Relazioni stabili lesbo: “Un’unione indissolubile benedetta da Dio”
Intervista di Raffaela Nocerino del 12 giugno 2013 a Lidia Borghi pubblicata su Agenzia il Delfino
Il titolo di questo articolo sembra provocatorio poiché oggi affronteremo un tema scottante, scomodo e di non facile comprensione. Anche le relazioni stabili lesbo come tutti i legami vissuti con serietà, sono un’unione indissolubile benedetta da Dio
Abbiamo chiesto l’aiuto di qualcuno che ne sa molto più di noi in riferimento al concetto di fede ed omosessualità. Lidia Borghi presenta un “curriculum” di tutto rispetto, ma al di là dei titoli accademici e professionali, ha una sensibilità che le ha consentito di cercare il divino e di trovarlo. Dove?
Relazioni stabili lesbo – L’amore autentico è un incontro di anime
Qualcuno molto tempo fa ha detto che Dio è amore. Abbiamo chiesto a Lidia Borghi cos’è l’amore per lei. Dalle sue dichiarazioni abbiamo tratto ispirazione per l’intestazione di questo articolo.
“Il mio concetto d’amore ha a che fare con il suo significato spirituale più alto. Ogni storia d’amore, se autentica, è un incontro d’anime. E quell’incontro si rinnova ogni volta che, facendo l’amore, all’unirsi dei corpi, all’approssimarsi dell’orgasmo, quel ritrovarsi diventa unione indissolubile benedetta da Dio. Ora, che la gran parte degli esponenti del Cattolicesimo asserisca che ciò rappresenti un privilegio riservato all’unione carnale – a scopi procreativi – di un maschio e di una femmina è cosa falsa e tendenziosa e qualsiasi lesbica o gay innamorati dei rispettivi amanti possono smentirla in qualunque momento. È che, quando ti capita di donare e di ricevere in dono quell’esperienza così profonda, beh, non puoi fare a meno di pensare che sì, è vero, due corpi possono fondersi e divenire una sola cosa, durante l’amore carnale e nessuno potrà mai toglierti quelle sensazioni che ti avvicinano sempre più alla divinità che ci circonda.”
Sentiamo di dover commentare queste parole: sono bellissime, profonde, immensamente dolci e si: sentiamo del divino in tutto ciò! L’intervista con la Sig.ra Borghi potrebbe persino finire qui. Cos’altro c’è da dire? Chi potrebbe smentire qualcosa di così infinito come l’amore puro?
Relazioni stabili lesbo – L’omosessualità è davvero condannata da Dio?
La Sig.ra Borghi ci ha aiutato a fare un po’ di chiarezza sul fatto che in alcuni libri sacri, l’omosessualità sia palesemente condannata (o almeno così sembra)! Le abbiamo chiesto che cosa ne pensa.
“Beh, la domanda è un poco vasta e il discorso andrebbe circoscritto. Per esempio a me verrebbe voglia di domandarle: “Quali libri sacri”? Se ci limitiamo alla Bibbia, un insieme di testi scritti a più mani in epoche diverse dell’antichità umana in lingua ebraica e, quel che più conta, sottoposti a una serie di traduzioni che ne hanno snaturato e travisato in molti punti il significato originario, per di più rivolti ad un insieme di popolazioni dagli usi e dai costumi così diversi da quelli attuali, io ci andrei con i piedi di piombo. I passi biblici che si riferiscono in modo diretto alla pratica omosessuale condannano, poche righe sotto, persino l’ingestione dei gamberi oppure l’indossare allo stesso tempo due stoffe di tessuto differente. E mi fermo qui giacché l’elenco delle proibizioni contenute nella Bibbia sarebbe lunghissimo.
A tal proposito ricordo che, durante il secondo Forum dei Cristiani Omosessuali Italiani, tenutosi ad Albano laziale alla fine di marzo del 2012, il noto teologo Vito Mancuso, ospite di una delle giornate dei lavori, lesse la nota lettera che un fedele ascoltatore della dottora Laura Schlessinger aveva indirizzato a questa fervente cattolica statunitense, autrice e conduttrice radiofonica, la quale aveva bollato le unioni d’amore fra persone dello stesso sesso come abominevoli proprio a seguito della condanna espressa in più punti della Bibbia. Tra l’altro il testo è di facile reperimento sul web; è sufficiente digitare il cognome della donna sui principali motori di ricerca per trovarne diverse versioni.
