Quanto è importante sapere se un arcivescovo è gay?
Articolo di Francis DeBernardo pubblicato su Bondings 2.0, blog dell’associazione cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti), il 27 agosto 2016, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Sono sempre a disagio quando leggo sui giornali una storia che dichiara o rivela l’omosessualità di un ecclesiastico che ha avuto parole di condanna nei confronti delle persone LGBT. Non perché non creda che queste storie possano essere vere, ma perché credo possano lasciar passare questo messaggio sotterraneo: “Ah, l’abbiamo sempre saputo! Che ipocrita!”
Una storia del genere è emersa la settimana scorsa. Il MinnPost.com riportava un articolo di Tim Gihring con un titolo piuttosto esplicito: “È davvero importante sapere se l’arcivescovo John Nienstedt è gay?”. Nienstedt è l’arcivescovo in pensione di St. Paul, in Minnesota (Stati Uniti), che, oltre ad avere avuto un atteggiamento molto duro contro il matrimonio gay e altre tematiche omosessuali, è stato costretto a dare le dimissioni quando tra il suo clero sono stati scoperti casi di maltrattamento e abusi sessuali. Per lungo tempo si è anche detto che lo stesso Nienstedt fosse gay e che in segreto fosse sessualmente attivo. Egli ha sempre negato questi pettegolezzi.
Comunque penso che l’articolo di Gihring sia in qualche modo diverso da quelli che raccontano storie simili. In conclusione il giornalista parla della “trappola” in cui si presume sia caduto Nienstedt: “Chiudendo le porte all’omosessualità, definendola come il peccato più aberrante ad opera di Satana, Nienstedt non si è lasciato nessuna scappatoia”.
Secondo me, queste sono affermazioni molto tristi che descrivono una persona gay che non ha imparato ad accettarsi, e la cui mancanza di autostima non gli lascia altra scelta che vivere la sessualità in maniera non sana, proiettando il disprezzo di sé sugli altri.
La “trappola” in cui Gihring crede sia caduto Niensteedt è più grande del semplice rifiuto dell’omosessualità. Gihring suppone che Nienstedt si sia accordato con le alte cariche della Chiesa: queste avrebbero coperto le sue liaison gay è lui avrebbe passato sotto silenzio i casi di abuso sessuale.
“Nienstedt sarebbe stato continuamente promosso, tra gli altri motivi, per aver respinto i gay dalla Chiesa. Tra le rivelazioni di documenti privati scoperti il mese scorso, c’è quella che il Vaticano avrebbe invitato gli Stati Uniti ad annullare le ricerche sull’attività sessuale di Nienstedt o, eventualmente, di distruggerne ogni prova.
“Queste prove, che consistono in testimonianze ben documentate, le quali suggeriscono che il prelato ha passato un periodo in Minnesota, dal 2001 al 2015, in cui ha condotto una doppia vita: indulgendo alle sue tendenze omosessuali, mentre tuonava contro di esse…
“Quello che Nienstedt ha fatto per molto tempo per agevolare la sua carriera – seguire la Chiesa nelle sue posizioni più conservatrici – sembra essere un quid pro quo ecclesiastico: se avesse coperto i peccati della Chiesa, questa avrebbe coperto i suoi. Questa indagine interna su di lui, che si dice sia stata distrutta dal Vaticano, da questa idea così era sicuro che il suo nome sarebbe stato rimosso”.
Gehring gioca col fuoco. Lo fa diventare come un accordo preso tra il Vaticano e Nienstedt. Sfortunatamente questo caso si basa soltando su speculazioni. Infatti se il Vaticano avesse distrutto l’indagine su Nienstedt, sarebbe un vigoroso volo d’immaginazione credere che ciò sia connesso a qualche “affare” in cui è stato coinvolto.
Non sto difendendo ciò che ha fatto Nienstedt, che abbia intrallazzato con i casi di abuso sessuale o con le sue possibili liaison. Ma ricordiamoci che questi due comportamenti sono profondamente differenti l’uno dall’altro. Nel primo caso, le sue azioni hanno lasciato ferite terribili nelle persone e nella comunità ecclesiale. Se invece avesse avuto incontri sessuali casuali, anonimi o promiscui, le eventuali ferite sarebbero state solio sue e dei suoi partner, che si suppone essere adulti consenzienti.
Né sto scusando le terribili parole di Nienstedt che ha sprecato tantissima energia e denaro della Chiesa per negare i diritti civili delle persone LGBT, e a cui New Ways Ministry si è opposto come mostrano gli archivi del suo blog.
Nel caso dei suoi comportamenti sessuali, il vero colpevole sono le strutture della Chiesa che promuovono clericalismo e omofobia. I privilegi del clero e la paura e il silenzio che circondano ogni discussione della Chiesa sull’omosessualità crea un’atmosfera velenosa, anche per quelli che presumibilmente hanno ricevuto “benefici” da queste strutture.
Allora, come rispondere alla domanda del titolo di Gihring: “È davvero importante sapere se l’arcivescovo John Nienstedt è gay?”. Chedo che la risposta sia sì, è importante perché è parte integrante del suo essere. Penso infatti che non sia importante saperlo solo per il pubblico, ma per lo stesso Nienstedt. Parte della tragedia consiste in un sistema ecclesiastico che pone qualcuno nella posizione di Nienstedt, senza dagli la possibilità e la sicurezza di conoscersi e accettarsi per quello che è.
Se ci fossero prove definitive dell’omosessualità di Nienstedt – e la sola prova incontrovertibile sarebbe una sua ammissione in tal senso – non credo che dovrebbe essere un’occasione di gongolare o di tacciarlo d’ipocrisia. Dovrebbe essere invece un’occasione di riconoscere il dolore di cui deve aver fatto esperienza, bloccato dall’impossibilità di uscire allo scoperto. Dovrebbe essere un’occasione per moltiplicare i nostri sforzi per farla finita con il clericalismo e l’omofobia nella Chiesa e con tutto il male a cui portano.
Testo originale: How Important Is It to Know If an Archbishop Is Gay?