Quando il cuore si TRANSfigura nell’ascolto delle persone trans e dei loro genitori”
Riflessioni bibliche di Fabio Trimigno del gruppo Zaccheo, cristiani LGBT di Puglia, sulla discussione tenutasi nel gruppo 3 dell’incontro online “TRANSizioni. I cammini delle persone transgender e dei loro genitori” (28 marzo 2021)
Dopo un breve giro di presentazioni, i partecipanti sono intervenuti a turno, esprimendo le riflessioni o raccontando le esperienze personali che sono emerse dalla presentazione delle testimonianze e dalle domande proposte, di seguito riportate: “Hai già conosciuto delle persone transessuali o i loro genitori? Cosa mi ha colpito delle testimonianze che hai ascoltato? Cosa può fare ognuno di noi per combattere i pregiudizi?”.
Una prima risonanza è arrivata da una persona impegnata nell’ambito del riconoscimento dei diritti civili, coinvolta pertanto anche nei diritti civili (e sociali) delle persone LGBT+; oltre ad una finalità di “giustizia sociale”, tuttavia, è emerso che la presenza di persone LGBT+ sia un valore per la società.
Una domanda molto sentita, che è stata proposta al gruppo, è stata quella di capire il rapporto che c’è tra la comunità LGBT+ e la professione di fede, ovvero le motivazioni per cui una persona LGBT+, o familiare, resta in una confessione di fede che la osteggia apertamente, divenendo in questo modo corresponsabile delle azioni dell’istituzione religiosa.
Una seconda risonanza è arrivata da una persona LGBT+, convivente da 14 anni (di cui 2 anni di unione civile), che ha condiviso due momenti della propria storia personale e alcune considerazioni.
Un primo racconto è stato relativo al re-incontro di una parente che era stata allontanata dalla famiglia perché transessuale e che, a seguito di un semplice “ciao” seguito dal suo nome, “brillarono” gli occhi perché le era riconosciuta l’appartenenza di “sangue” da un componente della famiglia: restituire una identità di appartenenza è già un primo passo verso l’accoglienza.
Il secondo racconto (portato per rispondere al quesito del perché restare all’interno della Chiesa e per esemplificare l’importanza di aprirsi al dialogo) è stato relativo ad una aggressione subita dalla coppia che, dopo avere denunciato l’aggressore, lo ha invitato a cenare a casa propria per fargli conoscere la vita “ordinaria” di una coppia omosessuale.
È stata quindi sottolineata l’importanza di creare rete, per evitare che le persone si sentano sole, e di fare testimonianza, in modo che si moltiplichino le “Maria e Marta” che continuino a togliere le bende ai “Lazzaro” che fanno coming out ed escono dal proprio sepolcro.
Infine è stata suggerita la lettura del libro “Siamo tutti diversi-per una teologia queer” di Teresa Forcades (monaca benedettina, medico e teologa)
É seguita poi la prima testimonianza di una persona con incarico pastorale che ci ha ringraziato per le testimonianze ricevute nella giornata. Ci ha raccontato di conoscere poco del mondo LGBT+, sebbene abbia esperienze dirette e indirette della sofferenza che talvolta il percorso di scoperta e accettazione della propria omosessualità nelle persone LGBT+ (o di quella dei figli, nel caso di genitori di persone LGBT+) possa portare: in base alla sua esperienza vede il coming out delle persone LGBT+ come sofferenza di un parto che fa nascere una “vita nella verità”.
Ci ha ricordato come anche la figura femminile sia stigmatizzata all’interno della Chiesa, citando una frase che una volta lesse su un bigliettino indirizzato a lei: “Le suore cantano, ma non contano”
Infine, con riferimento al quesito sull’appartenenza alla Chiesa Cattolica, ci ha detto che la Chiesa siamo noi, che dobbiamo stare dentro per migliorarla, cercando di utilizzare l’eventuale rabbia in maniera pacifica per cambiare e migliorare le cose: la Provvidenza ci chiama e ci educa per essere pronti.
La risonanza successiva è stata integrata in un secondo momento perché la persona che l’ha condivisa non ha potuto partecipare fino alla fine dell’incontro a causa di una sovrapposizione di impegni. Per tale motivo viene riportata integralmente: “Non avrei mai pensato fino a qualche anno fa di incontrare e dialogare con delle persone transessuali eppure ultimamente mi è capitato ed è stata un’esperienza di Grazia! Ho conosciuto per la prima volta, grazie all’organista della mia parrocchia Michele, una ragazza di nome Eva. È la mia vicina di casa, ne avevo tanto sentito parlare, mi ero fermato al pregiudizio, ma non l’avevo mai davvero conosciuta.
