Questo sono io. Vi racconto un po’ di me
Testimonianza inviataci da Francesco
Mi chiamo Francesco e sono un giovane ed imberbe medico. Sono cresciuto tra Azione Cattolica e parrocchia, perfetto modello di virtù fino a 24 anni, corredato di splendida ragazza, superbi voti, tanti amici così vicini da farmi sentire come appartenere ad una seconda famiglia.
Separato dal mondo attraverso le mie rigide convinzioni, una moralità manichea, un senso di rifiuto del mondo, quasi di rigurgito, imbambolato e cullato in un microcosmo dove sapevo chi ero cosa dovevo fare e avevo sposato questa forma di me in tutto e per tutto. Poi anche nella mia storia un giorno successe una rivoluzione. E come tutte le rivoluzioni fece tanti morti.
Dapprima morì la mia sicurezza. Poi morì la mia ingenuità. Morirono le mie amicizie. Morì il mio rapporto esemplare con la ragazza. Morì la pace in famiglia. Morirono le attese di un futuro dorato. Morì la fiducia in Dio, nella chiesa e negli altri. Morì la stima in me stesso. La colpa? Mi ero innamorato di un ragazzo. Non feci niente. Neanche glielo dissi. Per tanto tempo cercai di non dirlo neanche a me stesso.
Ma poi la vita ti esplode come una bomba tra le pieghe dei sogni, le onde degli umori, le fantasie che non controlli. Mi sentivo solo, così impaurito. Sì, la mia casa non era costruita sulla roccia. La rivoluzione andava avanti. Cercai il confronto. Persi tanti amici e si aprirono tante ferite. Dovevo cambiare, curarmi, andare in esilio da qualche parte, mantenere il silenzio per non dare scandalo.
Queste alcune delle voci che sentivo. Provai. Ci provai con tutto il cuore. Ma la rivoluzione non perdona e presto fece strage di questi atteggiamenti ipocriti. Così mi allontanai da tutto il passato, da tutti, dalla mia famiglia. Prima il vuoto buio. Poi i primi incontri devastanti col mondo gay da una parte, con il mondo degli esperti preti, psicologi, psichiatri dall’altra.
C’era così tanto squallore, così tanta povertà dentro, intorno a me. Così poca umanità. Nessuno ascoltava. Neanche io mi ascoltavo. Vivevo impetuosamente, tra un’ansia, un moto depressivo, un’avventura, un rimorso, un pianto, un grido, una sensazione di vertigine sul vuoto che si apriva. In questi anni smisi di andare in chiesa, non ho mai smesso di pregare però.
Spesso non riesco a formulare delle parole di preghiera. Ancora oggi è come se mi sentissi indegno, o forse arrabbiato con Dio e spesso nel silenzio del mio letto non so fare altro che il segno della croce e chiedergli perdono.
Ma non gli chiedo più perdono perché sono gay. Perché non sono più quel modello che ero prima. Non gli chiedo perdono perché sono disorientato, ho paura, non so cosa fare domani, non so che cammino percorrere. No non gli chiedo scusa perché sono debole. Mi abbandono a Lui così. E ho riscoperto il suo amore.
E’ finita la tempesta. Ho incontrato nuovi amici. Non tanti come prima ma tanto belli. Nessuno più mi applaude per le strade ma il loro abbraccio quando tremo come una foglia spazza via il gelo.
Non riesco più a mettere piede in una chiesa se non da solo. Non riesco più a partecipare ad una realtà religiosa di gruppo. Forse mi sento ferito. Forse è ancora orgoglio. Devo fare i conti con esperienze molto negative compreso quella di due preti che ci hanno provato mentre ricorrevo a loro per consigli e per una riconciliazione interna che hanno reso più difficile.
Ma oggi sorrido di nuovo. Leggo, penso, vivo, mi scopro più buono. Compassionevole. Capisco le dinamiche del buio. So che il sole torna. Oggi amo un ragazzo. Lo amo da due anni l’ho conosciuto all’estero dove ho vissuto per due anni. E pensate lui lascia il suo lavoro, uno stipendio ed una carriera sicuri e senza parlare Italiano viene qua con me. Sarà dura.
Tutti e due in una città sconosciuta e lui che a malapena dice “CIAO COME STAI?”. Ma ce la faremo! Vogliamo stare insieme e questa è la nostra prima occasione. Questo sono IO. Un po’ di IO.