Riconciliazione, parola chiave per i cristiani (At 16:16-34)
Riflessioni bibliche di Mark D. Jordan, Bridgette Young e David O. Jenkins, tratte dal progetto Out in Scripture (Stati Uniti), del gennaio 2007, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
L’apostolo Paolo non è tra i preferiti cristiani gay, lesbiche, bisex e trans (LGBT).
Passi tratti dalle sue lettere – o dalle lettere attribuite a lui – sono i testi più usati per condannare il nostro amore. (Gesù al contrario non pronuncia nessuna condanna del desiderio omoerotico nei vangeli ufficiali.) Anche nei molti altri passaggi che niente hanno a che vedere con il sesso, Paolo ci può apparire poco simpatico.
Il passo di Atti 16:16-34 sembra a prima vista coerente con questa immagine negativa. Paolo si irrita con una donna tenuta in schiavitù e caccia un demone da lei senza tenere conto della sua vulnerabilità o delle possibili conseguenze.
Sotto molti punti di vista noi ci possiamo identificare con la schiava, che rappresenta molto la nostra esperienza nella Chiesa: è spinta a dichiarare la verità al punto da far adirare qualcuno di autorevole e, demonio o non demonio, lei dice la verità su Paolo. E poi c’è l’atteggiamento dei suoi padroni, che lucrano sul suo dono della divinazione. Quando il dono scompare, o diventa devastante, si rammaricano non per lei ma per il denaro perso.
– Quante volte le Chiese hanno approfittato dei doni dei credenti LGBT senza nessun riguardo per le conseguenze sulla loro vita? Come possiamo cambiare questo circolo vizioso e spezzare il silenzio?
I padroni della giovane schiava aizzano le autorità romane e la folla: “Questi uomini gettano il disordine nella nostra città; sono Giudei e predicano usanze che a noi Romani non è lecito accogliere né praticare” (Atti 16:20b-21). Anche se Paolo è cittadino romano e legalmente protetto in quanto giudeo, la plebe viene incitata a picchiarlo e imprigionarlo assieme a Sila.
Un terremoto apre le porte della prigione e libera i prigionieri dalle loro catene, ma spaventa a morte il carceriere, che cerca di uccidersi. Paolo interviene soccorrendo l’uomo, che quella stessa notte accoglie Paolo e Sila in casa sua. Dopo aver lavato le ferite dei due uomini, il carceriere è salvato e battezzato.
Questo racconto ha più di uno scopo. Paolo ha l’opportunità di compiere l’opera di Cristo (cacciare i demoni). La volontà di Dio è resa manifesta nel terremoto che salva Paolo e Sila dalle peggiori intenzioni della folla. I prigionieri vengono liberati. I nemici salvati.
– Quale opera cristiana possiamo compiere nella nostra comunità come strumenti dell’amore e del potere di Dio?
Accade anche un’altra cosa: una sacra riconciliazione tra il carceriere e i suoi prigionieri, che passano la notte in casa sua, mangiano alla sua tavola, dormono nella sua stanza degli ospiti e godono delle sue cure.
Ricordiamoci non solo del buon Samaritano (Luca 10:29-37) ma anche del secondino di Nelson Mandela che al suo fianco all’inaugurazione della sua presidenza. Anche se la comunità LGBT soffre per la violenza della massa, per i diritti negati e i privilegi concessi agli altri cittadini, forse la speranza di Dio è diretta alla trasformazione e alla riconciliazione dei persecutori e dei perseguitati.
– Come possiamo iniziare il processo di riconciliazione all’interno di comunità e Chiese?
Il Salmo 96 (97) glorifica il regno di Dio e proclama la sua giustizia definitiva: “Odiate il male, voi che amate il Signore: lui che custodisce la vita dei suoi fedeli li strapperà dalle mani degli empi” (versetto 10). Per i cristiani questo salmo parla degli eventi salvifici di Atti e ricorda la liberazione operata da Dio di Paolo e Sila come del loro carceriere.
La nostra vocazione è di odiare il male, non il prossimo, nemmeno una turba piena di odio. Noi crediamo che il desiderio di Dio sia che tutti vengano liberati dalla cattività del peccato che ci incatena, che il peccato si chiami omofobia, razzismo, avidità, consumismo, xenofobia o odio per chi ci perseguita.
Apocalisse 22:12-14, 16-17, 20-21 porta testimonianza alla medesima gloria e giustizia definitiva di Dio alla fine dei giorni. Questi passi finali delle Scritture sono parole confortanti: “Vieni!. Chi ha sete venga; chi vuole attinga gratuitamente l’acqua della vita” (versetto 17). Questo ci riporta alle rive del fiume con Lidia, alla piscina di Betesda, al pozzo del villaggio dove Gesù offre l’acqua di vita a tutti coloro che desiderano avere vita in abbondanza. È gratis. È offerta a tutti.
In Giovanni 17:20-26 vediamo Gesù pregare per l’esito della buona novella per i suoi seguaci: chiede a Dio di unirli l’uno all’altro e con lui perché possano essere fedeli nel condividere la sua gloria e il suo amore. Ancora una volta siamo chiamati alla riconciliazione. Quest’unità è un testimone terreno all’unità del Dio trino. In mezzo alle realtà e alle forze potenti che ci dividono, la riconciliazione e l’unità sono possibili perché l’amore potente di Dio è una realtà.
Questo amore divino è sempre stato lì per noi. Come LGBT che vivono nel mondo dobbiamo porre cura a non essere guidati dalla rabbia, dalla disperazione, dallo spirito di vendetta e dall’odio. L’amore di Dio – per amici e nemici – sarà un testimone di trasformazione nel mondo mentre lottiamo insieme per la giustizia e la riconciliazione.
– Come possiamo amare i nostri nemici in modo da trasformare il mondo attorno a noi?
La nostra preghiera
Dio che sostiene
siamo spesso stanchi di questa battaglia:
stanchi di esigere un posto alla tua tavola,
una voce dal pulpito, un posto tra i banchi.
Con il tuo aiuto, tuttavia, andremo avanti.
Guida le nostre parole e azioni perché possano onorarti.
Ti chiediamo forza per lottare
e la tua presenza assieme a noi in questo viaggio.
Amen
Testo originale: Easter to Pentecost Year C