Il punto è, che non possiamo considerare legittime le diverse condanne bibliche quando ci fa comodo e ritenerle invece infondate se non ci conviene. È una questione di onestà intellettuale.”
Sappiamo che fa parte del gruppo Bethel di persone LGBT credenti liguri. Ma in cosa credete esattamente?
“Il nostro è un gruppo alquanto variegato di individui che provengono da diverse confessioni religiose fra cui il Cattolicesimo, che non è preponderante. C’è chi segue il Buddhismo e chi altre discipline orientali che coniugano varie tecniche di meditazione ad una vita sana e retta e, infine, c’è chi si definisce cristiano e si arrabbia molto se qualche giornalista un po’ superficiale finisce per definirlo cattolico. In realtà il Cristianesimo è una religione dalle mille sfaccettature e credo che una pastora valdese piuttosto che un ministro di culto battista se ne avrebbero molto a male se qualcuno li definisse cattolici e non cristiani. Infine, mi corre l’obbligo di sottolineare che di Bethel fanno parte anche alcune persone atee.”
Relazioni stabili lesbo – Alcune sono vissute sotto l’effetto “ghost”
Fede, amore, omosessualità. Lidia Borghi non può essere descritta soltanto da questi tre termini, poiché in lei si annida la conoscenza e la competenza di moltissime cose! Dicevamo che ha un corposo curriculum fatto di titoli ma soprattutto di esperienze di vita.
Sul suo blog lidiaborghi.blogspot.it leggiamo: “Sono laureata in storia medievale, giornalista pubblicista, scrittrice, soggettista, copy/web editor e fotoreporter. Attivista dei diritti umani, formatrice e facilitatrice, da alcuni anni mi occupo di storia del lesbismo e di una tematica assai attuale come quella su fede ed omosessualità (in autunno uscirà un libro-inchiesta a mia firma che intende approfondire l’argomento a partire dalle testimonianze dei famigliari credenti di alcune persone LGBT italiane). I miei articoli trattano della negazione dei diritti umani e civili, della discriminazione e del mondo LGBT in genere.”
In questa presentazione manca però qualcosa che ci è piaciuto molto! Si tratta della sua partecipazione al documentario di Maria Laura Annibali: l’altra altra metà del cielo… Continua. A cosa è dovuta la sua presenza nel summenzionato documentario?
“Ho avvertito forte dentro di me la necessità di offrire una testimonianza diretta, senza filtri a quante, lesbiche velate, vivono la loro condizione di femmine omosessuali in modo traumatico, con grande dolore e con quell’ansia continua che va sotto il nome di “minority stress”, una subdola forma di tensione costante – di tipo fisico, mentale e nervoso – che accompagna le lesbiche ed i gay nella maggior parte dei rapporti interpersonali, in famiglia, sui luoghi di lavoro ed in società. Come sono solita affermare, le dichiarazioni spontanee rappresentano l’unico mezzo a disposizione della minoranza oppressa formata da lesbiche, gay e transgender di contribuire, passo dopo passo, a sgretolare l’enorme quantità di pregiudizi di cui l’opinione pubblica si nutre. E, in tal senso, il fatto di metterci la faccia, per me, è di fondamentale importanza: se io, un giorno, ho trovato il coraggio di uscire allo scoperto e di vivere il mio orientamento affettivo e sessuale senza nascondermi, magari il mio esempio potrà aiutare altre persone a fare lo stesso. Ecco perché non smetterò mai di ringraziare Maria Laura Annibali per avermi dato quest’ opportunità. Inoltre, come ho avuto modo di dire all’inizio del documentario “L’altra altra metà del cielo… Continua”, i documenti visivi che parlino del lesbismo non esistono o, ammesso che se ne trovino, sono rari e poco diffusi (penso per esempio alle video-storie della documentarista Gabriella Romano), poiché i saperi e gli amori lesbici non suscitano il giusto interesse a causa di quello che è stato definito l’effetto “ghost” cui l’omosessualità femminile è stata sottoposta nel corso dei secoli.”
E quali sono state le conseguenze dell’averci messo “la faccia”? Non soltanto nel documentario ma nella sua vita di ogni giorno?
