La chiesa cattolica italiana che non chiude la porta ai credenti omosessuali
Articolo di Delia Vaccarello tratto da L’Unità, 29 agosto 2011, pag.39
È possibile per lesbiche e omosessuali sentirsi in Chiesa come a casa propria? A dare la sensazione dell’accoglienza è il dialogo che può nascere tra una diocesi e un gruppo, oppure all’interno di una parrocchia. Ci sono diocesi che hanno avviato una pastorale ad hoc: Torino, Parma, Cremona con qualche esperienza anche a Crema e a Livorno. Non poche le parrocchie che ospitano iniziative, si trovano a Catania, Palermo, Bologna, Padova, Firenze.
A Milano i due gruppi di cristiani omosessuali molto attivi, La Fonte e Il Guado, non hanno difficoltà nei rapporti con le chiese presso cui svolgono le veglie in ricordo delle vittime dell’omofobia.
L’esperienza di Torino nasce dopo l’incontro tra il cardinale Poletto e le associazioni lgbt. Vede la pubblicazione da parte del sacerdote Walter Danna, su incarico di Poletto, del testo Fede e omosessualità. Assistenza pastorale e accompagnamento spirituale.
Pur confermando le tesi del magistero, il libro apre all’omosessualità laddove si legge una frase del cardinale Hume: «L’amore tra due persone, dello stesso sesso o di sesso diverso, va apprezzato e rispettato. Amare un altro significa raggiungere Dio che è presente con la sua amabilità in colui che amiamo… Amare un altro, sia dello stesso sesso sia di sesso diverso, significa entrare nell’area della più ricca esperienza umana».
In copertina, tra tante coppie di mele di colore giallo e rosso, compaiono due mele dello stesso colore.
A Cremona per iniziativa del vescovo Dante Lafranconi si è formato il gruppo «Alle querce di Mamre», un sacerdote incontra periodicamente i cristiani omosessuali per confrontarsi e pregare. La disponibilità del vescovo e la sensazione di serenità di chi partecipa danno sollievo: «Speriamo che altri uomini “illuminati” dallo Spirito prendano decisioni analoghe», si commenta nel web. Nel 2010 il vescovo presiede la veglia contro tutte le discriminazioni.
A Parma, nel luglio del 2010 monsignor Solmi incontra il gruppo «L’arco» in occasione di una delle riunioni mensili. Su Vita Nuova, settimanale della diocesi, si legge: questo incontro «costituisce un richiamo chiaro a non discriminare nessuno».
Nessuna divisione
I cristiani omosessuali non vogliono vivere divisi, la fede da una parte e l’amore dall’altra, e aspirano a costruire buone relazioni. A Crema, infatti, il dialogo con il vescovo si apre grazie a una lettera di Silvia Lanzi: «Eccellenza sono lesbica, voglio continuare ad essere lievito per la mia chiesa».
A Livorno mesi fa avviene un incontro in vescovato tra Arcigay e il vescovo Simone Giusti che annuncia un impegno affinché possa cadere la contrapposizione tra Chiesa e realtà omosessuale.
Poi ci sono le parrocchie: il gruppo dei fratelli dell’Elpis è attivo presso il SS. Crocifisso della Buona Morte a Catania. Gli omosessuali organizzano attività rese pubbliche al pari delle altre e partecipano alla vita della comunità.
A Firenze c’è il gruppo Kairos ospite anche presso la Madonna della Tosse guidata da Don Giacomo Stinghi: «Quest’anno in occasione della veglia per le vittime dell’omofobia la chiesa il sabato sera era piena come se fosse domenica», racconta Innocenzo Pontillo. Esperienze simili anche a Bologna e Padova (presso la parrocchia di Cristo Risorto).
Il giudizio e le rigidità possono smorzarsi, il dialogo divenire fertile. Pastorale vuol dire: venirsi incontro, sentirsi accolti davvero, non obbligati a rinunciare.
«Altrimenti i gruppi andrebbero via. In molti, tra cui anche vescovi, ci hanno chiesto informazioni su queste pastorali. Gli altri fedeli che incontriamo nelle parrocchie si sentono liberati. Ci dicono: “bisogna conoscervi, e non fidarsi dei media” – aggiunge Pontillo –. I pregiudizi si superano frequentandosi». E valicando i troppi silenzi.