Riflessioni a caldo. Cosa fare di fronte a certe parole?
Riflessioni di Rosa Salamone del gruppo Varco-Refo di Milano
La dignità etica è una perla rara. Cosa si potrebbe pensare di un poeta tedesco se davanti al genocidio degli ebrei, nel 1939, avesse scritto un poema in cui dichiarasse “Joshua era ebreo? “ sottintendendo: “ora è cattolico”. E che cosa penseremmo se davanti alle polemiche indignate della società civile davanti a un simile verso, qualche altro intellettuale avesse preso carta e penna per difenderlo dicendo: perché meravigliarsi, perché tanto scandalo? Forse un ebreo non può diventare cattolico?”.
La conversazione, assolutamente possibile in un tavolo tra amici nel 2010 (forse), se spostata a livello pubblico ingenera questa falsa idea: gli ebrei stanno bene in Germania (1939), il discorso che facciamo è un pour parler.
Ogni discorso ha un contesto, è la prima regola che ogni buon scrittore dovrebbe conoscere. Una cosa è affermare un’idea simile in un consenso ecumenico tra amici, dando per presupposto che si viva in una società civile dove ognuno è libero di fare le sue scelte, un’altra a ridosso della Notte dei Cristalli.
E che cosa penseremmo se qualche altro intellettuale avesse inveito davanti una società civile, giustamente indignata, minoranza o no, davanti ad un simile sproposito sull’ebreo-cattolico affermando: state facendo solo della pubblicità al poeta Tale che in questo modo venderà più libri? Ignoratelo.
Da una parte certo bisogna pur dargli ragione: la storia è disseminata da menestrelli, strimpelli, ugole d’oro e cantanti di tutti i fondali, che hanno semplicemente abbassato la schiena per cantare ciò che la maggioranza di turno voleva sentirsi cantare.
Se non ce ne ricordiamo è perché il tempo, che è un vero galantuomo, li ha spazzati dalla memoria collettiva appena la maggioranza cambiava. Diversa è la storia dei Dante, esiliato politico, degli Oscar Wilde, finito in carcere sappiamo bene perché, delle Mercedes Sosa, fuggita dall’Argentina dei dittatori, dei Garcia Lorca, fucilato dai franchisti.
Di quelli, la storia si ricorda bene. Li studia nei libri di letteratura, i loro versi sono ancora nella bocca degli amanti di ogni tempo, vivono ancora nel petto di chi lotta ogni giorno per i suoi diritti. Il punto, però, è che tanti cantori che si prestano a farsi porta bandiere di certe idee apparentemente innocue, in realtà svolgono una funzione ben precisa: creare confusione.
Certo, qualcuno potrebbe dirmi: non c’è proporzione. Si parla del genocidio degli ebrei paragonandolo a quello degli omosessuali. Io dico che chi non si rende conto delle sofferenze della minoranza omosessuale, transessuale e bisessuale in Italia non sa veramente di cosa sta parlando.
Forse parla a vanvera e sarebbe meglio che tacesse se non ha passato un solo giorno su questa terra da omosessuale. Ora, il fatto che la giuria popolare abbia premiato il testo di Povia non dovrebbe proprio stupirci. Come dice una mia amica: dovrebbe stupirci il contrario e cioè che non sia arrivato primo nel concorso del canto italiano.
Per mio conto so questo e me lo porto in cuore con assoluta certezza. Domani, tra qualche anno, tra trenta o quarantanni l’Italia di questi giorni verrà ricordata, non per i Povia di turno, ma per i Saviano, i Beppino Englaro, i Travaglio, i Beppe Grillo, i De Magistris, i Don Franco Barbero. Per costoro e per le loro lotte verremo ricordati come un grande popolo.
Davanti al testo di Povia non dovrebbero esserci né se né ma, né forse, né a volerci pensare bene. Ma in fondo non ha detto nulla di male. In fondo la serenità è davvero meglio della felicità, come se le due cose fra di loro fossero antitetiche quindi o ti sposi da eterosessuale e vivi sereno con i tuoi dodici figli o vivi la tua vita da omosessuale, sei felice ma ti scordi della serenità.
Davanti a un testo così bigotto che propaganda l’idea di tutte le gerarchie religiose per cui non si può essere felici in questa terra in quanto ognuno di noi deve portare la sua croce, (cosa farebbero i religiosi se non ci mettessero una croce sulle spalle? Sarebbero costretti a cambiare mestiere), ebbene davanti a un testo così ci dovrebbe essere solo reazione secondo me: una lunga e sonora pernacchia, alla Benigni.