“La mia faccia di lesbica è quella che compare ogni giorno sul web, sul mio blog e sui social network, sui periodici on-line come sulle riviste cartacee. Qualcuno direbbe che sono “dichiarata”. Io preferisco dire che sono me stessa: Lidia Borghi, una giornalista pubblicista che si occupa di diritti umani e civili, anche in ambito LGBT, di una tematica controversa come quella su fede ed omosessualità e di ingiustizia sociale. Ah, dimenticavo! Sono lesbica. Fra le altre cose.
Le conseguenze sono tutte positive, in apparenza: la mia partecipazione al secondo documentario di Maria Laura Annibali – come ho sottolineato poco sopra – mi ha dato l’opportunità di testimoniare in modo diretto e senza filtri la mia vita di donna che ama le donne. Perché ho detto “in apparenza”? Perché salvo rarissimi casi, le persone eterosessuali che sanno di me si guardano bene dal tirar fuori l’argomento del mio orientamento affettivo e sessuale, a causa dell’imbarazzo che io potrei suscitare in loro. Si preferisce tacere per il quieto vivere, spesso anche in famiglia (non la mia); e così una cosiddetta “lesbica dichiarata” come la sottoscritta è in grado di distinguere in modo netto gli atteggiamenti di una persona che tace per convenienza da quelli di amiche ed amici che trovano del tutto naturale, al pari del loro, il mio modo di amare e non dicono nulla perché nulla c’è da dire. Anche quando racconto loro che il mio coming out è avvenuto durante la mezza età.”
Sappiamo che non è proprio etico dare giudizi sulle persone intervistate, ma noi del Delfino, ogni tanto cediamo all’impulso di far emergere anche i nostri sentimenti. Sentiamo Lidia Borghi molto vicina ai nostri cuori, perché è di questo che si tratta: un cuore pieno di passioni, di ideali, di energia positiva. E restando in tema, Dio solo sa, quanto abbiamo bisogno di persone del genere!
Relazioni stabili lesbo – Che cosa può impedirci di viverle?
Lidia Borghi sembra una persona molto equilibrata. Facciamo un po’ fatica a pensare che forse un tempo non riusciva ad accettarsi? Cosa la tratteneva dal vivere la sua omosessualità?
“Il mio coming out è stato tardivo per il semplice fatto che fino ai 42 anni non sono stata davvero consapevole del mio reale orientamento affettivo e sessuale. La mia infanzia assai dura ed un’adolescenza ancor più difficile mi hanno privato della possibilità di rendermene conto, anche perché mia madre e mio padre hanno cresciuto mio fratello e me senza pregiudizi nei confronti dell’omosessualità perciò io, ogni volta che mi innamoravo di qualche femmina tra quelle che frequentavo durante la pubertà, trovavo la cosa del tutto naturale e priva di elementi negativi. Poi, un giorno, molti anni più tardi, è stata sufficiente la frase di una conoscente per aprire la mia mente. Come dico spesso, usando un’efficace metafora, ho avuto la netta sensazione che un enorme tappo da damigiana che, fino a quel momento, mi stava opprimendo, fosse stato di colpo tolto dal mio capo dolente. E, subito dopo, ho provato un sollievo indescrivibile. Il coming out tardivo ha i suoi lati positivi: intanto eviti di soffrire durante il periodo più turbolento della tua vita, quello dell’adolescenza inoltre – fermo restando il “minority stress” che accompagna le lesbiche ed i gay di ogni latitudine senza soluzione di continuità – hai la possibilità di osservare il tuo nuovo status con una maturità che ti consente di rintuzzare in modo molto più efficace l’omofobia.”
Già, l’omofobia! Quella brutta bestia della quale parliamo spesso nei nostri articoli. Vorremo però soffermarci su un ultimo aspetto, a complemento di questa lunga e interessante intervista. Vorremo dire qualcosa sulla Lidia scrittrice!
Tra il blog, libri, gli articoli e altre attività attinenti la scrittura, sappiamo che la sua “penna” non si ferma mai. La cosa che ha scritto e alla quale è più legata?
