Quando sono stato incarcerato in Tunisia perché gay
Testimonianza raccolta da Paul Parant tratta da survivreausida.net del 12 dicembre 2005, liberamente tradotta da Dino M.
In base all’articolo 230 del codice penale tunisino l’omosessualità è punita col carcere perchè è definita un “attentato ai costumi”, questo perchè le leggi tunisine sono ispirate alla charia (legge islamica). Una realtà che spesso i gay occidentali, in vacanza nei paesi di lingua araba, dimenticano.
Ecco allora che la repressione può diventare bruscamente realtà, come ci racconta di Bruno, 50 anni, medico a Parigi, che ha scontato sei mesi di prigione, nonostante l’aiuto del suo avvocato, perché accusato di aver fatto sesso nel suo appartamento con il suo compagno. Oggi Bruno, finalmente libero, sta cercando di far conoscere la sua storia per aiutare gli omosessuali tunisini ed anche per far conoscere le terribili condizioni di vita nelle carceri di questo paese.
In Tunisia, dove l’omosessualità è sempre condannabile poiché le leggi sono ispirate alla charia (legge islamica), la repressione può bruscamente diventare realtà, anche per gli occidentali. La testimonianza di Bruno L., 50 anni, medico a Parigi, ricorda questa realtà.
“Sono arrivato in Tunisia nell’aprile scorso”, racconta Bruno. “Ci vado ogni tre mesi. Il 22 aprile, ho dato appuntamento ad un amico, Khaled, in un caffè sull’Avenue Bourguiba a Tunisi. Khaled è un tunisino di circa 20 anni che io ritrovo in ogni mio viaggio laggiù.
Siamo poi andati nell’appartamento che ho in condivisione a 400 metri dal centro della città. A quanto sembra eravamo seguiti: alla nostra uscita, un’ora più tardi, ci aspettava un gruppo di poliziotti. Hanno perquisito l’appartamento ed hanno trovato dei preservativi usati”.
Questa “prova” di un rapporto sessuale, rinvenuta pertanto in uno spazio privato, è stata considerata sufficiente per procedere al loro arresto. In Tunisia, la sodomia è punita col carcere, in base all’articolo 230 del codice penale per “attentato ai costumi”: I due uomini vengono condannati a sei mesi di prigione il 13 maggio. Nonostante l’aiuto del suo avvocato, Bruno perde anche il processo in appello, un mese più tardi.
Dopo la brutalità del suo arresto, Bruno dice di essere ancora “più scosso” dalle condizioni di detenzione : “Eravamo 80 persone in una cella di 55 metri quadrati. Ci si ammucchiava in tre su ogni materasso. In una cella chiamata “degli stranieri”, io ero il solo bianco e certamente tutti sapevano che ero omosessuale. Per questo fatto venivo regolarmente aggredito. Un detenuto nigeriano voleva darmi fuoco “come nel suo paese”.
Ho fatto uno sciopero della fame perchè mi venisse cambiata la cella. Per quelli che non hanno una famiglia lì sul posto che possa portare loro da mangiare, la prigione non fornisce che qualche pagnotta. Dovevo anche combattere per non farmi tagliare la barba con lo stesso rasoio che era servito per gli altri, col rischio sanitario che ciò comportava. Tutti avevano la scabbia e la doccia si faceva una sola volta la settimana. Ho visto poliziotti corrotti, prigionieri con evidenti segni di tortura”.
Alla fine, grazie al fatto di essere occidentale e a degli appoggi in Francia, Bruno è uscito di prigione a fine luglio. Il suo amico ha invece scontato l’intera pena: è uscito di prigione proprio adesso.
Oggi Bruno cerca di far conoscere la sua storia, per gli omosessuali tunisini e per migliorare le condizioni dei prigionieri e sta preparando un dossier in cui racconta la sua disavventura.
Testo originale
Tunisie : un Français raconte son incarcération pour homosexualité