Sono entrato in casa sua, mi ha offerto il caffè e abbiamo parlato di noi, nella semplicità e verità… Le ho rivelato di essere omosessuale, cosa che mai avrei immaginato! Ecco, credo che questo sia il segreto ed è quello che abbiamo fatto oggi: ascoltare ed incontrare le persone reali, in carne ed ossa, per accompagnarle e non giudicarle. Eva, Lorenzo, Francesco, Laura, sono alcuni dei nomi belli che porto con me.”
Segue poi un genitore ad offrire la propria risonanza: in primo luogo ci ha ricordato come sia importante, nel proprio cuore, oltre che nel linguaggio, sostituire la parola “accettare” con le parole “accogliere”, “accompagnare”.
Nella propria esperienza di genitore, ritiene che sia fondamentale fare sentire i propri figli amati, perché in questo modo anche i figli diventano sorgenti in grado di restituire amore. La prima istituzione dell’accoglienza è la famiglia: la condizione di sentirsi accolti e amati viene restituita poi anche nella società.
Nella sua esperienza professionale (in ambito sociale) applica costantemente alcuni principi fondamentali: rispetto della persona, ascolto, dare amore in ogni relazione che si instaura con una persona.
Infine, ci ha raccontato attraverso un’esperienza personale di come sia fondamentale fare testimonianza costantemente nelle cose quotidiane, anche in ambienti chiusi e conservatori, perché induce riflessioni e, potenzialmente, aperture.
Nel suo caso, quando ha sentito che era arrivato il momento giusto, ha raccontato la storia della propria famiglia e ha sentito l’abbraccio di alcune persone della comunità e visto un atteggiamento più moderato nelle espressioni di altre. Per questo motivo consiglia di imporci, proporci, affrontare, non essere invisibili e metterci in prima fila per portare le testimonianze per fermare le sofferenze: lo Spirito non solo non ha genere, ma è in continuo dinamismo.
Una coppia presente, ha condiviso il proprio percorso di vita che li ha portati ad unirsi civilmente un anno fa.
La paziente testimonianza di una persona non-binary ci ha permesso poi di conoscere un ulteriore aspetto della transessualità che molti di noi non conoscevano. E ci ha fatto notare come, anche per le persone transgender che vivono una situazione famigliare favorevole, la realtà spesso è molto più drammatica: nell’interazione con le persone che si conoscono sembra quasi che la cosa sia “tollerata” (amici, parenti, conoscenti), ma poi nella società, nel rapporto lavorativo le cose cambiano.
Ci ha fatto anche capire come sia complessa la questione burocratica legata alla transizione che, in Italia, è più arretrata rispetto ad altri Paesi: il percorso legale è molto lungo e lento, la medicalizzazione è rallentata da una serie di documentazioni da redigere, spesso in carico a persone che non sono formate sulla tematica. La questione “non binaria” è ulteriormente complessa anche dal punto di vista legale: non esistono leggi che tutelano le persone “non binarie”. Sarebbe necessario portare un cambiamento nella parte istituzionale di tutto il percorso di transizione in Italia.
Ma per arrivare al cambiamento, che si auspica porti anche ad abbattere il giudizio di una persona in funzione del suo aspetto, occorre rendersi visibili, esporsi, portare testimonianza: bisogna imparare ad informarsi e accogliere, anziché passare sopra a ciò che non piace.
Una persona omosessuale ha poi condiviso il proprio percorso, rivelando come solo negli ultimi anni, a seguito di un percorso psicologico, si sia avvicinata ai gruppi LGBT+ e abbia iniziato a confrontarsi con la propria omofobia interiorizzata.
Ha quindi osservato come le persone transgender sembrano avere molto, molto coraggio e come le difficoltà possano essere maggiori per chi arriva alla transizione in età adulta e deve rivoluzionare la propria vita, affrontare il pregiudizio e, talvolta, gestire complesse situazioni familiari (marito/moglie, figli…).
