Riconoscerci a immagine di Dio

Un mio amico ha aderito la scorsa settimana alla Chiesa ortodossa finlandese. Mi ha gentilmente invitata alla breve cerimonia davanti alla sua comunità.
Sono stata molto felice per il mio amico, che sembra aver trovato la sua casa spirituale. La cerimonia, anche se non sono mai stata amante della liturgia ortodossa, è stata toccante.
Un paio di settimane prima ero stata invitata ad aprire una conferenza con un discorso. Si trattava del Forum europeo dei gruppi cristiani LGBT (del 2009) che quell’anno ha tenuto la loro riunione annuale a Jarvenpaa in Finlandia. Il tema della conferenza è stato “il coraggio di seguire la legge d’amore”.
Il mio compito era quello di fare una riflessione sul tema collegandolo al problema della diversità di genere e ai transessuali.
Anche se il mio amico non è transessuale la sua cerimonia mi ha ricordato alcune delle cose che avevo inserito nel mio intervento. La seconda parte l’ho inserita qui (l’intervento era in inglese, dato che era la lingua della conferenza).
Uno degli argomenti oggetto di riflessione era Genesi – un brano della Scrittura frequentemente utilizzato quando si vuole condannare (o negare l’esistenza di) minoranze di genere, così come delle minoranze sessuali.
“Dio ci ha creati maschio e femmina”, cosi dicono perché lo dice la Bibbia. Ma la Genesi ci dice tre cose: in primo luogo che Dio ci ha creato come esseri umani, in secondo luogo che siamo stati creati da Dio a propria immagine e somiglianza, terzo che siamo stati creati maschio e femmina.
Trovo strano che di queste tre affermazioni solo l’ultima viene citata spesso e che gli si presti così tanta attenzione. Dopo tutto il nocciolo della questione è che probabilmente le persone “sono state create da Dio ad immagine di Dio”.
Per me questo significa che, come Dio, anch’io sono un mistero, un segreto per me e per gli altri. Inoltre, ciò significa che in teoria siamo in grado di guardare al cielo e di vedere Dio attraverso i volti di ogni altro essere umano. In qualche modo la questione del genere, rispetto al resto, mi sembra un po’ zoppicante e molto terrena.
Ma quello che non riesco a capire è la dose di malizia e l’arroganza di alcuni dei nostri concittadini che, come esseri umani, sostengono di sapere che cosa è a immagine di Dio e ciò che non lo è.
Inoltre la Genesi è sempre stata interpretata in vari modi diversi. Numerosi ebrei e cristiani hanno letto queste parole di Dio, come prova della propria androginia. Altri ancora hanno interpretato questo brano della Scrittura, che in realtà racconta la creazione del primo essere umano, come la nascita di un perfetto androgino, di un ermafrodito se volete, che è stato successivamente diviso a metà.
Inoltre, non è una coincidenza che le prime raffigurazioni di Dio in forma umana, ovvero di Gesù, che queste antiche immagini cristiane siano piuttosto particolari per noi cristiani di oggi.
Infatti in molte opere d’arte Gesù è raffigurato con la barba e con un aspetto molto delicata, un po paffuto, assolutamente poco virile, molto simile agli eunuchi di quel tempo, per essere schietti.
Egli è scolpito nella roccia, mentre cavalca un asino, ma non nel modo in cui i governanti cavalcano i loro cavalli, ma è seduto nel modo in cui cavalcavano le donne, lateralmente.
Gesù Cristo, indicato come l’uomo perfetto e l’immagine perfetta di Dio, è nato da una donna. Perciò tutto ciò che è umano in lui gli è stato dato solo dalla donna, niente ha avuto in dono dal maschio.
Sia la Bibbia che i 2000 anni di tradizione cristiana raccolgono effettivamente un bel po’ di riferimenti alle ambiguità di genere. Questo sembra farci notare, allo stesso tempo, almeno due cose.
Da un lato ci dice che il sesso è, molto probabilmente, qualcosa d’irrilevante e di terreno ma anche che non ha alcun significato per il Regno dei Cieli.
