Quando quattro vescovi fanno una preghiera di “riparazione” per il pellegrinaggio giubilare LGBT+
Riflessioni di Innocenzo Pontillo de La Tenda di Gionata
Devo ammetterlo: da cattolico, quando ho letto questa notizia ho pensato che fosse uno scherzo. E invece no.
Quattro vescovi cattolici si sono davvero riuniti negli Stati Uniti per “riparare” la Basilica di San Pietro che, a loro dire, è stata “profanata” dal pellegrinaggio giubilare con le persone LGBTQ+ e i loro familiari del 6 settembre 2025.
A guidare il gruppo c’era monsignor Rob Mutsaerts, vescovo ausiliare di ’s-Hertogenbosch nei Paesi Bassi, accompagnato da tre figure ormai note nel mondo cattolico più conservatore: monsignor Joseph Strickland, ex vescovo di Tyler (Texas, Stati Uniti), monsignor Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana (Kazakistan), e monsignor Marian Eleganti, vescovo emerito di Coira (Svizzera).
Il quartetto si è ritrovato a Pittsburgh per una conferenza della Coalition for Canceled Priests, un movimento americano che riunisce sacerdoti rimossi o sospesi per posizioni ultra-tradizionaliste e che per anni ha lanciato accuse al pontificato di papa Francesco.
È in quel contesto che i quattro vescovi hanno celebrato una “liturgia di riparazione spirituale” per “rimediare” — così l’hanno definita — alla “desecratione” (dissacrazione) della Basilica di San Pietro provocata, secondo loro, dall’accoglienza riservata a pellegrini LGBT+ accolti nella basilica al termine del loro pellegrinaggio giubilare.
«O Signore, guarda con misericordia la tua Chiesa (cattolica), pubblicamente umiliata dall’abuso del Giubileo, della Porta Santa e della Basilica di San Pietro. Rendi di nuovo la tua Chiesa cattolica, libera e casta», hanno pregato così i quattro vescovi, inginocchiati davanti a un altare.
Nel leggere queste parole, mi sono chiesto cosa possano aver fatto di “profano” millequattrocento pellegrini che hanno pregato, cantato canti di fede e gioito mentre varcavano la Porta Santa di San Pietro insieme ai loro genitori e ai pastori e alle suore che da anni camminano accanto a Loro.
Non c’era rabbia in loro, ma solo speranza. E forse è proprio questo che spaventa qualcuno: vedere che la fede delle persone LGBTQ+ non è un problema, ma una grazia.
Nei Paesi Bassi, la notizia ha provocato un vero dibattito. Molti cattolici si sono chiesti se il loro vescovo, Rob Mutsaerts, rappresenti davvero lo spirito di una Chiesa cattolica che papa Francesco ha invitato ad essere “ospedale da campo”. Sui social, diversi suoi fedeli hanno espresso delusione e disagio: “Ci vergogniamo che un vescovo olandese partecipi a una preghiera contro altri credenti”, ha scritto un catechista.
Altri, più vicini ai circoli tradizionalisti, lo hanno invece elogiato come “difensore della purezza”. Di quale purezza, nessuno lo ha spiegato. Forse dalla misericordia? O dalla semplice evidenza che Dio ama anche chi non corrisponde ai loro schemi?
Io so solo questo: sotto le volte di San Pietro, quei millequattrocento pellegrini hanno portato solo la loro fede, la loro preghiera e le loro vite in cammino.
E se c’è qualcosa che Dio ha voluto “riparare” in quei giorni, forse non era la Basilica, ma i cuori chiusi di chi non riesce ancora a credere che il cammino cristiano possa avere i colori dell’arcobaleno.