“Ogni volta che posso parlare del fantasma della tribade mi sento a mio agio. La cultura femminea è da sempre ai margini. Ovunque si vada. Se nasci femmina ti porti addosso per tutta la vita un handicap, come i cavalli brocchi. E vieni discriminata proprio a partire dalla cultura che il tuo genere finisce, volente o nolente, per rappresentare. E la lingua italiana, sessista fino al midollo, contribuisce a perpetuare la discriminazione. Si preferisce parlare di “umanità” nel suo complesso, anziché distinguerla dalla “Donnità” e di “Uomo” per comprendere anche l’universo femminile, anziché sforzarsi di usare un linguaggio sessuato che ridia dignità semantica all’altra metà del cielo, la quale si ritrova a dover procedere stando sempre un passo indietro rispetto al maschio.
Se, poi, al genere femminile che ti è stato assegnato durante il concepimento aggiungi il fatto che sei lesbica, la discriminazione diventa duplice e ti ritrovi a fare i conti con una società che si dice non pronta ad affrontare la tematica gay, figuriamoci quella lesbica; le donne che amano le donne sono sempre esistite al pari dei colleghi maschi, ma il loro corpus di sentimenti amorosi, desideri, saperi, abitudini e consuetudini è stato sottoposto ad una progressiva cancellazione – il già citato effetto “ghost” (fantasma in lingua inglese) – da parte della cultura maschile dominante, forte del maschilismo patriarcale che l’ha forgiata e che pretende di permeare di sé l’intero orbe terracqueo. Nel caso del mondo lesbico, invece, qualcosa è andato storto: malgrado il colpo di grazia dato alla tribade in genere dalla propaganda fascista nel nostro Paese, la predominante formazione intellettuale maschilista ha dovuto fare i conti con la cosiddetta inversione del desiderio sessuale che, a suo dire, le lesbiche avrebbero messo in atto pur di sfuggire alla nuova legge del fascio, quella che prevedeva la sola esistenza delle prolifiche madri del regime, tutte casa e chiesa, intente a crescere la numerosa prole, futura carne da cannone per le deliranti mire imperialiste di Mussolini. A patto che si nascesse maschi. Di quell’assurdo universo fatto di inversione del desiderio sessuale facevano parte anche le zitelle, le prostitute e le femmine sterili. Le lesbiche erano in buona compagnia. Ecco perché è importante divulgare questo variegato insieme di cultura negata, di maschilismo patriarcale, di sottomissione femminile e di amori saffici: è arrivata l’ora di fare uscire dai polverosi archivi delle associazioni culturali europee – Italia compresa – i corposi carteggi che ci offrono, senza filtri e senza il velo del perbenismo, le vicende personali di centinaia di donne che, in gran segreto e spesso in modi rocamboleschi, riuscivano ad amare altre donne, il più delle volte famose artiste o scrittrici per lo più sposate, al riparo dagli indiscreti occhi di una società perbenista che avrebbe condannato le loro vicende sentimentali. Questo è proprio ciò che molte scrittrici stanno facendo: un lungo lavoro di lettura, catalogazione e redazione di bollenti missive che ci testimoniano in modo diretto che gli amori lesbici non solo esistevano ma che, malgrado quel terribile effetto fantasma, si dipanavano in modi che sorprenderebbero chiunque per intensità e profondità, essendo riusciti a sfidare il moralismo imperante in Europa tra la fine dell’Ottocento e l’intero Novecento, quel secolo breve che ha visto milioni di persone cadere sotto i colpi della furia incontenibile di maschi invasati che giocavano a fare la guerra sulla pelle della gente.”
Questa è una delle interviste più lunghe che ci abbiano mai rilasciato fino ad ora. Per amore del vero, Lidia Borghi si era anche espressa sull’omofobia e su altri aspetti inerenti l’omosessualità. Abbiamo riportato e commentato, quelli che riteniamo essere i punti più salienti; non meno importanti i restanti ma alcune dichiarazioni di Lidia Borghi, sono aspetti che non avevamo ancora approfondito con altre persone.
Quindi, se qualcuno ha ancora dei dubbi sul fatto che una relazione stabile lesbo, possa essere un’unione indissolubile benedetta da Dio, che dire … L’apertura mentale per qualcuno rappresenta una frattura del cranio! Ma forse un rimedio c’è: leggete TUTTO quello che vi è possibile, di Lidia Borghi!