Spessso la discussione sul genere si focalizza su come essere uomini o donne. D’altro canto molti riferimenti suggeriscono che vi è un importante simbolismo nel genere e anche qualcosa di divino.
Ma per molti di noi in realtà l’esperienza di genere è un fenomeno strano e fluido, ambiguo, enigmatico e quasi ultraterreno che la nostra lingua non può comprenderlo. Il genere potrebbe essere più giustamente descritto attraverso la poesia e l’arte, in modo simile al fenomeno dell’amore o di Dio.
La scorsa primavera mi è stata diagnosticata una depressione moderata. Ho dovuto riconsiderare accuratamente la mia auto-percezione. Sino ad allora non avevo avuto problemi di salute mentale – in particolare nella mia infanzia, nella famiglia dove sono cresciuta ero l’unica sana di mente, l’unica in mezzo a tante anime fragili. E non sto esagerando. Ora anche io ero a pezzi.
Ho avuto aiuto e sostegno, i farmaci e la terapia, e mi ci sono voluti circa nove mesi di tempo per tornare a camminare con le mie gambe. Coloro che hanno conosciuto la depressione sanno che il recupero è un processo di cambiamento.
Questi nove mesi sono stati come una gravidanza per farmi rinascere. Sono stata aiutata da una buona ostetrica, una terapeuta che ha compreso abbastanza di me da essere attenta ai cambiamenti di genere e di sessualità avvenuti nella mia vita.
C’è ancora un altro parallelo con la gravidanza: come persona depressa ho iniziato a imbattermi in altri come me in tutto il mondo che mi circondava. Improvvisamente il mondo era pieno di persone che avevano sperimentato la depressione. La metà dei miei amici hanno condiviso le loro storie con me. Non tutti sono stati proprio d’aiuto.
Come alcuni dei miei amici Transgender che si sono trovati intrappolati tra due diagnosi: i medici non gli compilavano i documenti necessari per il cambiamento di sesso se prima non procedevano a curare la loro depressione ma, allo stesso tempo, altri medici non vedevano che la depressione era causata dalla disforia e dal dolore connesso alla loro identità di genere.
Durante la mia malattia ho frequentato la messa il giovedì a mezzogiorno, in quanto troppo stanca per alzarmi la mattina della Domenica, perché avevo “fame di eucaristia”.
Mi sentivo tranquilla nella chiesa quasi vuota, tra quanti avevano il tempo di frequentare la messa a metà di una giornata lavorativa: anziani, probabilmente, alcuni disoccupati, senza dubbio, persone con problemi di salute mentale, dei pazienti come me, e una manciata di studenti.
Fissavo la pala d’altare, mentre la mia mente si allontanava dalle parole del sacerdote. Gesù ha guardato dentro di me, mi ha mostrato le sue ferite e mi ha permesso di guardare nei miei angoli oscuri. Come con i miei figli ho studiato le dimensioni e i dettagli delle nostre mani.
La pala d’altare nella cattedrale di Helsinki, ritrae Gesù morto tra le braccia dei discepoli. Tuttavia, le sue ferite hanno molto più a che fare con la vita che con la morte. Esse fanno parte della sua perfetta umanità, non devono essere cancellate, non c’è niente da cui guarire.
Mi piace pensare che questa è l’immagine di Dio che è stata creata per prima, un Dio pieno di bei paradossi. Un uomo perfetto, la cui umanità è totalmente femminile. Un perfetto, impeccabile essere umano con ferite letali, cicatrici permanenti e ricordi del suo dolore. Un maestro che ci chiede di fare l’impossibile: di dare il nostro amore ad altri esseri umani come noi.
Ovviamente, il primo requisito, prima di provare a seguire questa legge l’uno l’altro, è amare se stessi. Indipendentemente dal prefisso del nostro genere – sia che si tratti di etero o trans o qualcosa d’altro – dobbiamo fare tutto il possibile per assicurarci che tutti possano guardarsi nello specchio e riconoscere come propri il volto, la forma e la silhouette che vedranno.
E solo quando la mattina sarà piena di sole e il caffé perfetto, allora saremo in grado di lanciare uno sguardo al Regno dei cieli e vedremo il volto di Dio, attraverso i nostri occhi.