È stato poi un ragazzo transessuale che, oltre ad offrire una testimonianza del proprio percorso personale (in cui alcuni hanno detto di ritrovarsi per molti aspetti), ci ha coinvolto con il suo entusiasmo e ci ha resi partecipi con alcuni esempi concreti delle difficoltà sociali e legali che ha affrontato, e sta affrontando, con il supporto della propria famiglia. Ritiene fondamentale esporsi e farsi conoscere.
Inoltre, a seguito di una difficoltà palesata all’interno del gruppo, ci ha spiegato che non dobbiamo sentirci in imbarazzo nell’uso dei pronomi e che, nel caso abbiamo dei dubbi sul genere da utilizzare, possiamo semplicemente chiedere alla persona con cui parliamo quale sia il genere con cui preferisce che ci rivolgiamo a lei: chiedere ad una persona transgender/non binaria è un atto di accoglienza e premura.
La persona che ha offerto la seconda testimonianza pastorale ha esordito con il definire il pomeriggio insieme come “un bagno di normalità”, aggiungendo che “… mi sento di aver fatto anche io coming out, perché la diversità è un modo di stare nella vita. La pace è convivialità delle differenze”.
Con riferimento al quesito sull’appartenenza alla Chiesa Cattolica, ha osservato che se San Francesco d’Assisi fosse andato via dalla Chiesa in quel periodo, non avremmo avuto la Chiesa di oggi: restare ci permette di portare cambiamenti, ma ognuno deve fare ciò che si sente in piena libertà.
L’ultima risonanza ha espresso un ringraziamento per l’arricchimento ricevuto nell’incontro e ha raccontato di come, a parte qualche incontro occasionale, non abbia avuto amicizie di persone transessuali con cui condividere esperienze e momenti di vita in comune.
Ha inoltre riconosciuto che, probabilmente, ciò era dovuto anche al fatto che nel periodo in cui aveva avuto maggiori possibilità per farlo, durante un periodo giovanile di attivismo in associazioni LGBT+, si sentiva spaventato da due elementi che vedeva in alcune persone transessuali e negli attivisti LGBT+ più agguerriti: il coraggio di essere sé stessi, pur pienamente consapevoli degli enormi ostacoli cui si andava incontro, e la sofferenza che spesso stava dietro quel coraggio.
Ha quindi osservato come sia difficile “tenere tutto dentro” e di come, per la sua esperienza, il coming out con gli amici più intimi nel periodo adolescenziale sia stato necessario, perché il bisogno di condividerlo era diventato esplosivo, e provvidenziale nella propria crescita.
Infine, ha spiegato che il motivo per cui è attualmente nella Chiesa deriva dal fatto che è riconoscente alla Chiesa per gli insegnamenti ricevuti e le persone che ha incontrato, e che pregare è un modo per entrare in relazione con Dio. Secondo lui la Chiesa, che è composta da uomini, su alcuni aspetti deve crescere e sente che sia giusto spingerla a delle riflessioni, visto anche il ruolo di guida che ha verso molte persone che non sempre hanno la possibilità o la volontà di approfondire e studiare.
Al termine dell’incontro, uno dei partecipanti ha sintetizzato la giornata di condivisione con le seguenti parole:
Per me è stato un momento importantissimo declinato in un giorno significativo: l’entrata di Gesù a Gerusalemme sopra un asinello, che era il mezzo di trasporto della gente comune e non dei potenti. È stato un momento di grande coming out di genitori, figli e religiosi, un “uscire dai sepolcri” per condividere assieme su quell’asinello storie di tutti i giorni, storie di creature di Dio, quelle stesse creature di cui Gesù ci raccontava nelle sue parabole.
È stata una vera domenica di PACE, quella che si costruisce da un volto “rivolto” come diceva don Tonino Bello, una domenica in cui anche una suora (a cui è stato detto “le suore cantano ma non contano”) ha potuto dire “io sono”. Questo Progetto TRANSizioni permetterà non solo di provare a “cercare” assieme, ma ci aiuterà soprattutto a “resistere” in questo nostro cammino da cristiani, resistere inteso come ri-esistere, esistere ancora una volta.
Credo in una santa cattolica apostolica e resistente Chiesa, quella che cerca un posto, perché tra “l’immagine e somiglianza di Dio” c’è proprio quel posto che si chiama “responsabilità”. E se non riusciamo a trovare delle risposte, l’inizio di questo viaggio può essere porci delle domande giuste.
GRAZIE per una TRANSfigurazione dei cuori.
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