei facilitatori dei gruppi di studio, si provvederà alla redazione finale, accogliendo gli emendamenti e le priorità emerse. L’Assemblea fissa un nuovo appuntamento per la votazione del documento contenente le proposizioni, che avverrà sabato 25 ottobre.»
Quindi, tutto è stato rimandato al 25 ottobre 2025, con un metodo nuovo. E soprattutto: non sarà più la Presidenza del Cammino Sinodale, in particolare i vescovi, a riscrivere il documento, ma anche il Comitato Nazionale e i facilitatori dei gruppi di studio, che prima non erano stati coinvolti.
Si è deciso di procedere con un nuovo programma di lavoro.
Il documento sta per essere completamente rielaborato dalla Presidenza del Comitato nazionale. Lo chiamano “testo martire” perché è un testo che deve morire: deve essere sottoposto a critiche, correzioni, confronti anche duri, per poi generare un testo che sia davvero condiviso da tutti.
Ecco le prossime tappe previste per lavorare su questo testo:
18 giugno: incontro della Presidenza del Cammino Sinodale per una prima revisione.
4 luglio: nuovo incontro della Presidenza (formata da vescovi, sacerdoti e laici).
11-12 luglio: il Comitato nazionale sinodale (di cui faccio parte anch’io) sarà convocato per riesaminare il testo e proporre eventuali aggiunte.
16 luglio: il testo verrà inviato al Consiglio permanente della CEI (circa 30 vescovi).
10 agosto: il Consiglio permanente valuterà il documento anche con contributi esterni.
22 agosto: la Presidenza del Comitato sinodale rivedrà il testo insieme al Comitato nazionale.
3 settembre: la Presidenza CEI discuterà il testo finale.
6-7 settembre: il Comitato nazionale sarà riconvocato per una nuova rilettura.
Dopo il 7 settembre: il testo approvato sarà inviato a tutti i delegati diocesani, che potranno leggerlo, discuterlo e suggerire ulteriori modifiche prima della votazione finale.
L’obiettivo è arrivare il 25 ottobre a una vera votazione, dopo un percorso di ascolto, revisione e condivisione che questa volta sia serio e partecipato, a differenza di quanto accaduto nella seconda Assemblea.
Dal mio punto di vista, credo che — per quanto riguarda la pastorale con le persone LGBT — il massimo che possiamo realisticamente portare a casa si concentri attorno a due proposizioni del vecchio documento rifiutato: la numero 2 e la numero 5. Sono affermazioni ancora molto generiche, questo va detto con onestà. Ma — e lo dico con fiducia — aprono una porta.
Aprono la porta a un lavoro pastorale più preciso, in cui cominciano a essere indicati alcuni criteri. Non è ancora tutto quello che ci aspettavamo, ma è qualcosa che può essere sviluppato. È un piccolo passo che però potrebbe darci modo, col tempo, di costruire percorsi più chiari, concreti, condivisi. E questo non è poco.
Almeno, questa è la mia impressione. Speriamo che davvero non sia l’unico risultato.
*padre Pino Piva è sacerdote gesuita esperto di formazione degli operatori pastorali nei percorsi di accompagnamento pastorale con le persone omosessuali e i loro familiari. Su questi temi ha pubblicato “Dignità e responsabilità. Un cammino di liberazione spirituale per tutt*” (editrice il Pellegrino, 2024) e con Andrea Grillo e Aristide Fumagalli il volume “La (non) benedizione delle coppie omosessuali. Questione critiche in Fiducia supplicans” (editrice Queriniana, 2024).

